Ci arriva un’Autrice a noi nota, una scrittrice versatile, eclettica sulla cui vasta produzione di poesia e narrativa abbiamo già scritto e fissato quelli che sono i fondamentali della sua ricerca scritturale, energica, spontanea, di plurale connotazione epigrammatica. In questa occasione un libretto di narrativa editato per i tipi di Guido Miano Editore; il libro contiene tredici racconti brevi e tredici monologhi brevissimi. Ma non è di certo improprio introdurre questa mia esegesi con una pericope tratta da una prefazione (1) sul modus scribendi, e sul modus cogitandi che senz’altro ci metterà in carreggiata, e ci farà da prodromico avvio ad un’analisi pertinente e concreta: “Scrivere sulla poesia di Edda Conte è come provare il piacere di una piuma che ti accarezza, è come avviare uno scambio di visioni esistenziali che inquieta per i dubbi e le incertezze sul fatto di esistere. Ho avuto l’onore di leggere gran parte della sua produzione narrativa e poetica, e non è azzardato dire che i suoi versi respirano aria di campagna e di città, di isola e di marina, di casa e di speranza; ne respirano i tratti salienti, le cromatiche e simboliche allusioni, per farne corpo di una filosofia che tanto parla della vita e delle sue vicissitudini. Il naturismo psicologico, antropico, fa parte della vitalità espressiva della Nostra. Sembra che Ella rapisca i profumi, le immagini più care per legarle in iuncturae sinestetico-visive, in metaforici guizzi semantici, a beneficio di una narrazione reificante incertezze e abbandoni…”; ritengo veramente importante iniziare con questo lacerto dacché penso che vi siano contenute tutte quante le motivazioni della sua produzione letteraria: naturalismo, autobiografismo, ricerca lessico-fonica, psicologismo, grande capacità introspettiva nel delineare figure e personaggi del suo mondo creativo.
È ciò che accade in questo testo, dove la poetessa impiega descrizioni e pennellate naturali per caratterizzare gli interpreti dell’opera. E tutto scaturisce dalle sue esperienze di vita… Parlare di plenitudo vitae, riferendoci ad uno scrittore del primo Medioevo cristiano, non è di sicuro eccessivo: Severino Boezio (2) ne La consolazione della filosofia (3) attribuiva tale consolazione solo a Dio, vita senza fine (cui neque futuri quicquam absit nec praeterit fluxerit) (nulla del futuro può essere assente, nulla del passato potrà essere svanito). In questa occasione vogliamo dire che tutto ciò che la Nostra scrive è frutto delle sue esperienze esistenziali, delle sue vicende storiche; vita arte, arte vita. Un dualismo che si integra, che si amalgama dando per risultato opere di grande valenza. “La vita è l’arte dell’incontro, affermava un poeta brasiliano, Vinicius de Morales e vita e arte sono la stessa cosa”.
Fantasia della ragione, il titolo dell’opera, divisa in due sezioni: Racconti e Monologhi. In esergo un pensiero della scrittrice “Perché narrare storie? / Per rallegrare lo spirito di grandi e piccoli, / ma soprattutto per ricordare al mondo / che la fantasia è la madre del sorriso” (Edda Pellegrini Conte), che già ci introduce nel cammino letterario, nell’ontologico discorso narrativo, dove gli empiti delle riflessioni giocate su monologhi concisi ed apodittici ci completano un pensiero rotondo ed efficace: la vita, la brevità del suo svolgersi, il memoriale, le radici, gli affetti, l’onirico, la parola, la favola, il prato, la lucciola, l’isola, il vento, il Natale, la fine, l’inizio, la realtà, la fantasia, il senno, il tempo, Dio (“…Ma cosa c’è di più reale, che cosa c’è di più spirituale della Conoscenza? Del Sapere? Anche per questo le parole non bastano più. Dio della Conoscenza, concedici dunque il Pensiero, il Pensiero che tutto comprende. Il Pensiero che è favilla della Tua Eternità”), l’amore, il vuoto, la bellezza, la pioggia, la solitudine. La vita sì, ma è il volo della scrittrice in braccio alla sua creatività verso il superamento del limen a portarla in mondi di onirica bellezza. Ella tende a distaccarsi dal quotidiano per ovviare a tutto ciò che la lega al contingente, pur facendo dello stesso contingente motivo di narrazione.
Se poi aggiungiamo alle motivazioni vicissitudinali, che danno l’input alla scossa narrativa, il valore aggiunto della Conte, il gioco è fatto. E per valore aggiunto intendiamo la sua fantasia, il suo mondo di personaggi simbolici, la sua creatività, la sua immaginazione, l’insieme di fatti e pensieri che ne concretizzano l’animo, la persona. Questa è Edda Conte, questo il suo intimo bagaglio emotivo, questo il suo discorso umano. E il tutto in un linguismo scorrevole, paratattico, apodittico, conclusivo, che sa lasciare anche spazio al lettore per eventuali letture personali, soggettive, in un insieme di rocamboleschi andirivieni.
Tredici i racconti e tredici i monologhi distribuiti in un testo di 120 pagine. Ma forse riportare la conclusione del monologo più vicino alla psicologia della narratrice è il modo più immediato per avvicinarsi al suo pensiero, a quella splenetica turbolenza che fa dell’essere umano una creatura nata per soffrire della sua solitudine, compagna di vita: “Istruivano bene, le madri, un tempo, quando la figlia andava sposa! Usavano tanti argomenti per convincere la poverina, ingenua pre-femminista! Dicevano che la donna si deve sposare per non rimanere sola… la donna ha bisogno della protezione dell’uomo… e bla bla… Sola? Ah! Rieccoci alla riflessione iniziale sulla solitudine. Cosa significa essere soli? Bene. Oggi io mi guardo intorno: donna, sposa, madre… marito … figli… e lavoro… domestico… non sono sola. E la solitudine? Sì, quella sì. Davvero tanta!” (dal Monologo della solitudine).
——–
Nazario Pardini
(Prefazione al libro)
1) Edda Pellegrini Conte. La risacca e i giorni delle negazioni, 2018.
2) Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius (Roma 475/477 – Pavia 524/526).
3) La consolazione della filosofia, Bur, collana Classici, 1976.
———-
Edda Pellegrini Conte, poetessa e narratrice, è nata a San Giuliano Terme (PI) e vive a Pisa; attiva per lunghi anni nelle attività d’insegnamento (Docente nelle Scuole Medie) oltre che nella vita culturale cittadina, è stata più volte protagonista, pubblicata e premiata, sia per le sue opere in prosa (romanzi e racconti) che in poesia, generi letterari parimenti frequentati ed amati, che del resto sono nella sua personale scrittura strettamente affini e complementari. Le sue pubblicazioni sono numerose, a cominciare da Ambizioni del 1990, in cui inaugura il genere racconto, facendo emergere due temi che saranno i suoi privilegiati, anche poeticamente, quello del tempo e della sua corsa impietosa e quello della memoria e del suo valore creativo, a Il Sapore della fragola del 1992, romanzo, Fantastico ma non troppo del 1994, favole, Hi-fi in chiave diversificata del 1996, originale diario psicologico del rapporto generazionale madre-figlia, I fatti della vita del 2002, racconti, La terza stanza del 2007, romanzo, I miraggi dell’isola del 2017, di grande fascino poetico-surreale, alla ricerca dell’isola simbolica ed edenica, che forse c’è per il poeta che crede, fino a Poesis del 2010, che apre alla lirica, e continua via via nel tempo con le sillogi La danza delle falene del 2012, Navigare del 2015, La risacca e i giorni delle negazioni, l’ultimo pubblicato, del 2018. È presente in vari repertori letterari tra cui il quarto volume dell’opera Contributi per la Storia della Letteratura Italiana. Dal secondo Novecento ai giorni nostri, 2020, terza edizione, pubblicato da Guido Miano Editore.
Edda Pellegrini Conte, Fantasia della ragione, Prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp.120; isbn 978-88-31497-27-5.