Teatro dell’Opera di Roma, La bohème di Livermore al Circo Massimo
Vittoria Yeo e Piero Pretti protagonisti della Bohème pittorica secondo Livermore
La seconda fortunata stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma al Circo Massimo si conclude con la ripresa de La bohème di Puccini con la regia di Davide Livermore diretta da Jordi Bernàcer. “Colloco l’azione verso la fine dell’Ottocento ma cerco di guardare il dramma attraverso il filtro della grande pittura francese dell’epoca – aveva spiegato Livermore – Ogni atto è dominato da una tela, o da un insieme di tele, che trasformano ciascun ambiente in una sorta di grande atelier”. E in effetti l’allestimento di Livermore, nato nel 2014 per le Terme di Caracalla (in collaborazione con Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia), arrivato alla terza ripresa, si conferma tradizionale, ma innovativo nell’utilizzo dei giochi di tecnologia, del video mapping e delle proiezioni di celeberrime opere d’arte dell’impressionismo francese, che spaziano da Renoir a Monet, da Van Gogh a Cezanne. Livermore, nella triplice veste di regista, scenografo e costumista, costruisce uno spettacolo che racconta la storia d’amore di Mimì e Rodolfo e le misere esistenze degli artisti bohèmien fra le soffitte di Parigi di fine Ottocento nel passaggio dalla gioventù scapestrata e irresponsabile fino alla tragicità dell’età adulta lasciando immergere il pubblico in un contesto storico artistico coevo all’originale del 1896. Raffinata la direzione del giovane spagnolo Jordi Bernàcer (già a Roma per Tosca e Aida) alla guida dell’ottima Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma (di tanto in tanto troppo alta a sovrastare le voci) esaltando la leggerezza incalzante del primo quadro, la giocosità del secondo, la malinconia del terzo, la gravità tragica del quarto nel passaggio dalla giovinezza spensierata all’età adulta. Vibrante il coro diretto da Roberto Gabbiani, la coppia di protagonisti formata da Vittoria Yeo (Mimì) e Piero Pretti (Rodolfo) risulta subito in parte sotto il profilo attoriale, ma non omogenea sotto il profilo vocale. Pretti è un Rodolfo dal timbro luminoso e caldo, che alterna lo scherzo alla malinconia, ma dopo un inizio non particolarmente brillante, la Yeo guadagna smalto e intensità migliorando dal secondo atto in poi. Musetta è Sara Blanch, Luca Micheletti è un accigliato Marcello, Gabriele Savona è Colline, Simone Del Savio è Schaunard, Domenico Colaianni impegnato nel doppio ruolo di Benoit e Alcindoro. Lo spettacolo, che viene riadattato (e alla perfezione) negli spazi di Circo Massimo mantenendo la classicità moderna del debutto, si apre nell’atelier del pittore Marcello e Livermore è estremamente abile nel calibrare la moltiplicazione degli spazi visivi dello spettatore, che mai viene banalizzata. L’accurata regia di Livermore, sempre attento nella gestione degli spazi e degli attori, fra emozioni, virtuosismi, scene affollate (vedi il Café Momus) e intimiste (i duetti) ben si lega al maxi schermo e alle grandiose riproduzioni delle opere d’arte e che si animano in ogni dove restituendo vitalità e sorprendendo il pubblico, ma senza mai perdere di vista l’intensità narrativa e musicale. Uno “storyboard cinematografico” di grande impatto visivo ed emotivo. Un successo per il pubblico estivo romano.
Fabiana Raponi