Così fan tutte ossia la scuola degli amanti sugella la fine della storica e fiorente collaborazione tra Wolfgang Amadeus Mozart e Lorenzo Da Ponte con una trama di intrighi, tradimenti e di vacue scommesse, che avrebbe tratto ispirazione da un reale fatto di cronaca dell’alta società veneziana o viennese. Si parla di una storia, all’apparenza superficiale e senza la minima profondità drammaturgica, che è diventata per mano del compositore salisburghese e del suo librettista uno dei loro capolavori indiscussi; tale da subissare il successo ottenuto da Nozze di Figaro presso la corte dell’imperatore Giuseppe II (purtroppo morto poco dopo la quarta rappresentazione dell’opera). Portata in scena il 26 gennaio 1790, Così fan tutte di fatto rispetta e perpetua il desiderio di Mozart di narrare attraverso la sua partitura temi universali, facendo dei personaggi dei portavoce della precarietà dell’animo umano e della sua necessità di elevazione.
Per la messa in scena al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino Sven-Eric Bechtolf lascia che un enorme prassinoscopio domini il palcoscenico e scandisca il tempo della rappresentazione protraendo il gioco di ombre, che Don Alfonso ci presenta fin dall’Ouverture. Si tratta di una struttura funzionale, che si muove e cambia in relazione alle emozioni e alle azioni dei personaggi; e di cui non viene nascosto il processo di azione agli occhi del pubblico, così da sottolineare la natura meccanica e fittizia dell’intera vicenda.
La struttura lignea si armonizza perfettamente con i costumi di stampo sette-ottocentesco, ideati da Julian Crouch, che a tratti però fanno perdere di vivacità al tutto per l’insistente neutralità della componente cromatica; va pur detto che spicca per taglio e originalità l’abito pensato per il personaggio di Despina.
Thomas Hampson ci regala un Don Alfonso-burattinaio, spigliato per prontezza scenica ma con qualche défaillance vocale e linguistica: per quanto la consistenza del timbro sia un suo tratto caratterizzante, questa nei punti più ostici va a perdersi senza però compromettere la sua solidità attoriale. Al baritono americano si affiancano il Ferrando di Matthew Swensen dal timbro cristallino e tecnicamente fluido, che purtroppo fa fatica a imporsi e a correre per la sala, indebolendo anche performance ben riuscite come quella di Un’aura amorosa nel primo atto; e il Guglielmo di Mattia Olivieri, cui dobbiamo un’ottima resa del personaggio sia dal punto di vista scenico che vocale. Il baritono si distingue per colore, robustezza e corpo della voce, mantenutisi omogenei per tutta la durata della rappresentazione. Le rispettive spose sono state invece interpretate da Kate Lindsey, che convince e diverte con la sua Dorabella: si presenta con un timbro piacevole, ma non sempre armonioso, poiché indietro nei registri più gravi; e da Valentina Naforniţa che con una vocalità sicura, ben bilanciata ed elastica ci offre una Fiordiligi posata e definita nelle sue intenzioni e azioni. Ultima ma non meno importante, spicca tra i ruoli femminili la Despina di Benedetta Torre: il soprano genovese incanta per la versatilità del timbro che si presta benissimo anche ai più ardui passaggi di registro; allietando, quindi divertendo, il pubblico con le trasformazioni vocali ed estetiche del personaggio.
Ádám Fischer accompagna appassionatamente ed efficacemente l’intricata vicenda dei personaggi, rallentando però talvolta i tempi in modo eccessivo tanto da portare gli artisti a portamenti stilisticamente non necessari.
Nel complesso la rappresentazione è stata accolta positivamente dal pubblico, che si è lasciato andare a caldi e lunghi applausi.
L’articolo si riferisce allo spettacolo del 3 settembre 2021.
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Artisti
Maestro concertatore e direttore Ádám Fischer
Regia Sven-Eric Bechtolf
Scene Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard
Luci Alex Brok
Video Josh Higgason
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini