Per il cartellone del Festival delle Colline Torinesi 25, il quattro volte Premio UBU Danio Manfredini presenta in prima nazionale il suo nuovo lavoro: Nel lago del cor.
Un lavoro che prende le mosse da una scioccante visita al campo di concentramento di Auschwitz e da un lungo periodo di letture, di ricerca di testi, filmati, testimonianze dei sopravvissuti all’orrore della deportazione.
Dopo anni di preparazione, l’artista dedica lo spettacolo a quanti sono tornati dall’inferno dei lager e a tutti coloro che vi sono morti senza lasciare traccia. Ci sono echi di Primo Levi, di Hannah Arendt, di Zalmen Gradowski, memorie di filmati d’epoca, di film, di fotografie. Ed è la musica – composta ed eseguita dal vivo da Francesco Pini – ad accompagnare la discesa nell’oscura memoria del protagonista, ma anche mezzo di sopportazione, di sviamento, di salvezza.
Nel buio della sala l’incubo prende vita da una tenebrosa marcia che rievoca le immagini di morte, devastazione e disumanità del lager, tramutati in un orrore che torna a tormentare il sopravvissuto, non lo abbandona mai, prendono il sopravvento. Danio Manfredini entra nel racconto partendo dalla presenza costante dei disegni da lui realizzati per il progetto; proiettati sul fondale e sulle quinte chiare, una wunderkammer dell’orrore, il rivestimento dell’anima del sopravvissuto, immagini tremende, visioni, disumane, bellezza che diventa morte e devastazione. La musica dal vivo si pregia di esecuzioni fra chitarra e piano, sferzata dalla voce tenebrosa e lucente del soldato-musicista-angelo Francesco Pini, colui che porrà fine all’orrore e darà il via all’incubo. Manfredini crea sulla scena la coreografia disarticolata di un copro deprivato e scosso dalle tenaglie di ricordi che scheggiano l’anima fino al midollo, lo scuotono in danze impressionanti, anatomia di un corpo privo di risoluzione. Sul volto una maschera trasparente, creata dallo stesso Manfredini, che ridisegna i tratti dell’essere umano, lo rendono univoco e senza espressione, una marionetta nelle mani dei piani di morte degli aguzzini del campo. Indosso la tristemente nota divisa a righe dei deportati, scenografata ad arte come in un sogno lucido, e la voce ventosa di chi rievoca l’orrore senza fine dell’incubo e dell’annientamento. Manfredini rievoca il lager come l’emblema dei peggiori orrori in cui l’umanità ha perso la propria identità, ma anche come il luogo in cui l’amore, la solidarietà, la miseria della sofferenza hanno trovato il modo di far brillare l’essenza dell’anima degli uomini. Uno spettacolo di rara intensità, di spiazzante necessità umana, di infinità profondità e bellezza in cui perdersi in maniera straziante e ritrovarsi ad osservare gli altri come lo specchio di noi stessi.
Visto il 24 ottobre 2020 al Teatro Astra di Torino.
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Nel lago del cor
di e con Danio Manfredini
musiche composte ed eseguite dal vivo da Francesco Pini
aiuto regia Vincenzo Del Prete
disegni e maschera Danio Manfredini
progetto audio Marco Olivieri
progetto luci Giovanni Garbo
pittore scenografo Rinaldo Rinaldi
costruzione scena Alan Zinchi, Officine Contesto
editing video Ivano Bruner
direzione tecnica Guido Pastorino
produzione La Corte Ospitale
con il sostegno di Théâtre du Bois de l’Aune
in collaborazione con Armunia Rosignano Marittimo