Torna sul podio il maestro Zubin Mehta per dirigere l’Orchestra del Maggio nel suo quarto concerto che continua il ciclo di sinfonie dedicato a Franz Schubert, ma che esplora anche la seconda scuola viennese con un brano di Anton Webern e la contemporaneità con una prima esecuzione assoluta di Marc-André Dalbavie su commissione del Maggio: martedì 30 giugno 2020, ore 20.
In apertura, infatti, proprio il brano inedito: Chansons populaires pour voix et petit ensemble nella versione per piccola orchestra, con Sonia Prina come voce solista, legata al progetto sostenuto da Enel “Nuove musiche per questo tempo” ovvero di brani composti su richiesta del Maggio da importanti compositori di tutto il mondo durante i mesi di Marzo e Maggio 2020. “Quando Alexander Pereira mi ha chiesto se volevo scrivere una composizione per i musicisti dell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino – afferma Marc-André Dalbavie – che non potevano fare concerti per le misure di confinamento, ho subito pensato a due melodie popolari molto note, che ho elaborato per un gruppo da camera e mezzosoprano. “The Keel Row” è una vecchia canzone scozzese cantata ogni anno dai trasportatori di carbone per celebrare il Keelman’s Hospital che esiste tuttora a Newcastle. E “Do, do l’enfant do” è una filastrocca francese. Ho pensato a tutte le madri che, in mezzo al dramma che vivevamo, continuavano a prodigare le loro cure e a cantare per far addormentare il loro bambino, come un’ultima resistenza al dramma in corso, la promessa di vita che, nell’intimità del confinamento, richiedeva un impegno di tutto il loro essere. È dunque al personale degli ospedali in lotta contro la morte e alle madri in lotta per la vita che dedico le due partiture offerte ai musicisti”.
Seguono i “Sei Pezzi” per orchestra op. 6 di Anton Webern: secondo lavoro per orchestra che il compositore ritenne degno di pubblicazione e che, nonostante furono composti appena un anno dopo la Passacaglia op. 1 (1908) che apre il suo catalogo, schiudono un nuovo mondo musicale. In vista, infatti, di una esecuzione dell’op. 6 a Dortmund nel giugno 1933 (che fu annullata dall’intervento delle autorità naziste), Webern ne scrisse un breve commento: “Questi pezzi presentano brevi forme di Lied in quanto sono prevalentemente tripartiti. Non esistono collegamenti tematici nemmeno all’interno dei singoli pezzi. Li ho evitati consapevolmente, perché miravo ad una espressione sempre mutevole. Un breve cenno a proposito del carattere dei pezzi (che sono di natura puramente lirica): il primo esprime l’attesa di una catastrofe, il secondo la certezza che si compirà; il terzo il più tenero contrasto: è, per così dire, l’introduzione al quarto, una marcia funebre; il quinto e il sesto sono un epilogo: ricordo e rassegnazione.”
Si conclude con la Sinfonia n. 9 in do maggiore D. 944, La grande, di Franz Schubert in cui l’originalità, l’ampiezza di respiro, il rilievo storico di questa composizione furono subito evidenti agli occhi di Schumann, quando nel breve periodo che trascorse a Vienna fece visita nel gennaio 1839 al fratello di Schubert Ferdinand e questi gli mostrò la partitura insieme a molte altre. Subito Schumann gli suggerì di mandarla a Mendelssohn, che la mise immediatamente in programma: così, più di dieci anni dopo la morte di Schubert, la “grande” Sinfonia in do maggiore ebbe la prima esecuzione al Gewandhaus di Lipsia il 21 marzo 1839. La sua diffusione fu lenta e le accoglienze non sempre positive: non tutti videro subito l’originalità della sinfonia, la sua indipendenza da Beethoven e la grandiosa ampiezza di respiro con l’entusiasmo di Schumann, ma oggi ovviamente è considerata, insieme all’Incompiuta, la massima espressione di un musicista maturo, giunto al pieno possesso dei propri mezzi espressivi.