Ci sono cose che appartengono solo a noi, determinano ciò che siamo e difficilmente si “lasciano dire”, quasi mai trovano una strada sul terreno delle parole. Ci sono poi cose che ci appartengono, ma che allo stesso tempo non appartengono solo a noi, e queste trovano respiro e nutrimento nel racconto, nella condivisione, nella comunicazione che torna un atto di comunione.
È questo il fulcro più autentico de Il tempo delle nuvole, spettacolo con cui il Florian Metateatro inaugura la sua rassegna estiva, dall’inequivocabile titolo “Il Florian e i Musei”.
Si tratta del primo appuntamento teatrale “post-Covid” per la città di Pescara e certamente uno dei primissimi su scala nazionale. Il titolo della rassegna ci segnala le coordinate spaziali degli eventi, ma anche la sua linea programmatica: gli spettacoli in cartellone verranno ospitati negli ambienti di tre diversi musei pescaresi, modulando la propria messinscena secondo le caratteristiche fisiche dello spazio ospitante (il concetto di spettacolo site specific). Oltre a ciò, anche il tema dello spettacolo si intreccia con un aspetto dell’azione svolta dal singolo museo.
Un intreccio che si fa abbraccio nel caso de Il tempo delle nuvole: lo spettatore è accolto nel giardino antistante di quello che fu il laboratorio cromolitografico dove la famiglia Cascella fondeva arte e vita, tramandando di mano in mano gesti e sapienza dell’una e dell’altra. Allargando lo sguardo, inquadriamo i mattoni riarsi dalla calura estiva, carichi del tempo denso degli anni e delle decadi, i fiori agili, le foglie alte tra i nodi dei rami pazienti. Sovrapponendo la nostra vista rabdomantica alle parole degli attori, abbiamo la sensazione di percepire una intera dimensione dove hanno respirato i personaggi di cui ascoltiamo nomi, gesta, pensieri, vite.
In questo modo, lo spettacolo si trasforma nel mentre del suo farsi, allontanandosi progressivamente dai confini della lettura scenica per divenire quasi uno spettacolo sensoriale.
La drammaturgia elaborata da Giulia Basel (sulla base degli scritti autobiografici di Michele Cascella) segue un andamento musicale prima che narrativo, sostenuta non da una colonna sonora ma da una vera e propria playlist fatta di canzoni, arie, fraseggi, suoni (in un mix calibrato, governato da par suo da Dj Globster, al secolo Tony Lioci). Stimolazioni che, tramite l’àncora affettiva della musica, costruiscono ed azionano “a comando” una invisibile macchina del tempo.
Ed allora, una volta varcata questa soglia, il viaggio si libera anche sull’asse dello spazio, visto che la carriera di Michele Cascella ha conosciuto diverse tappe, cadenzate da spostamenti geografici suggestivi (il periodo pescarese, milanese, americano, e poi i soggiorni più brevi ma non meno significativi: Portofino, Roma, Parigi …) e personaggi straordinari (Clemente Rebora, Sibilla Aleramo, Francesco Paolo Michetti, Francesco Paolo Tosti, e poi De Chirico, Marinetti, Boccioni, Carrà, Bragaglia…).
Sulla scena-giardino, Giulia Basel e Umberto Marchesani ci conducono, ma non danno voce a due personaggi, restando sospesi nella sostanza intermedia della sola voce, della pura sonorità. Della musica, per l’appunto.
La duplicità è ne Il tempo delle nuvole un meccanismo che serve a modulare musicalmente l’impeto di un medesimo narratore e di un medesimo racconto. E qui si intersecano due aspetti quanto mai interessanti: la prospettiva impressa da Michele Cascella al suo memoir è quella del figlio timido ed incerto, cresciuto nel culto del padre, l’energico e tellurico Basilio, carattere d’artista per definizione e physique du rôle da protagonista. Michele invece, delicato anche nella struttura fisica, finisce per incarnare perfettamente un altro classico letterario, quello del personaggio secondario per vocazione, che si riscatta però a pieno nelle fattezze imprescindibili del narratore, come capita al Nick del Grande Gatsby o allo Watson di Sherlock Holmes.
La storia regalerà a Michele ulteriori sorprese memorabili, quelle che attendono lo spettatore de Il tempo delle nuvole: successi, incontri, viaggi, ritorni, ma soprattutto una illuminazione interiore che attraverso il tocco taumaturgico dell’arte guarirà i suoi iniziali affanni.
Il secondo punto da sottolineare riguarda la memoria, materia prima e soggetto tacito dello spettacolo: i nostri ricordi – sembra indicarci Michele Cascella – non appartengono solo a noi e non sono solo fotografie di momenti passati, documenti di eventi svaniti. Al contrario, sono paesaggi animici dove non solo noi siamo passati, non solo noi abbiamo abitato. E proprio per questo vanno condivisi, non come confessione individuale ma come un atto pubblico di restituzione, tramite cui ognuno potrà recuperare un tassello, uno strato, una stanza del proprio intimo cammino. E ancor di più. costruire una casa per il proprio presente, incidere una direzione ancora da percorrere.
Così impalpabile, così concreta, così immune ai confini ed alla stasi: come le nuvole, la nostra memoria.
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CREDITS
IL TEMPO DELLE LE NUVOLE
Compagnia: Florian Metateatro
Con Giulia Basel e Umberto Marchesani
Drammaturgia di Giulia Basel
Consulenza Letizia Lizza
Supporto Tecnico: Toni Lioci Globster