Ridiamo il benvenuto al Festival Intercity, un appuntamento irrinunciabile che arriva annualmente con la fine dell’estate per animare la notte teatrale fiorentina e del suo hinterland. La scelta degli spettacoli non delude mai, tante sono le sorprese e i prodotti interessanti, a volte molto belli ed anche poetici, altre volte sono spettacoli che con forza e prepotenza si presentano sul palcoscenico senza pudore, portando le produzioni e la drammaturgia più interessante e meno convenzionale da noi in Italia. Il Festival Intercity infatti è il prodotto di viaggi e incontri, in cui lavori drammaturgici di paesi stranieri si presentano nel nostro. Quest’anno, come l’anno passato, a causa delle problematiche contingenziali, viene dato spazio a produzioni italiane, e Dracula è proprio uno di questi.
Vengono toccate corde delicate e sensibili quando si parla di questo spettacolo, uno degli orfani di Barbara Nativi che 25 anni fa vide la luce e divenne pretesto ed esercizio per sviluppare un lavoro sull’improvvisazione attoriale che la regista, drammaturga e traduttrice, stava compiendo in quel periodo.
Lo spettacolo viene riproposto con la regia di Dimitri Milopulos e se pensiamo di assistere al racconto canonico di Bram Stocker siamo fuori strada. Musica, dialoghi, ideazioni scenografiche fanno di questo Dracula un qualcosa di originale e non convenzionale dove vengono posti al centro non tanto gli eventi quanto una riflessione sull’uomo e sulla sua natura: è possibile che un Dracula si annidi dentro ad ognuno di noi? O meglio, potremmo essere tutti un qualcosa di simile a Dracula?
Dracula è la parte dell’essere umano che non si mostra spesso e volentieri e non sempre perché si sia agito su una scelta tra bene e male, quanto perché accettare che esista una parte in noi oscura e nascosta ci intimorisce e ci sbarella. Per sua natura l’uomo è sia bene che male, questo è ovvio, ma lo spettacolo cerca di fare una riflessione più interessante, si interroga su quale parte sia davvero la giusta e quale la sbagliata, su cosa noi generalmente riteniamo essere il bene e in base a quali criteri. Questi criteri non sempre sono in realtà quelli giusti e quindi cosa avverrebbe se accettassimo di riconoscere, far vivere e far predominare la parte più oscura, quella che la società ci dice di essere la sbagliata? E se invece fosse proprio questa che ci appagasse e ci rendesse felici perché liberi?
Lo spettacolo è un viaggio all’interno di parametri nuovi e non convenzionali, di grande attrattiva le strategie registiche e scenografiche. La parte recitata è intervallata da monologhi cantati. Gli attori con energia ed ironia si muovono in una cornice surreale e circense, senza mai permettere alla bella tensione, quella che consente al pubblico di farsi rapire e portare in luoghi e tempi lontani, di calare o scemare.