frammenti della biografia e dell’opera di Majakovskij
con Tamara Balducci e Mauro Milone
selezione e cura dei testi di Gianni Farina
produzione Menoventi
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La sezione estiva della programmazione di Stanze si svolgerà all’aperto, nel giardino del Centro Artistico Alik Cavaliere.
Dopo questo primo spettacolo, ospiteremo un omaggio del Teatrino Giullare a Giuliano Scabia, recentemente scomparso, e l’ultima produzione dei Sacchi di sabbia, ancora in collaborazione con Massimiliano Civica, Sette contro Tebe, che chiude la trilogia dedicata alla classicità, ma rivisitata con parecchia ironia.
Stanze ha compiuto una sorta di rivoluzione copernicana: ora, a causa della pandemia, stiamo operando in luoghi ampi, ma non meno affascinanti, per ospitare lo stesso numero di persone che assistevano, a volte stipate in spazi di piccole dimensioni, ai nostri spettacoli.
A tutti è un collage polifonico che restituisce alcuni frammenti della biografia e dell’opera di Majakovskij. Il coro dei pettegolezzi, le voci dei colleghi, dei testimoni, degli amici, si intreccia alle lettere e alle opere di un poeta che – «non un uomo, un evento» – ha incarnato le utopie e le antinomie di un popolo e di un’epoca.
Raccontare le ultime pulsazioni di Majakovskij significa raccontare la fine di una generazione straordinaria, narrare la rapida parabola di un manipolo di ragazzi che si riunirono sotto il vessillo della Rivoluzione d’Ottobre, trasformarono radicalmente il modo di concepire le rispettive discipline e, soffocati dalla deriva autoritaria dell’utopia inseguita, terminarono con violenza la produzione artistica o la vita stessa.
Ritagli del collage estrapolati da: Vladimir Majakovskij, Lili Brick, Lev Trockij, Roman Jakobson, Marina Cvetaeva, Serena Vitale.
“Mosca, 14 aprile 1930. Intorno alle undici del mattino i telefoni si mettono a suonare tutti insieme, come indemoniati, diffondendo «l’oceanica notizia» del suicidio di Vladimir Majakovskij: uno sparo al cuore, che immediatamente trasporta il poeta nella costellazione delle giovani leggende. Per alcuni quella fine appare come un segno: è morta l’utopia rivoluzionaria. Ma c’è anche il coro dei filistei: si è ucciso perché aveva la sifilide; perché era oppresso dalle tasse; perché in questo modo i suoi libri andranno a ruba. E ci sono l’imbarazzo e l’irritazione della nomenklatura di fronte a quella «stupida, pusillanime morte», inconciliabile con la gioia di Stato. Ma che cosa succede davvero quella mattina nella minuscola stanza di una kommunalka dove Majakovskij è da poco arrivato in compagnia di una giovane e bellissima attrice, sua amante?… “
(dal risvolto di copertina di Il defunto odiava i pettegolezzi, di Serena Vitale, 2015, Adelphi).
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Il luogo
Il giardino del Centro Artistico Alik Cavaliere è un prato quadrato con alberi da frutta che si confondono con gli alberi/scultura di bronzo dell’artista. Un luogo riparato, benché nel centro della città.
Il Centro è nato nel 1998 nei bellissimi locali che sono stati sede dello studio di Cavaliere per oltre dieci anni, parte di un convento del ‘600.
Dal 2005 Menoventi porta avanti una ricerca personalissima sul teatro attraversata dall’intelligenza dell’ironia e dallo svelamento dei piani della rappresentazione.
Da sempre interessati ai dispositivi della messa in scena Gianni Farina e Consuelo Battiston investigano le dinamiche della ripetizione e del loop in lavori come In Festa, Invisibilmente, Perdere la faccia, L’uomo della sabbia.
Gli spettacoli sono ingranaggi, labirinti, inganni che interpellano lo spettatore, la sua attenzione e riflessività (solitamente divertita). La costante tensione fra forma e contenuto, sempre in sincronia con il presente, li spinge a sperimentare il formato seriale. Prima con Survivre, in cui il tema della sopravvivenza si incrocia con la forma della copia, poi con ASCOLTATE!, progetto dedicato ai turisti, con interviste raccolte e ricomposte alla maniera di Menoventi.
Sul confine fra game e reality si trovano lavori come Postilla e il format TV Art Breakers. La sensibilità sociologica e politica di Menoventi è messa a fuoco da lavori come Credi ai tuoi occhi, in cui la moda è vista come un gioco che ti obbliga a partecipare, Vita Agra del Dott. F., da Bianciardi, che è l’occasione per trattare l’incertezza del futuro e l’accettazione inevitabile del contratto sociale e che ritroviamo in Docile, spettacolo spartiacque che immette elementi biografici della compagnia per denunciare la remissività delle classi subalterne, schiacciate nell’habitus della vita. Infine, l’incontro con il romanzo di Serena Vitale e la storia reiterata del suicidio di Majakovskij chiude il ciclo di un’indagine fra contenuto e dispositivo. Anzi, la riapre.