Chiara Miryam Novelli, scrittrice, pittrice, poetessa, è un’artista e un’intellettuale a tutto tondo. Dopo aver compiuto studi umanistici, si è formata presso l’Istituto per l’Arte e il Restauro di Palazzo Spinelli a Firenze e, divenuta esperta nelle antiche tecniche pittoriche del Medioevo e del Rinascimento, si è specializzata nel recupero di dipinti su tela e su tavola. Avvicinatasi alle arti figurative con tecnica a olio grazie al lavoro svolto presso l’Accademia d’Arte di Firenze, ha ora al suo attivo diverse mostre personali e collettive, come ad esempio, a Firenze, presso la Galleria Cimabue, la galleria Florens Art Center, Villa Vogel, Limonaia di Villa Strozzi, Galleria Simultanea Spazio Arte, Caffè Letterario “Le Giubbe Rosse”, Gipsoteca di Pescia, Galleria di arte Moderna e Contemporanea di Pisa, Galleria ArteBo di Bologna, Premio Castiglioncello. Dopo aver compiuto un lungo percorso di Tecniche di Scrittura Creativa e Poesia oggi pubblica racconti, romanzi, sillogi poetiche ed è blogger e collaboratore redazionale di Literary. Dal 2016 fa parte del Gruppo Scrittori Firenze, di cui è co-fondatrice. Dal 2018 si occupa del concorso di arti visive Premio Artwork. Ha pubblicato numerose opere letterarie di vari generi: Paradisi fragili (2012, poesia), La precisione dell’acqua (2015 racconti), Il cerchio occidentale (2015, poesia e fotografia), 25 piccole storie perverse (2016, racconti), Fragmenta. Piccolo viaggio verso il mare (2018 poesia e fotografia), Fragmenta. Piccolo viaggio andaluso (2018 poesia e fotografia), La precisione dell’acqua-Racconti et Fabulae (2019 racconti), L’assonometria del Caso (2020 romanzo noir), Il cerchio occidentale-Poesia e fotografia Iphonografica (2020 poesia e fotografia). Si potrebbe aggiungere molto altro. Ma lasciamo che siano le sue parole a raccontarci qualcosa in più.
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Ci vuoi raccontare di cosa parla questo tuo ultimo lavoro letterario?
Con piacere. “Il cerchio occidentale-Poesia e fotogtafia Iphonografica” è frutto del mio percorso all’interno delle categorie dello spirito che, in quanto tali, sono slegate da una religione specifica e, nello stesso tempo, le comprende tutte. Come l’Oriente, anche il pensiero occidentale ha le sua forma di Yoga, ossia, un metodo affinché l’individuo possa risvegliarsi unito alla propria vera natura spirituale. L’ho voluto raccontare in versi recuperando la poesia come linguaggio che nasce proprio, in senso classico, per cantare il divino. Quando scrivo poesia, poi, unisco sempre un percorso fotografico, in questo caso con lo strumento del “cellulare” che tutti abbiamo nella tasca, usandone le sue potenzialità come strumento che cattura l’immediato di una emozione, perché ritengo che il fuoco della parola poetica possa dialogare in armonia con la messa a fuoco di un momento fermato per sempre dallo scatto: due arti, una ancestrale, l’altra dell’ultima tecnologia comune, che trovano un loro punto di incontro, una loro natura comune.
C’è un altro libro a cui sei particolarmente legata, anche non tuo? E perché?
Più di uno, in realtà. I libri letti, che siano stati i grandi classici italiani e non, mi hanno formata in una lunga filiera di creature viventi, della cui originalità mi sono nutrita, di cui ho apprezzato ogni unicità creativa. Difficile quindi. Intanto due che ora mi sono ricapitati fra le mani e di cui ho riletto stralci: “Educazione siberiana” di Nicolai Lilin da cui è stato tratto un orribile film, estraneo all’anima di un libro fuori dagli schemi storiografici e letterari e “La vita davanti a sé” di Roman Gary, autore che racconta grandi drammi con un levità e una eleganza che ti costringe a seguirlo ovunque, uno scrittore che ha cambiato vari pseudonimi, un cercatore del senso dell’identità.
Qualche riconoscimento, anche personale, di cui vai fiera?
Sinceramente non sono una che partecipa ai concorsi, sono molto pigra, per certe cose. Ma fa piacere quando, dalla letture di un proprio testo nasce una conoscenza, un dialogo, delle domande, nuove prospettive creative come dal mio libro di racconti delle “25 piccole storie perverse”, da cui, presto, uscirà un’opera teatrale. L’arte come incontro di nuova creazione è il più grande riconoscimento.
Quale peso o responsabilità credi che abbia la cultura nella società di oggi?
Oggi la cultura deve avere molto più coraggio, deve alzare la voce usando la tecnologia sempre meglio e per un pubblico sempre più vasto, così da ricadere nella società come motore pulsante della crescita individuale. È tempo di schierarsi.
Quale rapporto hai con la città nella quale vivi, anche come fonte di ispirazione?
Presto vivrò a Livorno, sono in fase di trasferimento, voglio vivere al mare. Io sono mezza toscana, sono nata e ho vissuto a Firenze tanto, e mezza emiliana, sono cresciuta nella città dei portici, a Bologna, e queste sono le mie due anime: una nera, i fiorentini sono lupi, scriveva Dante e una rossa, fatta del sangue e del coraggio della gente “della bassa”. Ho scritto due racconti che si svolgono a Firenze, città da cui ho imparato il senso della bellezza e dell’“intelligenza” delle cose, ma il cuore è in terra “madre” emiliana: il mio romanzo si svolge là, e l’Emilia è personaggio fra i personaggi. Per il tempo che verrà mi troverete a Livorno, perché la mia città interiore, è il mare.
Cosa pensi della collaborazione e della condivisione tra artisti e scrittori?
Credo che debba moltiplicarsi. Che le arti debbano unirsi in purezza e contaminazione. Dobbiamo fare molto di più, proporre e condividere con la gente, là dove la gente ama stare, ritrovarsi.
Parlando dei tuoi scritti ricordi un passo a memoria? Come mai proprio questo?
Devo confessarti che a me succede il contrario. Tendo a dimenticare e, se mi confronto su un mio testo con chi ha avuto la bontà di leggermi, mi scopro aver scritto cose di cui avevo perso contezza: quello che scrivo ha come vita propria, una volta ultimato, va con le sue gambe, spesso lontano da me.
Chi sono i tuoi riferimenti letterari o artistici in generale?
Il racconto per immagini e simboli dell’arte antica, delle radici dei popoli: le grandi teste olmeche e quelle dell’isola di Pasqua, i tori alati delle porte di Babilonia e la Sfinge del deserto della piana di Giza, la poetessa Saffo e le opere di Fidia, le ragioni delle costruzioni dei templi antichi sulle misure del corpo dell’essere umano come finalità della creazione, e quelle delle nostre grandi cattedrali medievali. La verità ci parla ovunque, l’artista deve essere tramite della sua bellezza.
Sicuramente i lettori di Teatrionline vorranno sapere: qual è il tuo rapporto con il teatro?
Non ci crederete, cari amici di Teatrionline, ma ho recitato: sono stata Lady Macbeth in una versione innovativa e liberamente ispirata all’opera di Shakespeare. Sono molto timida, e recitare non mi ha nascosta dietro un personaggio, mi ha, invece, fatta sentire nuda, vulnerabile. Ho sofferto ed è stato straordinario. Il teatro è un luogo di “resistenza” di tutto ciò che, in noi esseri umani, si rappresenta come “meraviglia”. È il tempio di quella “meraviglia” che dovrebbe contaminare tutti.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Quando scrivo, sono un’autrice di letteratura noir e, il mio nuovo romanzo noir è in gestazione, sarà un seriale e vedremo dove mi porterà.
Un grazie infinite per questo piacevole dialogo a Emanuele Martinuzzi, grazie dell’opportunità, e un saluto a tutti voi di Teatrionline.
Chiara Miryam Novelli, scrittrice, pittrice, poetessa, è un’artista e un’intellettuale a tutto tondo.