Caratteristica di tempi bui, quali quelli che si stanno faticosamente attraversando, è la ricerca di una dimensione umana fortemente connessa ai legami di una essenzialità a volte dimenticata. La condizione di “semplicità” non è più strettamente vincolata al concetto di “banalità” come soventemente si percepiva in passato in una costante e, spesso, distruttiva corsa alla globalizzazione. Davide Degano nel progetto Sclavanie, intrapreso nel 2017, fotografa i luoghi dell’infanzia trascorsa sulle montagne friulane e pone l’accento sul concetto di “locale” in relazione ad una memoria comune che è in continua evoluzione. Parte del suo lavoro è stato pubblicato per la prima volta nel 2018 nel progetto collettivo dal titolo “We feed the World” a cura di Cheryl Newman ed esposto a Londra, presso la Bargehouse Gallery. L’occhio fotografico di Degano documenta luoghi affascinanti, sia da un punto di vista paesaggistico che antropologico, e, seppur l’approccio vuole essere di cronaca, è tangibile la sua volontà che le realtà più piccole non scompaiano ma sopravvivano immaginando una nuova forma dinamica in cui l’incontro con la realtà del luogo si inglobi, con il tempo, consapevolmente in una quotidiana contemporaneità. Il progetto fotografico è cresciuto fino a raccogliere 2000 negativi e nel 2019 alcuni suoi scatti sono stati presentati con una mostra al palazzo della Regione a Trieste. L’antropologa Livia Maria Raccanello e il ricercatore e docente austriaco Michael Beismann si sono uniti al lavoro di Davide ed hanno scritto testi che, inseriti in un unico interessante lavoro, diventerà a breve una pubblicazione della Penisola Edizioni, in collaborazione con Urbanautica Institute. A questo proposito è partita una campagna fondi riscontrabile in questo link
https://www.produzionidalbasso.com/project/sclavanie/
Dopo una “fuga” dai piccoli centri iniziata negli anni Cinquanta dovuta alla ricerca di migliori possibilità di impiego e denaro, si è constata, negli ultimi anni una controtendenza, molti oggi, infatti, ritornano nei luoghi montani delle Alpi per riconnettersi ad uno stile di vita più equilibrato e meno frenetico. “Sono tutti alla ricerca di una vita migliore – scrive Livia Maria Raccanello – intesa ora come più autentica, incarnata nel valore della vita rurale, caratterizzata da servizi naturali e ricreativi, uno stile di vita sano ed ecologicamente rispettoso e un costo degli alloggi relativamente basso.” Quella di Davide Degano è una comunicazione visiva dei luoghi e dei movimenti che gravitano attorno ad essi, il suo approccio etnofotografico include un tempo delle “chiacchiere”, del conoscere e farsi riconoscere da chi può averlo visto bambino (vive all’estero da parecchi anni). Il dato emozionale è essenziale in un lavoro che non vuole essere solo scatto fugace, ma diviene terreno prolifico di interazione e possibilità. L’autore lavora alla conservazione di un bene che un tempo è stato solo orale ma che con il taglio della modernità può trovare nuove connotazioni. “Il nostro compito – scrive Michael Beismann – è trovare i luoghi in cui il cosiddetto progresso possa essere utilizzato per convivere con la natura e non, come in passato, spiazzare sia la natura che noi stessi.” La mutazione delle tradizioni, il mix di culture diviene, attraverso una cronaca iconografica, l’analisi di un dato storico. La fotografia di Degano è l’immagine di una relazione tra ambiente e vita, l’accortezza al dettaglio punta ad essere non un puro gingillo estetico ma la reale connotazione espressiva di una dimensione dell’essere nello spazio di un tempo lento. Per citare una parola molto in voga ultimamente, un auspicio alla resilienza. Il progetto è stato pubblicato su diverse riviste nazionali ed internazionali come artDoc, Photo Vogue, Icon Magazine, The British Journal of Photography. La sua è una documentazione per le generazioni future affinché non venga disperso del tutto quel senso di realtà montana in cui la piccola comunità ha ancora profondamente radicato un senso dell’esistenza.