La mostra “Quando Gigli, la Callas e Pavarotti.I Teatri del Polesine” è stata rinviata “a data da destinarsi”, ovvero a quando musei e mostre potranno essere aperti al pubblico.
Mostra a cura di Maria Ida Biggi e Alessia Vedova, da un progetto di Sergio Campagnolo. Campagna fotografica di Giovanni Hänninen; videomaker Alberto Amoretti. Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Al Roncale è tutto pronto, la mostra è perfettamente allestita, ma non è prevedibile quando le luci si potranno accendere e le porte aprire. Nell’attesa, dalla grande quantità di storie e materiali che questa attesissima mostra proporrà al pubblico, emerge una vicenda davvero unica, quella della Signorina Anna.
Al Sociale di Rovigo, dopo le prove o prima dell’uscita in scena, un caffè, un bicchiere di acqua gelata, un prosecco, non se lo negava nessuna e nessuno. Anche per avere l’occasione di scambiare due chiacchiere in relax con la Signorina Anna, sempre pronta a soddisfare gli Illustri Ospiti del Teatro.
Se gli Illustri tornavano una seconda volta a calcare le scene del teatro rodigino, il passaggio a salutare Anna era un piacere del quale nessuno voleva privarsi.
Accogliente, gentile, professionale, la Signorina sapeva stemperare tensioni e ansie, far sentire gli Ospiti come a casa loro.
Lei aveva per la musica e per coloro che la interpretavano una reale venerazione, unita ad una competenza costruita negli anni del Conservatorio e poi affinata sul campo.
Si sapeva di un suo piccolo vezzo, che non dispiaceva affatto agli Illustri Ospiti: ai protagonisti in scena, Anna chiedeva una foto, per il suo personale Olimpo della Musica. E quanto questa richiesta facesse piacere, lo dimostra l’affetto, l’amicizia, la stima che traspare dalle dediche con cui cantati e direttori d’orchestra accompagnavano il dono della loro foto ufficiale.
Grazie a questo vezzo, la Signorina Anna ha religiosamente raccolto centinaia di
ritratti ufficiali di cantanti e direttori d’orchestra che hanno fatto la storia della musica nel Novecento.
Grazie alla disponibilità dei nipoti, queste testimonianze sono esposte in mostra. A raccontare una lunga storia di frequentazioni ed amicizie, nate e cresciute dietro le quinte.
Stefano Padovan, insieme ad Emanuela ed Alessandro, ricorda con queste parole la scoperta di questo “tesoro”: “E’ accaduto tutto in una gelida mattina nel gennaio di due anni fa. Avevamo da poco celebrato i funerali dell’anziana zia Anna, l’ultima superstite della nostra famiglia che aveva vissuto per tanto tempo nel Teatro Sociale di Rovigo come custode e responsabile delle attività, quando fra centinaia di carte, libri e documenti alcuni lasciati anche in maniera disordinata nella sua biblioteca, rinvenimmo, io e mia sorella, alcuni album fotografici.
La zia, dopo essersi diplomata in pianoforte, violino e canto lirico, non aveva mai intrapreso la carriera professionale, ma aveva insegnato per tanti anni alle scuole medie statali. Viveva solitaria, ma serena, e mai avremmo potuto immaginare che cosa conservasse gelosamente nel suo appartamento di Viale Trieste. Gli album fotografici erano una infinita galleria di immagini degli attori e cantanti, di lirica e di prosa, passati in decenni di storia del Teatro Sociale, tutti autografati, alcuni con dediche molto gentili.
Improvvisamente mi sono tornati alla memoria alcuni racconti che la nostra nonna paterna ci faceva quando ero piccolo riguardo la storia del Teatro Sociale e di tutta la sua attività che un tempo animava l’intera città. Gli anni più ricchi di leggenda e fascino sono stati quelli del periodo post bellico, quando il Teatro era meta di attori e cantanti di fama mondiale, che cercavano teatri di provincia per poter continuare a rimanere in esercizio dopo che i teatri più importanti avevano chiuso i battenti, o addirittura erano stati bombardati, come la Scala di Milano. Venni a sapere che presso il nostro Teatro aveva debuttato Beniamino Gigli, uno dei più grandi tenori di tutti i tempi, all’epoca pari solo a Caruso. Nel 1947-48 avevano partecipato alla stessa stagione lirica sia Renata Tebaldi che Maria Callas; da lì a poco la “Divina” firmerà il contratto che la legherà per dieci anni al Teatro della Scala. Nel 1962 aveva recitato un giovane Luciano Pavarotti, e così via molti altri, solo per ricordarne alcuni di fama veramente popolare. L’ultima diva a calcare il palcoscenico del Teatro Sociale fu la nostra conterranea Katia Ricciarelli. Scoprii che tutto ciò fu possibile soprattutto grazie alla sapiente opera di saper coniugare necessità e virtù da parte del Direttore del Teatro Dino Stefani, una persona umana che ha saputo organizzare stagioni liriche tra le più belle che nel tempo si ricordino nel nostro amato teatro.
Tutto ciò lo scoprii grazie alle fotografie conservate dalla zia Anna nella sua biblioteca e sono contento, assieme ai miei familiari, di esporlo alla cittadinanza a testimonianza della splendida storia del Teatro Sociale”.