Saranno le note di C. P. E. Bach e Čajkovskij, eseguite dall’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sotto la direzione di Antonio Pappano, a rendere omaggio alla Croce Rossa Italiana nel concerto – il primo, dopo molti mesi, con la presenza di pubblico in sala – di lunedì 26 aprile alle ore 19.30 nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Nel rispetto delle norme di sicurezza, la serata organizzata dall’Accademia è rivolta ai volontari CRI che hanno risposto prontamente all’emergenza Covid-19 fin da gennaio 2020, combattendo in prima linea e restando vicino alle persone sia nelle strutture sanitarie e sia nelle loro abitazioni garantendo assistenza continua e una presenza costante nelle scuole, negli ospedali da campo, negli hub vaccinali.
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“Riaprire le sale al pubblico vuol dire riaprirle alla società civile in un momento che è del tutto speciale. Dobbiamo, quindi, ricordarci di chi ci sta aiutando a viverlo nel migliore dei modi a costo anche di enormi sacrifici. Per questo motivo, riaprire con la Croce Rossa significa mantenere vivo il senso di gratitudine che vogliamo testimoniare anche attraverso la musica e la nostra Orchestra, il nostro Coro, il Maestro Pappano e la nostra Istituzione”, dichiara Michele dall’Ongaro, Presidente dell’Accademia.
Il concerto si apre con la Sinfonia in re maggiore Wq 183 n. 1 di Carl Philipp Emanuel Bach – eseguita per la prima volta nei concerti dell’Accademia – e composta tra il 1775 e il 1776 dal più celebre dei figli di Johann Sebastian. Domina la seconda parte del programma la Sinfonia n. 6 in si minore “Patetica” di Čajkovskij, una pagina intensa che l’Accademia ha scelto per questo momento così delicato. La Sinfonia è una sorta di testamento musicale che dà voce allo struggimento di un uomo provato da una vita intensa e che forse percepisce essere arrivata a una fine imminente. Composta nel corso del 1893, la Sesta Sinfonia è legata all’ultima e definitiva crisi della sua esistenza interiore, culminata in una morte per molti versi inquietante e poco chiara (non è stato appurato se la causa di morte fu il colera, o se il compositore si tolse la vita) che avvenne nove giorni dopo la prima esecuzione di San Pietroburgo il 16 ottobre 1893.
Čajkovskij definì la sua ultima sinfonia il coronamento “della mia intera produzione” e il programma della sinfonia come “penetrato più del solito da soggettività […], da un carattere che rimarrà per tutti un enigma. Detto senza esagerazione, in questa sinfonia ho riposto tutta la mia anima”.