Con “Maldanno – storie che curano” si mostra con tratto sempre più maturo il percorso del Florian Metateatro nella produzione di spettacoli per ragazzi. Come già in “Doralinda”, anche questa produzione si pone su di un crinale dove si incontrano più territori teatrali: se “Doralinda” conteneva -oltre alla favola- un piano più cifrato, affidato al linguaggio corporeo ed alle raffinate evoluzioni di una scenografia modulabile, “Maldanno” supera i confini convenzionali del teatro ragazzi per un impiego più che raro della componente attorica presente costantemente sulla scena.
Una interessante conferma da parte del trio Micati, Tessitore, Valoppi, autori del progetto, già applauditi nelle scorse stagioni per “Il Pesciolino d’Oro” e la già citata “Doralinda”.
Con “Maldanno” si può dire che avvenga per loro un ritorno al canone fuori dai canoni, ovvero un ritorno alle vicende tratte dalla migliore tradizione di favole e storie per ragazzi, presentate però in una veste del tutto inedita. E non parliamo della mera recitazione, ma di quello che potremo definire un format teatrale, un progetto di scena che sta a monte e che – come la porta tra due dimensioni – trasforma i testi e le storie che la attraversano.
Questo format nasce dalla centralità di scena e scenografia, nel senso che la materialità degli oggetti che compongono la scenografia ridisegnano la disposizione stessa della scena ed il rapporto tra attore e spettatore. Prima dell’ingresso del pubblico, lo spazio teatrale si compone unicamente di un fulcro, un punto centrale occupato da un oggetto criptico dalla difficile interpretazione: sembra una torre, ma anche una torta a più piani. Il pubblico che si dispone alla spicciolata non disegna un perimetro unitario attorno all’oggetto, bensì una serie di gruppi di spettatori, il che al contempo crea un duplice effetto di rarefazione e relazione, in proporzioni maggiori rispetto alle consuetudini. Con l’entrata poi dei quattro attori affiora definitivamente alla luce l’idea di una apparente, totemica unitarietà della scena che per contro si frammenta e si moltiplica. Come se fosse uno strumento a fiato, l’oggetto scenografico smette di essere un esemplare da contemplare visivamente, facendosi tramite del soffio, della sostanza vocale e relazionale della favola.
È in questo modo che le storie selezionate, provenienti da tempi lontani e ben diversi dall’oggi, riescono ad intessere una riflessione tutta implicita ed emozionale su concetti di strettissima attualità come il contagio e la distanza, il male e la cura, portando gli spettatori più piccoli alla condivisione serena di ombre e paure che rischiano altrimenti di produrre i danni peggiori, quando vengano abbandonati alla negazione o alla rimozione.
L’aspetto più audace ed interessante di “Maldanno” sta però nel fatto che gli spettatori – gli adulti quanto i bambini – sono ingaggiati in una sfida più difficile del normale nel mantenere attivo il canale dell’attenzione, per via di una sovrapposizione di stimoli intenzionale da parte degli autori e studiatamente dosata da parte degli attori. Ma è una sfida che nuovamente rivela un duplice piano, dove la rinuncia all’ordine formale costruisce un trampolino per la libera associazione da parte del singolo spettatore, da giocare illimitatamente come con una tavolozza di colori.
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CREDITS:
“MALDANNO – storie che curano”
di Isabella Micati, Alessio Tessitore, Flavia Valoppi
con Flavia Valoppi, Alessio Tessitore, Emanuela D’Agostino, Zulima Memba
testi ispirati a Rodari, Tognolini, Nanetti, Petrusevskaja
Costumi: Giulia Assetta
Scena: Miriam Di Domenico (ispirata all’opera “Dodici Ceneriere per l’Aurum” – Officina delle Invenzioni Arago Design, 2013)
compagnia: Florian Metateatro, Pescara