Iginia Mignosi (Palermo, 1908 – ivi, 1999) figlia di Gaspare Mignosi e di Antonietta Valguarnera, ha ereditato dai nonni, paterno e materno, la passione per l’arte; poi, incoraggiata dal cugino, il filosofo e letterato Pietro Mignosi, che ne intuì il talento sin da quando era piccola, si dedicò allo studio della pittura e della musica. Infatti, traendo ispirazione dalla natura, dipingeva i quadri e poi li traduceva in musica che ella stessa componeva.
Iginia Mignosi era paesaggista e dipingeva con colori ad olio su tela. Ha coltivato queste sue due passioni privatamente. Ogni giorno si metteva al cavalletto e al pianoforte. Ha dipinto centinaia di quadri; ha fatto anche qualche mostra. Il marito, docente di Analisi matematica all’Università, aveva molti allievi arabi che frequentavano la famiglia Mignosi; per questo motivo la pittrice, pur vivendo in Sicilia, ha sviluppato l’interesse anche per il mondo esotico, raffigurando ambienti egiziani in diversi quadri. Pietro Mignosi ha osservato: «Nelle riproduzioni e dal vero: un’imitazione perfetta». Il matematico Cantoni: «Una tecnica progredita». Il professore Salvatore Costa: «Una pittrice malinconica e solitaria». Il matematico Michele Cipolla: «Sensibile e brava pittrice».
La presente pubblicazione, voluta da Maria Elena Mignosi Picone (poetessa e critico letterario, figlia della pittrice) per rendere omaggio alla madre, raccoglie una selezione di dipinti. Non essendo note le didascalie dei quadri, le immagini sono state corredate da ‘commenti contemplativi’.
Lo stile pittorico di Iginia Mignosi è rapportato in una tradizione impressionista, che, partita dall’Ottocento, ha trovato vari consensi nella prima metà del Novecento per arricchirsi in un impasto postimpressionista e realista del secondo dopoguerra, filtrato da umori romantici divenendo la sua, un’immagine nodale, per la storia del paesaggio italiano. Accanto alle figure riprese, dei ritratti occasionali, esiste una produzione paesaggistica che si direbbe una piccola storia del paesaggio. Un paesaggio delicato, sensibile che cambia sotto cieli diversi, e che si adegua ai sentimenti e alle emozioni dell’artista. Si guardino ad esempio le tavole: “Sul promontorio accarezzati dalla brezza marina”, “Dolce e malinconico autunno in campagna”, “Incantevole melodia del ruscello”, “Terra di sole, di storie e colori”, “Paesaggio primaverile”, metafore di stati d’animo.
Se buona parte della produzione di Iginia Mignosi si snoda nella prima metà del XX° secolo, periodo storico tormentato, sospeso nel limbo delle inquietudini, incamminato nelle sabbie mobili delle incertezze, dall’altra le inquietudini del Novecento hanno contribuito non poco a creare nell’animo dell’artista una sorta di “cantuccio” da un mondo in fiamme per rifugiarsi in un mondo lirico.
Emerge quindi dalla sua pittura una sorta di realismo sul quale ha posto l’accento la maggior parte della critica e che trascende la mera rappresentazione della realtà oggettiva per creare impressionisticamente delle atmosfere poetiche che sono delle vere e proprie proiezioni liriche d’intensi stati d’animo. La chiarezza delle immagini e la compiutezza estetica del linguaggio non si risolvono in una semanticità a senso unico ma si caricano di magia, suscitando una viva commozione nell’animo del pubblico. Qui è la materia che tende all’ordine, alla luce, allo spirito: è la natura che diventa cultura, storia, poesia. La ricca e variopinta tavolozza, dai contrasti decisi, luminosi sottende a uno dei temi più cari agli umanisti (e non da ultimo allo scrivente): la natura medicatrix.
In certi paesaggi dove il cielo e l’acqua hanno larga parte, la Mignosi riesce a raggiungere una luminosità che fa sentire l’atmosfera fresca dei mattini di primavera, il calore dei pomeriggi, quando il sole arroventa il terreno. Si direbbe la poetica armonia dei brevi istanti di un’emozione che richiama nell’artista i ricordi delle terre con i loro colori caldi. Si vedano ad esempio, le opere: “Terra di sole, storia e colori”, “Contemplando il sereno”, “Sentiero nel bosco”.
È come se Iginia Mignosi comunicasse al pubblico tramite i versi della figlia Maria Elena, in una sorta di continuità spazio-temporale: sensibilità artistica che rivela una vasta cultura di fondo come leitmotiv della sua ispirazione. Un’evoluzione pittorica vissuta e rivissuta e tradotta dalle trame interiori di un sogno, da quel élan vital che è poi il supporto primario dell’arte autentica.
Iginia Mignosi offre tutta se stessa ai fremiti naturali, è lì che si ritrova, nella pace del suo esistere. Vita poesia, poesia vita. Poesia. Perché poesia? Se la poesia è armonia, immagine, sentimento, fantasia, realtà, musicalità, trasfusione dell’anima nel cuore della terra, captando da essa i momenti più lirici, la pittrice scrive col pennello e dà forza, vigore, plasticità ai sentimenti. Ella è sempre alla ricerca di angoli che la reifichino ed è con quelli che si rende visiva, dando sostanza agli stati emotivi: natura principalmente, in tutti i suoi aspetti (autunno, primavera, morte, rinascita, fiori, amori, gioia, musica, ….); poi immaginazione, fantasia nei quadri di ispirazione orientale. Ma Ella si muove soprattutto in un viaggio che circonda i risvolti del suo ambiente, è lì che trova le parole giuste per esprimere gli impatti emotivi; le sue vertigini esistenziali. Il gioco è fatto, basta aprire la finestra sulla campagna, o uscire sul terrazzo, per volare fra i fiori e tra le grinfie di un ruscello, di un prato, o di un mare turchese e farsi tutt’uno, con i quadri che la identificano.
Tutto si fa musica, vibrazione, ritmo, romanza, intermezzo sinfonico della “Cavalleria rusticana”, tristezza di Chopin, o notturno di Schubert. Sì, perché Iginia, non contenta di avere concretizzato i colori sulla tela, se li mette davanti agli occhi, li medita, li fa suoi e dà loro, con la musica del piano, quell’accompagnamento che fa da leitmotiv, da sottofondo sinfonico. Sembra di vedere il quadro trasferito in mondi di suoni e melodie, tipo coro muto della Batterflay; e tutto si fa armonioso, incessantemente affascinante. Nei suoi dipinti patema e logos si amalgamano, fanno una cosa sola. Uno stile di stampo lirico-espressivo, di memoria capassiana, di realismio lirico, che ci prende e non ci molla. Meditando sui suoi dipinti non è azzardato dire che ci troviamo in un viaggio attraverso la madre terra, la dolce, la tenera, senza scosse telluriche, senza prepotenze squassanti; in un viaggio che dà pace e serenità ad un animo in cerca di riposo, di fuga dalle aporie del quotidiano. Dacché il quotidiano è ripulito e dopo essere stato a riposare in un animo carico di emozioni, esce fuori rinnovato, arricchito di tonalità, di sfumature che lo fanno arte, musica, vita. Dacché la vita è arte, è sensazione, emozione; dacché la vita è tutto per l’artista che trova la sua felicità nel trasferirla in colori, in suoni, in immagini che vibrano per la loro vitalità. E tutto si concretizza sulle tele, il mondo di armoniche visioni trova compattezza nelle forme, che diventano linguaggio della pittrice.
Musica e parola, colore e musica si amalgamano in un insieme di forza trainante. Sembra che Iginia Mignosi sia sempre in viaggio, attorno ai cieli, alle stagioni, ai riflessi di ruscelli che attraversano prati verdi, o a uccelli che si svegliano al richiamo di primavera. Se poniamo attenzione, se volgiamo l’udito ai suoi dipinti non è difficile ascoltare il fruscio del vento primaverile o la carezza della brezza estiva, o il canto di un merlo che fa da intermezzo nel cuore di Pan. Questa è la pittura di Iginia Mignosi, questa la sua parola, questi i suoi suoni che la chiamano con dolcezza; che la chiamano a realizzarsi in visioni.
Terminare con una pericope tratta dalla presentazione di Michele Miano, mi sembra di completare il quadro della pittrice, anche a livello storiografico: «…Lo stile pittorico di Iginia Mignosi è rapportato in una tradizione impressionista, che, partita dall’Ottocento, ha trovato vari consensi nella prima metà del Novecento per arricchirsi in un impasto postimpressionista e realista del secondo dopoguerra, filtrato da umori romantici divenendo la sua, un’immagine nodale, per la storia del paesaggio italiano. Accanto alle figure riprese, dei ritratti occasionali, esiste una produzione paesaggistica che si direbbe una piccola storia del paesaggio. Un paesaggio delicato, sensibile che cambia sotto cieli diversi, e che si adegua ai sentimenti e alle emozioni dell’artista». Sì, tutto questo troviamo nel cuore del suo amore per l’arte.
Iginia Mignosi, Opere scelte, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 60, isbn 978-88-31497-60-2, mianoposta@gmail.com