Ha preso il via sabato 3 ottobre questo nuovo progetto, prodotto e sostenuto dalla Fondazione Cirko Vertigo, che prevede una serie di residenze brevi (6 giorni), finalizzate alla messa in scena di uno spettacolo, composto da un docufilm appositamente girato negli spazi del Teatro Café Müller e dalla esecuzione vera e propria dal vivo. I due momenti si svolgono in luoghi diversi nel rispetto delle norme anti Covid, ma è stata pensata anche per chi voglia collegarsi in streaming sul sito www.solointeatro.it. C’era dell’emozione, palpabile già nell’accoglienza del pubblico (in numero categorico di 35 persone) e sia nella compilazione della autocertificazione completa di numero di telefono. Solitamente lo spazio antistante l’entrata del Teatro è sempre pieno di persone che, vuoi per l’ultima sigaretta, per l’attesa dei ritardatari, per raccontarsi delle vicende artistiche o per mille altri motivi creano capannelli visibili a distanza. Lo spazio è riparato dai portici e quindi non ci si preoccupa troppo del maltempo, ma sabato questi capannelli erano davvero esigui e la voglia di entrare più forte. Accoglieva Paolo Stratta, che dà sempre l’impressione di conoscere tutti, e di ognuno sa nome e storia. Con la mascherina ben posizionata siamo stati invitati nella sala proiezione e qui, fatti accomodare in posti ben precisi, ovviamente distanziati fra di loro. È una sensazione strana quella di cercare di riconoscere persone che hanno il viso coperto per tre quarti, ma che sai di avere già visto da qualche parte. Ci affidiamo all’intuito e spesso funziona. Ci viene spiegato cosa succederà: alle 21 in punto partirà il filmato ed alla fine dovremo scendere i pochi gradini che ci separano dalla sala e prendere posizione anche qui in sedie già posizionate. Ci viene raccomandato di essere precisi per permettere ai tempi della messa in onda di funzionare senza sbavature. Posso già anticipare che tutto si è svolto egregiamente e noi, pubblico in qualche modo privilegiato ad assistere a questo esperimento, ce la siamo cavata bene. Ho apprezzato molto la serietà e la considerazione a prendere sul serio questa pandemia, che comunque vada ci ha cambiati e forse ci cambierà ulteriormente. Questa idea, elaborata dalla direttrice del Müller Caterina Mochi Sismondi e da suo marito Paolo Stratta, mi sembra davvero buona. Si tratta di mettere in luce una/o artista, il racconto di sé e del suo lavoro e poi vedere dal vivo il risultato ottenuto. Questo concetto “dal vivo” assume particolare importanza oggi che. per una serie di motivi noto a tutti rischia di cambiare il rapporto basilare dello spettacolo e cioè pubblico-interprete. Abbiamo scoperto di avere a disposizione molti strumenti che permettono collegamenti e contatti diretti anche con persone fisicamente distanti, ma per quanto sofisticato niente potrà mai sostituire ciò che avviene quando un artista esprime qualcosa e qualcuno lo osserva, perché in quel momento ognuno può modificare ciò sta per avvenire. Così chi fa l’azione (danza, teatro, musica, ecc) ascolta ciò che gli arriva da chi gli sta di fronte ed agisce conseguentemente. Ecco perché è importante vedere “dal vivo”. La presentazione di Marigia Maggipinto è stata sobria e ricca, ha un curriculum di tutto rispetto, non è più giovanissima ed ha avuto esperienze importanti. Si è raccontata con oggetti e fotografie ed ha stabilito con noi un primo contatto alla pari. Ci ha mostrato i suoi strumenti di lavoro, quaderni, disegni, appunti, vestaglie e spazi che avremmo poi rivisto nella sua performance. E quando l’abbiamo vista in scena abbiamo capito che il lavoro che ci mostrava era davvero frutto di quella settimana di ricerca e non repertorio già collaudato. È stato un racconto che ci mostrava un percorso di vita, un cercare ed un cadere, un rialzarsi ed uno scoprire delle cose davvero importanti. Il finale è stato toccante e tutto il pubblico ha apprezzato con un lungo applauso. Ho visto immagini e luoghi fino a quel momento a me sconosciuti.
“Fondamentali inoltre i ruoli del fotografo Andrea Macchia e degli operatori video Stefano Rogliatti e Fabio Melotti nel percorso di costruzione dell’opera, oltre alla presenza della direzione artistica e della regia di Caterina Mochi Sismondi, alle luci di Massimo Vesco e alla presenza dello staff della Fondazione coinvolto nel progetto anche per l’allestimento del set e della biglietteria.”
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MARIGIA MAGGIPINTO
DUE MA NON DUE “La vita nella sua unità e nella sua molteplicità. Percepire i fili invisibili che ci uniscono, vedere un mondo in un granello di sabbia, il paradiso in un fiore di campo, l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora. Il movimento, una donna, il corpo e lo spazio in relazione, attraverso il respiro, il ritmo e la poesia del linguaggio della danza”.
Danzatrice, membro della compagnia del Tanztheater Pina Bausch dal 1989 al 1999, dove danza con Pina in 14 differenti coreografie e partecipa alla creazione di altre sue opere. Lascia la compagnia nel 1999 ma ritorna come ospite successivamente partecipando ai festival del Tanztheater e collaborando nei workshop con la Fondazione Pina Bausch in varie occasioni. Dal 2003 al 2005 insegna nella facoltà dell’American Dance Festival alla Duke University, e inizia a dedicarsi alla creazione e all’insegnamento. Lavora con Emilia Romagna Teatro (ERT) alla realizzazione dello spettacolo diretto da Pippo Delbono, vincitore del premio UBU come miglior spettacolo teatrale italiano del 2011. Oggi conduce masterclass e workshop in Italia e in Europa.