Questa poesia di Emanuele Martinuzzi è la trasposizione letteraria di una natura morta del celebre artista Giorgio Morandi. Nel lungo percorso artistico di Morandi le cose appunto sono state l’oggetto delle sue meditazioni ed elaborazioni, che hanno contraddistinto le sue famose nature morte così malinconiche e scarne. La sua poetica pittorica, basata principalmente sulla riduzione degli accordi cromatici e sulla nobilitazione degli oggetti di uso quotidiano, instaura un nuovo legame tra soggetto e oggetto, dove l’artista trova e perde se stesso attraverso la meditata ricerca e ispirazione verso il riconoscimento dell’oggetto. «Toccare il fondo, l’essenza delle cose» è il principio ispiratore della pittura di Giorgio Morandi. Si potrebbe dire una metafisica poetica degli oggetti, delle cose.
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Cose
In rime abissali, così finisce
l’eterno ingarbugliarsi delle cose
nel volteggio interrotto da neri tramonti,
fioche prigioni senza labiale.
Nonostante non siano
che orme nella rena dell’invisibile,
continuano la loro mistica genuflessione
alla senile consunzione dei litorali.
E tracimando stelle
sui teatri ancestrali
dell’essere, pause d’inquiete
increspature poi notturne.
A tempo perso l’amore
che muta, non altro
che un soffio,
che vuota simmetria.