Il rapporto speciale tra la grande rocker Patti Smith e la città di Firenze, a partire dal leggendario concerto del 1979 all’Artemio Franchi, nel documentario Patti in Florence di Edoardo Zucchetti; la risposta delle scuole americane alla violenza armata in Bulletproof di Todd Chandler; il ruolo delle donne nella storia della musica elettronica, mai raccontato finora, in Sisters With Transistors di Lisa Rovner con la voce narrante di Laurie Anderson. Sono alcune première della 61° edizione del Festival dei Popoli, il Festival Internazionale del Film Documentario, che si terrà on line dal 15 al 22 novembre su Più Compagnia, la sala virtuale del cinema La Compagnia di Firenze in collaborazione con MYmovies.it (tutti i film sono disponibili nella data di programmazione e in streaming fino a sette giorni dalla proiezione).
La manifestazione – presieduta da Vittorio Iervese e diretta da Alessandro Stellino per la parte artistica e Claudia Maci per l’organizzazione generale – è realizzata con il contributo di MiBACT – Direzione Generale Cinema; Regione Toscana; Fondazione Sistema Toscana; La Compagnia; Comune di Firenze e Fondazione CR Firenze.
“Ancora una volta – hanno detto Claudia Maci e Alessandro Stellino – i festival sono rimasti senza una casa e ne hanno trovato una in quella di ogni spettatore. La 61° edizione del Festival dei Popoli entra nelle abitazioni di tutti con un programma ricco di voci che raccontano il tempo che viviamo nel suo stesso dispiegarsi davanti ai nostri occhi e l’instabilità di un panorama sociale e politico che va monitorato da occhi attenti e civili”.
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Inaugurazione domenica 15 novembre
La prima mondiale del documentario Patti in Florence del regista fiorentino Edoardo Zucchetti è un racconto sul rapporto speciale tra Patti Smith e la città di Firenze, nato in occasione del leggendario concerto del 10 settembre 1979 allo Stadio Artemio Franchi davanti a 60.000 spettatori. Le rare immagini d’archivio si intervallano con le sequenze che il regista ha girato con la rocker in città, tra performance e improvvisazioni nelle strade, musei, teatri e piazze per un film che diventa una lettera d’amore della musicista nei confronti del capoluogo toscano.
La cantante è chiamata in causa anche in Now di Jim Rakete (distribuito da Wanted Cinema e programmato anch’esso in apertura di manifestazione), documentario sulla spinta dei giovani attivisti decisi a sollecitare risposte e azioni da parte dei politici sulla problematica del cambiamento climatico, con la volontà di trovare modi nuovi e alternativi per vivere un futuro sostenibile. Tra i protagonisti del film Greta Thunberg, Luisa Neubauer (Fridays for Future), Felix Finkbeiner (Plant for the Planet) e Nike Mahlhaus (Ende Gelände), con testimonianze di tante celebrità tra cui Patti Smith stessa e Wim Wenders.
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Il programma
Il programma propone 60 documentari divisi in varie sezioni. Oltre al Concorso Internazionale (18 film tra cortometraggi, mediometraggi e lungometraggi, tutti inediti in Italia) e al Concorso Italiano (7 i titoli, tutti inediti assoluti, un viaggio nell’Italia oggi) presenta la sezione Let the Music Play dedicata ai documentari musicali e un focus sull’ambiente dal titolo Habitat. Tra le novità di quest’anno la sezione Popoli for Kids & Teens, una selezione di documentari rivolti ai giovani che avrà anche una giuria composta da adolescenti tra i 14 e i 17 anni per eleggere il miglior documentario della sezione. E poi Doc Explorer, sezione sperimentale sull’ibridazione dei linguaggi e le nuove frontiere espressive del cinema del reale, e Diamonds Are Forever, dedicata all’archivio storico del festival che consta di 15mila titoli. È dedicato alla formazione e ai talenti emergenti il Doc at Work – Future Campus, realizzato in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana, Cinema La Compagnia e Toscana Film Commission: oltre alla selezione di 12 documentari, una serie di webinar per professionisti del settore e giovani produttori in collaborazione con CNA Toscana, volti a immaginare il territorio come un serbatoio importante dei nuovi mestieri e del sapere fare cinema (il programma di questa sezione sarà online sulla piattaforma di Più Compagnia dal 26 al 29 novembre).
Il Concorso Internazionale presenta di 18 titoli in prima italiana e internazionale (lungometraggi, mediometraggi e cortometraggi) per la giuria composta da Joëlle Bertossa (Svizzera), Maria Bonsanti (Italia), Andrei Ujica (Romania) che assegnerà i seguenti premi: Premio al Miglior Cortometraggio (euro 2.500); Premio al Miglior Mediometraggio (euro 4.000) e Premio al Miglior Lungometraggio (euro 8.000) e la Targa “Gian Paolo Paoli” al Miglior Film Antropologico (per il dettaglio delle opere in concorso si veda il documento relativo allegato).
Fiore all’occhiello del programma 2020 è il Concorso Italiano con sette documentari in competizione per la giuria composta da Marta Donzelli, produttrice, Maria Letizia Gatti, fondatrice della casa di distribuzione Reading Bloom e Alessandro Raja, CEO di Festival Scope, che assegnerà il Premio al Miglior Documentario Italiano (euro 3.000). Il concorso propone il meglio della produzione italiana corrente. In programma la prima mondiale de L’occhio di vetro del fiorentino Duccio Chiarini (15/11) che, prendendo spunto dal diario di guerra di suo prozio e con l’ausilio di rari materiali d’archivio, fotografie e lettere, compone un raffinato mosaico nel quale un momento cruciale della Storia d’Italia viene visto attraverso la lente di complesse dinamiche familiari. Ci sono gli occhi di una regista italiana, Laura Lamanda, dietro L’îles des perdus (16/11), a descrivere il “Service des Objets Trouvés” l’ufficio parigino che raccoglie gli oggetti smarriti quotidianamente lungo le strade della metropoli. In programma, poi, Il libro di Giona di Zlatolin Donchev (17/11), in cui Massimiliano, che vive per strada all’interno della sua auto, conduce un’esistenza fatta di libri e sogni; Aylesbury Estate di Carlotta Berti (18/11), su una comunità resistente alla speculazione nel più grande complesso di public housing di Londra, costruito negli anni ’60 sulle macerie di vecchie case popolari. In L’armee Rouge il regista Luca Ciriello (19/11) racconta la storia di Idriss Koné, in arte Birco Clinton, arrivato dalla Costa D’Avorio cinque anni fa e oggi abitante dei Bipiani di Ponticelli, nella periferia est di Napoli, da dove lancia la scalata alla scena musicale della comunità ivoriana con l’obiettivo di organizzare una grandiosa festa di Natale. In Bosco, la regista Alicia Cano (20/11) narra i ricordi di suo nonno, che non ha mai visto il proprio luogo di nascita, un paesino toscano di 13 abitanti, ma ne può descrivere ogni angolo basandosi sulle memorie e gli aneddoti tramandati da generazioni. Infine, Eskere di Alessandro Abba Legnazzi (21/11), un film-laboratorio che accoglie i racconti e le visioni di quattro adolescenti, cresciute a Brescia ma provenienti da contesti culturali diversi.
I film spettacolari a tema musicale arricchiscono la sezione Let The Music Play con una serie di documentari in prima italiana, come Sisters With Transistors di Lisa Rovner (18/11), sulle pioniere della musica elettronica. Attraverso un excursus di rara originalità sul ventesimo secolo, la regista trasforma l’eterogeneo materiale di repertorio in un’appassionante narrazione tutta al femminile, con la voce di Laurie Anderson a fare da raccordo tra gli ipnotici esperimenti di Clara Rockmore, Daphne Oram, Suzanne Ciani, Bebe Barron, Maryanne Amarache e tutte le altre geniali innovatrici del genere. E poi Bring Down The Walls di Phil Collins (21/11), che ribalta il concetto di una musica house troppo spesso associata al concetto di divertimento, sballo e liberazione delle energie negative, laddove la radice black del movimento ha da sempre avuto una profonda valenza politica. Per questo il regista Phil Collins ha organizzato e filmato un evento che, grazie all’esperienza multisensoriale della musica dance, dà voce alle storie di ex detenuti, segnate da iniquità giudiziarie e traumatiche esperienze carcerarie.
Tra gli eventi speciali fuori concorso Bulletproof di Todd Chandler (19/11) che racconta come le istituzioni scolastiche americane siano diventati luoghi a prova di proiettile, in cui la paura di una nuova Columbine genera contromisure preventive surreali e inquietanti. La macchina da presa si insinua tra i corridoi di alcuni licei statunitensi per catturare le testimonianze di un sistema costretto a rivedere le proprie priorità in un momento storico in cui il tema della minaccia dall’esterno sembra dominare l’agenda politica e culturale.
Un focus importante è dedicato all’ambiente con i 9 titoli in prima italiana della sezione Habitat, realizzato in collaborazione con Fondazione Finanza Etica sui temi del vivere contemporaneo in relazione all’ecosistema, all’evoluzione tecnologica e alle trasformazioni in atto in ambito geo-politico. La controversa caccia alle balene dal nord-est della Siberia, nel remoto villaggio di Lorino e un popolo che lotta per la propria sopravvivenza in The Whale From Lorino di Maciej Cuske (15/11); dall’Africa, in Burkina Faso, la storia di un gruppo di donne e uomini – in un’impresa quasi impossibile – decisi a portare avanti un progetto innovativo per far tornare l’acqua in paese in The Perimeter of Kamsé di Olivier Zuchuat 16/11). In Journey to Utopia il regista Erlend Eirik Mo (17/11) racconta del suo trasferimento e difficile adattamento dalla campagna norvegese in un eco-villaggio autosufficiente in Danimarca, pur di seguire i propri ideali. E poi la campagna francese, lontano dalla città, alla ricerca di una forma di vita differente e sostenibile in Le terre du milieu di Juliette Guignard (20/11). La straordinaria storia del pittore Jan Jedlička, che dalla Cecoslovacchia arriva nella Maremma toscana, dove andrà a vivere per cercare ispirazione nel documentario Traces of a Landscape di Petr Zaruba (21/11). In chiusura, il 22 novembre: in Icemeltland Park la regista Liliana Colombo mostra un parco di divertimenti da incubo tra l’Alaska e la Terra del Fuoco, ovvero il nostro pianeta, sconvolto dalle conseguenze del cambiamento climatico; il rapporto tra un uomo e una cicogna, con un’ala spezzata, viene narrata da Tomislav Jelincic in Storkman, mentre in The Grocer’s Son, the Mayor, the Village and the World della cineasta francese Claire Simon si racconta il caso di Lussas, un paesino di mille anime nella campagna francese diventato il centro del documentario in Francia. Infine Express Scopelitis di Emilia Milou, un viaggio a bordo dell’omonima imbarcazione che fa la spola all’interno dell’arcipelago delle Cicladi, garantendo ad abitanti e turisti una mobilità che altrimenti sarebbe impossibile.
Ampio spazio agli adolescenti, quest’anno, con Popoli for Kids & Teens, una selezione di documentari rivolti ai più giovani con la giuria del Young Jury Day, composta da ragazzi tra i 14 e i 17 anni che discuteranno online ed eleggeranno il miglior documentario della sezione organizzata in collaborazione con il cinema Stensen e Unicoop Firenze. La sezione presenta sei film: oltre a Now di Jim Rakete (15/11) ci sono Teach di Alex Brendea (17/11), protagonista un insegnante di matematica della Transilvania rurale che invita gli studenti a ribellarsi alla “tirannia dell’apprendimento” ignorando i programmi scolastici in vigore. In Asylum il regista Victor Ridley (19/11) racconta delle diverse migliaia di minori stranieri non accompagnati che ogni anno arrivano in Belgio. La maggior parte di loro chiede asilo, come Sahil, un ragazzo afgano di 15 anni. Lo Que Diran di Nila Núñez Urgell (22/11) è incentrato sulla storia di due adolescenti musulmane che costruiscono e difendono la propria identità confrontandosi su tradizione e cambiamento attraverso una attività proposta loro a scuola. In The Open Window di Daniel Oxehandler, Will Sloan, Alfred Birkegaard (22/11) Deepa e Jaya, due giovani ragazze di un quartiere povero di Delhi, vengono introdotte per la prima volta ad internet in India. Inoltre, su Più Compagnia, in streaming gratuito per le scuole toscane Regina di Casetta di Francesco Fei (17/11), in collaborazione con Lanterne Magiche e CG Entertainment. Da questo anno poi si segnala l’ampliamento delle iniziative dedicate alle scuole e ai ragazzi con la partecipazione del Festival dei Popoli al progetto “La scuola allo schermo” coordinato da INDIRE – Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa che svilupperà nell’arco di tutto l’anno.
L’ibridazione dei linguaggi e la sperimentazione sono al centro di Doc Explorer, a partire dal visionario Look Then Below del videoartista inglese Ben Rivers (15/11). A seguire Back to 2069 di Elise Florenty & Marcel Türkowsky (18/11) sull’isola di Lemnos al centro di una battaglia virtuale condotta da giocatori connessi in rete in tutto il mondo e Medium di Edgardo Cozarinsky (20/11) sulla pianista argentina Margarita Fernández.
Dall’archivio del festival, per la sezione Diamonds Are Forever, arriva Tigrero: A Film that Was Never Made di Mika Kaurismäki (16/11): quarant’ anni dopo il primo viaggio in Brasile, per i sopralluoghi di un film mai realizzato, Samuel Fuller vi fa ritorno accompagnato da Jim Jarmusch e Mika Kaurismaki. Il tempo ha creato un vertiginoso corto circuito tra le immagini del presente e quelle del passato. La sezione fa parte delle iniziative per la valorizzazione dell’Archivio del Festival dei Popoli.
Altri premi
Alla 61° edizione saranno inoltre consegnati i seguenti riconoscimenti: Premio TËNK (1500 euro) al miglior film italiano, presentato nel concorso internazionale e nel concorso italiano.
Tënk è la piattaforma SVOD dedicata al cinema documentario indipendente disponibile in Europa. Premio distribuzione on demand CG Digital per il Miglior Film Europeo: la casa di distribuzione CG Entertainment (www.cgentertainment.it) offre al film europeo vincitore l’opportunità di essere distribuito on demand sulla piattaforma cgdigital.it. Premio distribuzione in home video “POPOLI Doc”: la casa di distribuzione CG Entertainment offre al film italiano vincitore l’opportunità di essere pubblicato nella collana home video “POPOLI Doc – La collana del Festival dei Popoli” distribuita su tutto il territorio nazionale. Il Premio distribuzione in sala “Imperdibili” assegnato dallo staff del cinema La Compagnia: il film vincitore verrà tenuto in programmazione al cinema per un periodo da concordare con la produzione/distribuzione. Infine il Premio distribuzione in sala “Il cinemino” assegnato dal team de Il Cinemino all’opera che meglio saprà incarnare lo spirito “cinemino”: impegno, valore sociale e linguisticamente innovativo. Il film vincitore verrà programmato durante una serata dedicata e tenuto in programmazione nei giorni successivi.
A partire da 9.90 € l’utente potrà abbonarsi direttamente sul sito https://www.mymovies.it/ondemand/popoli/ e potrà seguire il calendario del festival con qualunque dispositivo connesso “come se avesse a disposizione un posto prenotato al cinema” per scegliere le “proiezioni” e inoltre assistere a panel, masterclass e incontri con gli autori in esclusiva.
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Concorso Internazionale Lungometraggi
Piedra Sola di Alejandro Telèmaco Tarraf Argentina, Messico, Qatar, Gran Bretagna, 2020, 72’ (15/11) Sulle Ande argentine, in una terra remota a 4000 metri sul livello del mare, Ricardo Fidel sulle tracce di un puma invisibile che minaccia il suo gregge di lama. Oscillando tra documentario etnografico e finzione, Piedra sola segue il viaggio mistico intrapreso dal pastore devoto alla Pachamama, un’odissea andina che si confronta con elementi materiali e soprannaturali.
Fadma: Even Ants Have Wings di Jawad Rhalib Belgio, Marocco, 2020, 80’ (16/11)
In un piccolo villaggio in Marocco arrivano per le vacanze Fadma e la sua famiglia. Ben presto Fadma si mette a capo di un movimento di rivolta delle donne del villaggio costrette da secoli a lavorare e a occuparsi di casa e famiglia. Un film dai ritmi di commedia che racconta lo scontro tra uomini abituati ai loro privilegi e donne che vogliono vedere riconosciuti i loro diritti.
Downstream to Kinshasa di Dieudo Hamadi Francia, Belgio, Repubblica Democratica del Congo, 2020, 90’ (17/11)
Nel 2000 la città di Kisangani fu il teatro di violenti scontri tra Rwanda e Uganda. Oggi il conflitto e le sue vittime sembrano essere stati dimenticati dalla società congolese, ma l’Associazione delle Vittime della Guerra dei Sei Giorni continua a lottare con ostinazione contro l’oblio. Dieudo Hamadi ne filma con urgenza e passione il viaggio per reclamare il diritto alla dignità e alla memoria.
This Rain Will Never Stop di Alina Gorlova Ucraina, Lettonia, Germania, Qatar, 2020, 100’ (19/11)
In fuga dal conflitto siriano, il giovane curdo Andriy approda in Ucraina: un nuovo teatro di guerra, un nuovo universo diviso fra guerra e pace. Il destino ha sparpagliato ovunque la famiglia di Andriy, in Iraq e in Germania, e non solo lui – che lavora come volontario della Croce Rossa – ma tutte le persone alle quali è legato abitano terre desolate, zone incerte dell’anima e del cuore, segnate da altre guerre o dal vuoto di una vita senza affetti, immaginari, prospettive.
A Way Home di Karima SaÏdi Belgio, Francia, Marocco, Qatar, 2020, 90’ (20/11)
La regista torna ad occuparsi della madre Aicha, ormai malata di Alzheimer, una donna che ebbe la forza di crescere da sola quattro figli tra Tangeri e Bruxelles. Un film intimo e struggente sul rapporto tra madre e figlia, che riesce a tessere la complicata trama della migrazione marocchina, l’alienazione di sentirsi tra due culture e l’inesorabile separazione tra generazioni.
Divinazioni di Leandro Picarella Italia, 2020, 84’ (21/11)
Le storie parallele di Moka, un giovane artigiano di origini marocchine, e Achille, un vecchio cartomante, un tempo volto celebre delle TV regionali. Il primo, ispirato nel sogno dalle parole di Empedocle, scruta e sperimenta nel cuore di una fonderia i segreti della trasformazione dei metalli. L’altro ritorna alla vita civile dopo un lungo periodo di detenzione. Ai margini di un mondo in dissoluzione, le traiettorie esistenziali dei due protagonisti si sfiorano, poli opposti e coincidenti del sentire magico, parti di quel sentimento millenario di cui l’umanità avverte la presenza e il bisogno.
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Concorso Internazionale Mediometraggi
Bicentenario di Pablo Alvarez-Mesa Colombia, Canada, 2020, 47’ (16/11)
Duecento anni dopo l’impresa di Simon Bolívar, che liberò Bogotà dall’oppressione del vicereame spagnolo, Bicentenario ripercorre i luoghi attraversati dal “Libertador” nell’eroica campagna militare alla ricerca del suo spirito e delle tracce del suo passaggio. Pablo Álvarez-Mesa costruisce una delicata esperienza sensoriale, che unisce in maniera pregevole la dimensione evocativa con quella politica.
Turkish Riviera di Senem Göҫmen Germania, 2020, 54’ (17/11)
Dopo una vita trascorsa in Germania come guest-workers, i genitori della regista Senem Göcmen decidono di ritornare in Turchia. Lei, che si è sempre sentita tedesca, comincia a interrogarsi sulla propria identità. Turkish Riviera è una riflessione poetica sulla memoria familiare e il senso di appartenenza, in cui diverse dimensioni temporali convivono in un discorso sia intimo che collettivo.
Forensickness di Chloé Galibert-Laîné Germania, Francia, 2020, 40’ (18/11)
In un film su un altro film – il brillante Watching the Detectives di Chris Kennedy – una giovane ricercatrice ripercorre la caccia all’uomo condotta sul forum reddit.com dopo gli attacchi terroristici del 2013 a Boston; il film diventa una commedia poliziesca che riprende il principio del suo modello: indagare sull’investigatore.
Dissipatio di Filippo Ticozzi, Italia, 2020, 40’ (19/11)
In un desolante oltremondo, un uomo osserva sé stesso esistere nella ripetitività di un tempo sempre uguale. Stralci di comunicazioni e sirene punteggiano il silenzio di una vita sospesa, misteriosamente a proprio agio in uno stato di confinamento imposto e, forse, desiderato. Filippo Ticozzi racconta con sguardo composto e impassibile i mesi del suo lockdown in una cittadina del nord Italia.
Ana e Maurizio di Catarina Mourão Portogallo, 2020, 60’ (20/11)
Ana è una pittrice, inquieta, curiosa, molto diversa dal resto della sua famiglia. Un giorno scopre un vecchio libro, scritto da suo zio Maurizio all’inizio del XX secolo. Il libro racconta di un viaggio in Congo, ed è ricco di illustrazioni, foto e riflessioni personali. Pur essendo molto diversi, e lontani nel tempo e nello spazio, Ana e Maurizio si somigliano: cercano entrambi un altrove in cui ritrovarsi. Un film che è esso stesso un viaggio, intimo e personale, alla scoperta di sé.
Pyrale di Roxanne Gaucherand Francia, Belgio, 2020, 50’ (21/11)
Un’invasione di farfalle non autoctone sta disturbando la tranquillità degli abitanti della Drôme e dell’Ardèche, in Francia: due amiche sono attratte da questo strano fenomeno e il sentimento che cresce tra loro si intreccia alla vita effimera della pyrale, la falena, perennemente allettata dai bagliori della luce, pronti a distruggerla con facilità. Tra documentario e finzione, un abbagliante film sulla impalpabilità del desiderio.
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Concorso Internazionale Cortometraggi
A Revolt Without Images di Pilar Monsell Spagna, 2020, 14’ (16/11)
Uno degli eventi meno conosciuti della storia spagnola, una rivolta capeggiata da donne nel XVII secolo. Non ci sono rappresentazioni dei loro volti, non si conoscono i loro nomi. Come è possibile renderle di nuovo visibili? Un film che è un viaggio nel tempo, tra i volti femminili della contemporaneità e i volti di donne della pittura spagnola del Seicento. Un viaggio filmico che è anche una domanda sulle immagini dimenticate della Storia.
The Fantastic di Maija Blåfield Finlandia, 2020, 30’ (17/11)
In un Paese come la Corea del Nord, in cui appena l’1% della popolazione ha accesso alle informazioni riguardanti il mondo esterno, il cinema può diventare una porta spalancata verso tutto ciò che è altro e non è dato conoscere. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, le videocassette importate illegalmente dalla Cina o dall’Europa per essere smaltite, hanno assolto per molti al ruolo di rivelare un universo altrimenti ignoto.
A Lack of Clarity di Stefan Kruse JØrgensen Danimarca, 2020, 22’ (18/11)
A partire da video di telecamere termiche trovati in rete, la riflessione di Stefan Kruse attraversa i cambiamenti della città contemporanea, l’estensione dei meccanismi di controllo sociale e l’evoluzione delle tecnologie digitali per porci davanti alle frontiere di una progressiva espansione del campo del visibile – e del controllabile – nella società della sorveglianza.
Bubble di Eleanor Mortimer Gran Bretagna, 2020, 13’ (19/11)
Nell’East End di Londra, il negozio Terry’s Tropicals è un vero e proprio acquario: tra le corsie, circondati dai più incredibili pesci tropicali, si aggirano persone che mimano lo stesso movimento ondeggiante. La regista descrive con sguardo perspicace e ironico un incontro tra uomo e animale, capace di ridisegnare la topografia di una città e di ribaltare i rapporti di forza tra le due specie.
Why? di Ana Vaz Portogallo, Brasile, Francia, Paesi Bassi, 2019, 30’ (20/11)
Basato sugli archivi dell’educatore Egydio Schwade, che raccolgono più di 3000 disegni realizzati dalla tribù Waimiri-Atroari dell’Amazzonia, il film ricostruisce una cultura andata perduta, con un incisivo utilizzo della sovrimpressione tra gli spazi reali e le tracce lasciate sulla carta dai loro abitanti, che non hanno mai smesso di domandarsi: Apiyemiyekî? Perché?
Hide-and-Seek di Tommaso Donati Francia, Svizzera, 2020, 22’ (21/11)
Il gioco del nascondino, una citazione di André Gide iniziale che fa da guida, un gruppo di bambini, un uomo solitario, una periferia anonima: è l’inizio di un corto misterioso, che va al di là della rappresentazione di una realtà artificiale, quale può essere quella fatta da edifici tutti uguali, dai quali gli abitanti sono svaniti, invisibili, scomparsi. Un film che cerca una storia senza accontentarsi di codici riconoscibili e convenzionali.
“Quando, al principio dell’anno in corso, ci siamo trovati di fronte alle prime, serie criticità legate alla pandemia ci illudevamo che l’autunno, apparentemente lontanissimo sul calendario, ci avrebbe posto di fronte a una ripresa, condizioni di vita e lavoro migliori e più sicure. Non è stato così, ed evidentemente non lo sarà ancora per un po’.
Sin dai primi mesi del 2020 abbiamo lavorato con abnegazione e la stessa passione di sempre nel progettare una manifestazione che aveva appena svoltato la boa della sessantesima edizione e intendeva rilanciare con un programma ricco di ospiti e, benché nel pieno rispetto di una gloriosa tradizione, spregiudicato nelle scelte legate a un cambio di direzione. Contemporaneamente, abbiamo seguito con apprensione l’evolversi di una nuova dimensione globale carica di incertezze e fragilità: abbiamo imparato nuove locuzioni e nuovi usi, ci siamo adattati a una quotidianità dilatata e abbiamo piegato la nostra esistenza a condizioni impreviste e imprevedibili. In questo processo, il cinema ha dovuto fare i conti con un’ulteriore accelerazione delle dinamiche che ne hanno mutato la pelle negli ultimi decenni: la rivoluzione digitale e la smaterializzazione dei supporti hanno portato a una disseminazione dell’audiovisivo che ha costretto a riconfigurare professioni, priorità e ruoli di un intero ambito culturale.
In molti casi, nei mesi più cupi della quarantena primaverile, abbiamo potuto azzerare le distanze con gli altri – amici, cari, colleghi di lavoro, familiari – solo attraverso il filtro di immagini incorniciate nel rettangolo di un computer o di un telefono, le nostre fattezze e parole in balia di connessioni instabili e sgrammaticature dei pixel; lo schermo della sala cinematografica, invece, è rimasto privo di luce, una camera oscura abbandonata al silenzio di un immaginario spazzato via dalla contingenza del reale.
Ancora una volta, in questo novembre imprevisto, i festival si sono trovati senza una casa e, ancora una volta, ne hanno trovato una in quella di ciascuno spettatore. La 61esima edizione del Festival dei Popoli non può non rendere conto di tutto questo: della molteplicità di sguardi e linguaggi che caratterizza l’arte documentaria, della ricchezza di voci che raccontano il tempo che viviamo nel suo stesso dispiegarsi davanti ai nostri occhi, dell’instabilità di un panorama sociale e politico che va monitorato da occhi attenti e civili.
Il cuore della nostra programmazione, con i concorsi internazionale e italiano, andrà online, mentre altre sezioni verranno presentate in sala secondo un calendario scaglionato sulla base delle riaperture degli spazi fisici di proiezione (le trovate indicate con il bollino “Popoli Reloaded”). Abbiamo deciso di procedere in questo modo nella salda consapevolezza che il film vive e recupera la sua dimensione solo nell’anima collettiva del corpo spettatoriale: un organismo fatto di milioni di molecole che trovano la loro consonanza solo quando dal fondo di una sala si spande un fascio di luce simile a quello di un faro e mostra ai naviganti sparsi nello sconfinato mare magnum iperconnesso la rada di un approdo sicuro”.
Alessandro Stellino
Direttore Artistico del Festival dei Popoli
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“Quando quindici anni fa ho cominciato a lavorare al Festival dei Popoli era – e lo è tuttora – un luogo fatto di domande più che risposte, di una naturale vocazione ad interrogare la realtà più che subirla, di registi talentuosi, alcuni dei quali sarebbero diventati di lì a pochi anni protagonisti di rilievo del panorama festivaliero internazionale. Assumerne oggi la direzione organizzativa significa alimentare quell’inclinazione crescente del Festival a diventare agorà di confronto e scambio tra appassionati e addetti ai lavori, studenti di cinema e cinefili. Provare a farlo nell’anno di una delle più difficili prove che il mondo abbia mai affrontato – almeno nell’ultimo secolo – per portata, novità e complessità, rappresenta una sfida nella sfida.
Il Festival dei Popoli, da oltre sessant’anni, fa dell’incontro, del dialogo e della trasversalità gli elementi fondativi della sua storia; ha seguitato a farlo anche in un passaggio storico dove la fisicità è stata in parte sostituita con il virtuale; continuerà a perseguire questo obiettivo pur dovendo ripensare totalmente la presente edizione, a pochi passi dalla sua realizzazione, nella necessità duale di permetterne lo svolgimento tutto online e al contempo di non arrendersi all’evidenza della difficoltà. Andare avanti, resistere, guardare al futuro: è questo che ha sempre fatto il Festival dei Popoli.
Essere dunque, con tutto lo staff, sul crinale impensabile di questa doppia sfida ci ha incoraggiato ad assumerci la responsabilità di accettarne il difficile compito, di sostenerne il peso, di immaginare un luogo virtuale dove la vocazione del Festival non fosse snaturata ma valorizzata, dove quella naturale capacità di essere finestra sul mondo non venisse oscurata, ma resa ancor di più solida, amplificata, in qualità di narratori non passivi, mediatori oggettivi.
Tutto questo non sarebbe possibile senza i partner che ci hanno sostenuto in questo progetto, seguendone e assumendone ogni suo mutamento. I premi di distribuzione nelle sale – La Compagnia, nostra fedele alleata, e Il Cinemino – e sulla piattaforme – gli amici di CGdigital.it e quelli di Tënk – ribadiscono la nostra volontà di facilitare la circuitazione del cinema documentario. Con Doc at Work – Future Campus puntiamo a far conoscere talenti emergenti del mondo del cinema europeo. Con Popoli for Kids and Teens, grazie al prezioso supporto di Lanterne Magiche e Cinema Stensen, portiamo il cinema documentario nelle scuole, nelle case delle famiglie e ci proponiamo di fornire strumenti critici e di riflessione ad un pubblico giovane, al pubblico del futuro. Con Habitat, in collaborazione con Fondazione Finanza Etica, analizziamo il vivere contemporaneo e proviamo a figurare nuovi scenari possibili.
E facciamo tutto questo senza tradire una storia né rinunciare alla capacità del Festival dei Popoli di farsi collante tra isole di pensiero, visioni, filosofie, contenuti, narrazioni, quanto mai in questo momento invece necessaria.
Così ci siamo dunque immaginati questo Festival: fluido per raggiungere il più possibile chiunque voglia avvicinarsi alla realtà in modo inusuale e diverso, capillare, aperto, accogliente. Per stare in ascolto del presente con forza, resistendo alla bufera e immaginare il futuro insieme ancora una volta”.
Claudia Maci
Direttrice organizzativa del Festival dei Popoli