Davanti a una platea a ranghi ridotti va in scena a Wiesbaden la prima del nuovo allestimento de Le Nozze di Figaro firmato da Uwe Eric Laufenberg. Lodevole che lo spettacolo sia proposto nella sua interezza, senza la compressione spesso praticata in questi tempi pandemici. A costruire un ponte ideale con la contemporanea premiere del Barbiere (https://www.staatstheater-wiesbaden.de/oper/premieren-2020-2021/der-barbier-von-sevilla/), ossia il prequel de Le Nozze, con le luci ancora accese in sala viene proiettato sullo sfondo lo spassosissimo cartone animato di Tom e Jerry con l’aria di Figaro. Dopo questo simpatico warm-up le luci si abbassano e ci si immerge nelle Nozze.
La prima opera della grande Trilogia di Mozart e Da Ponte mette alla berlina la dissolutezza degli aristocratici, anche se rispetto alla fonte originale di Beaumarchais i veleni satirici sono attenuati e talvolta sottaciuti. Lo spettacolo di Laufenberg, ambientato in un indefinito tempo moderno, mette con forza l’accento sulla pungente critica sociale della commedia per musica. Il Conte di Almaviva, portato in scena con sapienza da Benjamin Russell, è un signorotto arrogante e scapestrato con una pettinatura alla Boris Johnson e la giacca da signorotto di campagna (costumi di Jessica Karge). Un esemplare da cartolina di establishment impudente.
La Contessa, una splendida Slávka Zámečníková, è una signora del gran mondo affascinante e inquieta, che fa la sua prima apparizione in un delicato négligé di seta rosa. Le scene preparate da Gisbert Jäkel marcano Lo stacco fra i due ambienti sociali. La futura stanza da letto di Figaro e Rosina con i cartoni stile IKEA (da cui escono chissà perché guantoni e scarpe da boxe, forse un accenno allo scontro?), contrasta con gli arredi sontuosi della camera della Contessa, di sicuro il colpo d’occhio più nobile della messinscena. Uno spettacolo senza troppi orpelli che resta fedele alla pagina della premiata ditta Mozart/Da Ponte e che traccia bene le pulsioni politiche e umane al centro della commedia.
All’interno di questa cornice, il caleidoscopio di sentimenti e lo spessore psicologico dei personaggi sono ben ricreati da una compagnia di canto giovane e coesa. Slávka Zámečníková si immedesima nella Contessa, sposa malinconica e trascurata (ma non del tutto insensibile alle avances di Cherubino …), con voce ampia e luminosa. Splendida quando si appropria con lirismo commovente della grande aria “Dove sono i bei momenti”.
Benjamin Russell disegna con efficacia e bel colore vocale un Conte di Almaviva arrogante e per nulla disposto a rinunciare ai suoi privilegi feudali. Convincenti per voce e gesto Konstantin Krimmel e Anna El-Khashem nel ruolo dei due giovani innamorati. La soprano russa è una Susanna riflessiva ed allo stesso tempo esuberante e la sua voce si intreccia armoniosa con quella della Contessa nei momenti di solidarietà femminile della narrazione.
Konstantin Krimmel restituisce gli accenti istrioneschi di Figaro con voce generosa e fisico prestante. Eccellente anche la sua dizione. Heather Engebretson impersona gli ardori adolescenziali di Cherubino. Bravi anche Wolf Matthias Friedrich nei panni dell’intrigante Bartolo e Franziska Gottwald in quelli di Marcellina. Barbarina è ben interpretata da Stella An. Il cast si fa apprezzare anche nei pezzi d’insieme, fra cui spicca il gran finale del secondo atto, uno dei momenti più sublimi del teatro musicale mozartiano, che amalgama musica e sentimenti con perfezione e semplicità.
Ai comandi di Konrad Junghänel, la Hessisches Staatsorchester anche essa socialmente distanziata e con un con un organico ristretto, restituisce la sensibilità e delicatezza dello spartito mozartiano, dando ampio risalto al suono morbido dei legni.
Alla fine applausi convinti per tutti.
https://www.staatstheater-wiesbaden.de/oper/premieren-2020-2021/die-hochzeit-des-figaro/