Questa poesia di Emanuele Martinuzzi vuole descrivere le emozioni e le atmosfere vissute all’Abbazia di Santa Maria di Montepiano, frazione di Vernio (PO), nella Val di Bisenzio.
Questo edificio religioso, immerso nei boschi dell’Appenino, è sorto intorno al 1095 in una radura sul torrente Setta presso il romitorio del beato Pietro, alla cui figura si legano leggende popolari ed eventi miracolosi e fu oltretutto il primo abate di questo monastero. Si narra che durante una caccia, una lepre si rifugiò sotto la tonaca di Pietro per sfuggire al conte Bardi; questi giunse e chiese a Pietro se avesse visto l’animale; non credette alla sua risposta ed affermò che sarebbe stato più facile che un albero saltasse in groppa al suo cavallo piuttosto che la lepre fosse tra i piedi dell’eremita: subito un albero si adagiò sulla sella del cavallo (nella badia ricordano la storia un affresco duecentesco e un bassorilievo del 1700). Altro celebre miracolo avvenne quando il Beato Pietro trasformò l’acqua di una fonte in vino per dissetare uno dei conti Cadolingi. Questa poesia vuole rievocare la bellezza naturale di questi luoghi e la magia del mistero che li avvolge.
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Alla Badia
Il fruscio dell’alte fronde
al mesto inondar del crepuscolo
vive l’ipnosi, la sfumatura delle ere.
Come valanghe di pace
dall’acre dondolio del bosco
eternamente crollano
i pilastri dei respiri.
Chiunque intoni la sua vaghezza
a ciottolosi sentieri
si fa tonfo di passi inesistenti.
È corteccia tempestata
dal cammino della resina,
è muschio assorto
come sguardo di smeraldo,
santuario delle proprie ombre.