Pier’Alli ci ha già abituati a testi teatrali originali e squisitamente moderni: nel Il grande addio protagonista è l’astronave Amaltheus, in viaggio nello spazio con una missione ben precisa: trovare un pianeta compatibile con la vita per ricostruire una nuova umanità, fondata sui valori della Verità e lontana dai vizi che l’hanno contraddistinta sulla Terra. Scene e azioni vengono descritte con tale precisione e incisività visiva che l’opera risulta godibile anche a una semplice lettura, pur ambendo a una piena realizzazione attraverso la rappresentazione teatrale. Come sospesi in un purgatorio dantesco, i personaggi si raccontano con schiettezza e con altrettanta naturalezza dibattono di scienza e filosofia, cercando di plasmare – almeno nella loro mente – l’uomo nuovo. Il grande addio riesce nell’ambizioso obiettivo di mettere le ali al palcoscenico e lanciarlo in un viaggio interstellare, che finisce per essere un viaggio all’interno dell’animo umano, di cui vengono scandagliate debolezze e virtù e messe in dubbio certezze che si credevano inossidabili, aprendo uno spiraglio a nuovi e immaginifici futuri
Il palcoscenico mette le ali e si lancia nell’infinito. Forse per la prima volta il teatro simula un viaggio interstellare, per negare se stesso e l’illusione su cui ha fondato per secoli la propria esistenza. Il fondamento di questo sogno è la rigenerazione dell’umano in un pianeta lontano anni luce dove sia possibile la vita fondata sulla Verità e non sulla finzione, sconosciuto alle insidie che portarono la Terra all’autodistruzione. Ma la condizione che renderà attuabile questa utopia è la vittoria contro la filosofia della morte che al posto di ingenerare umiltà e saggezza ha prodotto nell’uomo vanità e potenza…
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Pier Luigi Pieralli, laureato in Architettura, si dedica al Teatro e fonda a Firenze la compagnia teatrale Ouroboros, divenendo uno dei protagonisti dell’Avanguardia fra gli anni Settanta/Novanta, durante i quali partecipa ai più importanti Festival internazionali europei ed extra-europei, in cui si distingue per il carattere interdisciplinare del suo teatro, dove esercita il triplice ruolo di regista-scenografo-costumista. Successivamente si impone anche nel teatro d’opera ideando un linguaggio multimediale dove, per la prima volta, il cinema viene associato alla musica e diventa componente determinante della scena. Memorabile in questa visione rivoluzionaria è il Ring wagneriano realizzato a Bologna tra il 1988 ed il 1992, che dà vita ad una linea espressiva determinante per il suo futuro teatro e capace di generare epigoni. Collabora con i maggiori direttori d’orchestra. Ottiene vari premi: Abbiati (1983), Les Victoires de la Musique (1996, Francia), Samaritani (2006). Amplifica il suo orizzonte artistico dedicandosi recentemente alla scrittura con cui, oltre a comporre libretti per l’opera contemporanea, pubblica un testo multilinguistico per il teatro: Mozart, la Musica ed il suo Sogno.
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https://www.youtube.com/watch?v=QQnuV9_SrEo&feature=youtu.be
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