Sudovest Produzioni, Indigo Film e Rai Cinema presentano EZIO BOSSO. LE COSE CHE RESTANO un film di GIORGIO VERDELLI, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e distribuito al cinema solo il 4, 5, 6 ottobre da Nexo Digital
in collaborazione con i media partner Radio DEEJAY, MYMovies.it e Rockol.it
SINOSSI
Ezio Bosso. Le cose che restano è il racconto di una grande storia umana. La carriera di Bosso è stata quanto di più atipico si possa immaginare, sia per le vicende personali che per quelle professionali. Bosso nel suo percorso artistico si è lanciato spesso in forme ibride di narrazione e musica e questo film, che parla di lui, ha un approccio analogamente poliedrico come poliedrica è stata la sua vita. Ezio Bosso è stato contrabbassista, pianista, arrangiatore, compositore, direttore d’orchestra e raffinato divulgatore. In tutte le anime musicali della sua intensissima esistenza c’è sempre stato l’amore per l’arte, vissuta come disciplina e ragione di vita.
Nel film il racconto è affidato allo stesso Bosso, attraverso un lavoro minuzioso di ricerca tra le tante interviste audio e video che ha rilasciato nel tempo. Il ritmo scorre fluido e spontaneo, proprio perché il docufilm è privo del solito narratore frontale: è il maestro stesso a svelarsi agli spettatori, a farci entrare nel suo mondo e nel suo immaginario, come in un diario. La narrazione è stratificata e crea un dialogo fra le varie età dell’artista in un continuo rimando fra immagine e sonoro.
Le parole di Bosso si alternano alla sua seconda voce, la musica: quella grandiosa delle rassegne internazionali e dei concerti e quella intima delle prove, dello studio, della ricerca stilistica. Quella che ha composto e quella che ha diretto, in particolare gli amati Beethoven e Schubert.
Dai colleghi musicisti del Conservatorio fino alla band degli Statuto e ai primi spettacoli teatrali, c’è nel film anche la Torino creativa degli anni Ottanta. Il documentario coglie qui l’occasione per tracciare un ritratto antropologico delle origini di Bosso, nato e cresciuto in un quartiere operaio composto quasi solo da immigrati: la sua famiglia era “la sola piemontese di tutto il caseggiato”.
Le testimonianze si intrecciano al racconto dello stesso Bosso, della famiglia e del repertorio sino ad arrivare ai successi al Regio di Torino, all’Arena di Verona con i Carmina Burana, alla Fenice di Venezia, a Piazza Maggiore a Bologna e alle prime colonne sonore registrate a New York come a Londra agli Abbey Road Studios. Gabriele Salvatores ricostruisce il loro sodalizio artistico spiegandoci le vicissitudini umane del musicista: poi ancora, Silvio Orlando, Paolo Fresu e tanti collaboratori, amici e addetti ai lavori contribuiscono a tracciare un mosaico puntuale e spesso inedito della sua figura.
Il docufilm contiene anche un brano inedito The Things That Remain, un ultimo messaggio di Bosso al suo pubblico e a tutti perché come lui stesso ha dichiarato: “Ognuno si racconterà la propria storia e io posso solo suggerire la mia”.
Portatore di un potente messaggio motivazionale nella sua vita e nella sua musica, ancora prima della malattia che non ha fatto che acuire il suo bisogno di raccontarsi agli altri, Ezio Bosso è stato e sarà sempre una fonte d’ispirazione per chiunque vi si avvicini, una “presenza, non un ricordo”, come intende lo stesso regista del film, Giorgio Verdelli.
NOTE DI REGIA
La scelta di raccontare l’incredibile vicenda professionale di un artista così originale e appassionato a solo un anno dalla sua scomparsa è motivata dalla volontà artistica di ritrovare nelle parole degli intervistati una presenza, non un ricordo. I testimoni della storia di Ezio Bosso, infatti, parlano liberamente, in maniera emotiva e mai didattica. Le loro interviste sono monologhi ripresi con rigore compositivo e movimenti di camera puliti, per accentuare il senso di intimità.
Il film è policentrico, costruito su un accumulo di suggestioni sonore e sul continuo duetto voce- musica, fra i pensieri di Bosso e le sue composizioni. Momenti intimi e di grande amicizia dialogano con gli eventi più importanti della sua carriera, come per esempio l’esibizione al 66o Festival di Sanremo o l’intervento alla Conferenza sul patrimonio culturale europeo. L’eccezionalità dell’artista risalta sia in pubblico che nei momenti quotidiani.
Per contestualizzare il mondo di Bosso, abbiamo realizzato gran parte delle interviste in luoghi che avevano un legame con la sua vita. Per esempio, la Cantina Bentivoglio di Bologna, il Palazzo Barolo di Torino, L’Hotel Locarno di Roma, il pub e il ristorante che frequentava a Londra, il Teatro Comunale di Bologna, il Regio di Torino, piazza Statuto a Torino, l’Arena di Verona, l’Auditorium Santa Cecilia di Roma.
L’immaginario contamina il quotidiano con l’aulico, alla maniera tipica di Bosso: un ragazzo di famiglia operaia diventato polistrumentista, capace di passare dalla direzione dei Carmina Burana all’arrangiamento di un brano rap come Cappotto di Legno insieme a Lucariello. Parafrasando Bosso, noi la musica classica ce la immaginiamo in smoking, ma non era così. Ecco, il film si pone l’obiettivo di raccontare con la stessa leggerezza momenti forti, che illustrano l’autoironica ed estenuante lotta di Bosso con la malattia.
Come inesauribile ed estenuante è stata la sua lotta con la musica, con quegli strumenti che a ogni performance si prefiggeva di dominare grazie alla sua immensa tempra fisica e alla sua tecnica straordinaria.
Nel tentativo di realizzare un ritratto il più possibile completo dell’artista che trascende l’uomo, senza dimenticare le sue origini e, appunto, la sua umanità, abbiamo scavato tra i racconti di famiglia, tra le foto, gli hard disk e l’immenso catalogo delle edizioni musicali delle sue opere, svelando anche una composizione inedita realizzata ma mai pubblicata. Di tutto questo, molto ci sarà nel film e molto non ci sarà, ma speriamo che quello che arriverà al pubblico sia autentico, come autentico e unico è stato Ezio Bosso.
Giorgio Verdelli