Ci sono i concerti pop e poi ci sono i concerti di Vinicio Capossela. Sarebbe riduttivo però chiamarli solo e semplicemente concerti perché si tratta sempre di piccoli, grandi eventi che segnano un’esperienza non facile da dimenticare. È quanto è accaduto anche al Circo Massimo, sede della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma per il secondo anno consecutivo e che pochi giorni fa ha ospitato Vinicio Capossela e il suo Bestiario d’amore con l’Orchestra Maderna diretta da Stefano Nanni: quello che doveva essere un extra (già rimandato lo scorso anno) è diventata una serata ricca di grazia, un viaggio musicale e letterario, fra riferimenti e citazioni, ma sempre all’insegna della convivialità. Capossela porta in scena il suo Bestiario d’amore, poema musicato dall’omonimo componimento di Richard de Fornival, un erudito del 1200 che aveva utilizzato i bestiari medievali per raccontare una sorta di fenomenologia dell’amore tentando di conquistare una donna che lo rifiutava.
Alla base del tour, la fusione del poema musicato, ironico e romantico, di circa 20 minuti (4 brani per voce, pianoforte e orchestra) e l’identità di ogni tipologia di amante che viene associato a ogni animale evocato con un suono particolare, innestando la commistione di alcuni storici brani di Capossela che quest’anno festeggia i suoi primi 30 anni di carriera e che vengono arrangiati in veste tutta nuova con rivisitazioni sinfoniche di una certa importanza.
Pretenzioso? Nulla affatto perché il cantautore riesce a ristabilire subito il contatto quasi intimo con il pubblico dei 1000 fortunati seduti composti sulle sedie distanziate: l’impaccio iniziale sparisce subito per lasciare spazio alla musica e alle parole.
“Il Bestiario d’amore – spiega subito Capossela al pubblico – è un’opera completamente inutile che non ha mai portato bene neppure al suo compositore, un erudito di 900 anni fa che ha voluto spiegare le leggi dell’amore, ma l’amore nn ha regole”.
Capossela è fine affabulatore ed esimio costruttore di immagini suggestive che utilizza i travestimenti, indossa le maschere di animali, si perde in racconti e introduzioni, regala citazioni (ma mai a caso) fra Pirandello e Marziale, passando per Sergio Leone o Fellini per trovare il fil rouge con brani storici, come La strada per Zampanò o Céline per Bardamù e si permette anche di tagliare fuori pezzi cult come Che coss’è l’amor o Ultimo amore o di regalare l’incantevole Intermezzo della Cavalleria rusticana di Mascagni.
Amore e gusto del racconto, dell’apologo, dell’immaginario e della fantasia restano il fil rouge della serata con il supporto del maxi schermo dove si susseguono le immagini del poema musicale con le suggestive illustrazioni di Elisa Seitzinger. E così una dopo l’altra si susseguono le immagini dell’Ulisse dantesco di Nostos, de Il grande Leviatano, le sirene di Pryntyl (da Marinai, profeti e balene), il suono di Camminante o del Marajà. Fino all’incantevole e indimenticabile bis con con tutta l’emozione di Ovunque proteggi.