testo di Michele Di Vito
regia e interpretazione Michele Di Giacomo
scene e costumi Roberta Cocchi e Riccardo Canali
luci Riccardo Canali
suono Fulvio Vanacore
consulenza drammaturgica Magdalena Barile
produzione Alchemico Tre, realizzato da ERT, “Cantiere Moline” 2015/16
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“Ce lo siamo detti tante volte quando sei arrivato qui… si fa una scelta e poi bisogna essere coerenti con se stessi. Tu sei coerente con me, Fabio? Tutti quelli sforzi che hai fatto per non finire a essere una nullità. Mi ascolti? Tanto lo sai che torno. Non ti lascio. E tu mi devi anche ringraziare perché sono l’unico amico che ti è rimasto qui dentro, l’unico. E mi devi rispettare. Devi rispettare quello che sei. È una questione di educazione Fabio. Di buone maniere.”
Si conclude con questo spettacolo di Michele Di Vito, interpretato da Michele Di Giacomo, la rassegna Nuove storie 2021.
Una storia di uomini e fantasmi, di vittime e carnefici, che scava all’interno dell’animo umano per far luce su quell’istinto animale che ci porta a compiere azioni scellerate.
Michele di Giacomo, romagnolo, ripercorre la storia della Banda della Uno bianca, iniziata con colpo al casello autostradale di Pesaro, il 19 giugno 1987. Affidandosi al testo di Michele Di Vito (e alla consulenza drammaturgica di Magdalena Barile), l’attore veste i panni di Fabio Savi, uno dei componenti della banda, assassino tra più feroci della storia italiana che, con i fratelli Alberto e Roberto, entrambi poliziotti, mise a segno decine di rapine, uccise 24 persone e ne ferì un centinaio, incarnando fino all’arresto un incubo per chiunque vivesse in Emilia-Romagna.
Un pretesto, un’intervista che Savi deve rilasciare, scatena l’azione scenica, in cui il passato torna e si fa sentire. Come raccontarsi, cosa raccontare?
Un serrato e rarefatto monologo che tenta di indagare l’animo umano per far luce su quell’istinto animale che ci porta a compiere azioni scellerate. Come un animale in gabbia, nella sua cella da ergastolano Savi è obbligato a fare i conti con il passato e combatte con la propria coscienza con grette giustificazioni, in un flusso di pensieri che mescola reale e irreale, il presente e i ricordi. È il ritratto di un uomo comune, senza alcuna caratteristica da eroe, che si è macchiato di orribili delitti per un’avidità di denaro che ne ha cancellato qualunque scrupolo morale. Un uomo senza alcun ideale, nessuna organizzazione criminale a proteggerlo, nessun legame con la falange armata, la camorra, i servizi deviati: animato solo da scopi di lucro, razzismo e un rambismo arrogante. Perché nessuno scenario misterioso sembra nascondersi dietro questa vicenda: solo la banalità del male, una normalità che è più sconcertante di tutte le atrocità messe insieme e che sembra spaventosamente riaffiorare oggi nella nostra società in personaggi arroganti e senza scrupoli ammalati di denaro, fama o delirio di onnipotenza a qualsiasi costo.
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Note di regia
«Non è facile parlare dei fatti della Uno Bianca. Non è facile perché le vittime sono state tante, tanto il dolore e la paura. Quando si nomina la Uno Bianca, cala ancora un assordante silenzio, soprattutto nelle mie terre: in Romagna. A distanza di più di vent’anni ho voluto rompere questo silenzio, perché le nuove generazioni sanno poco di questa tragica storia. Una storia che ha radici in qualcosa di pericoloso – il razzismo, la rivalsa, l’ignoranza – una storia che può far riflettere.
Le Buone Maniere vuole ricordare e raccontare, nell’unico modo in cui siamo in grado di fare: facendo teatro.
Lo spazio concreto e claustrofobico della cella, disegnata da un letto in metallo, una scrivania, un armadietto ed una piccola televisione, si sgretola lentamente, lasciando spazio al luogo della mente. Ci si ritrova così nella campagna di Rimini o nel Bar di Torriana a bestemmiare contro neri e zingari; e così via risalendo un cammino macchiato da sette anni di rapine e delitti. Alla fine di questo viaggio non resta che un ammasso di macerie, una discarica di ricordi fatta di rabbia, riscatto e violenza. E soprattutto loro le vittime, sulle quali non si può fare altro che restare in silenzio. Forse meglio contare le stelle, come fa il nostro protagonista per cercare di addormentarsi ogni notte nella sua cella… una stella, due stelle, tre stelle…».
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Michele Di Giacomo, 37 anni, è attore e regista e, dal 2020, anche ideatore ed organizzatore del festival “Fu Me”, a Cesena, sua città d’origine. Anche la sua compagnia, Alchemico Tre, fondata nel 2015, è particolarmente attiva sul territorio romagnolo con progetti di formazione in collaborazione con i principali enti teatrali della regione. Di Giacomo è dunque impegnato a 360 gradi nel settore teatrale, sia nella sua veste di artista, sia in quella di operatore.
Teatro Elfo Puccini, sala Bausch – corso Buenos Aires 33, Milano – Dal lunedì al venerdì ore 19.30 – Intero € 22, ridotto 17,50 – Info e prenotazione: tel. 02.0066.0606, biglietteria@elfo.org