“Padre d’amore, padre di fango” è una storia che non viene raccontata ma piuttosto attraversata. Il rapporto tra una figlia non ancora adolescente e un padre “tossico”, sullo sfondo della corpulenta provincia italiana degli ’80.
Il luogo dove tutto accade è Schio, cittadina operaia in provincia di Vicenza. La piccola e industriosa città, che vede nascere e crescere grandi aziende tessili come la Lanerossi, negli anni ’80 viene letteralmente sommersa dall’eroina, assistendo con indifferenza e paura all’annichilimento della generazione venti-trentenne dell’epoca.
Il padre, a cui fa riferimento il titolo dello spettacolo, è uno di quei tanti giovani che dall’impegno politico e la lotta operaia passano all’abuso di una sostanza che fa piazza pulita di tutti gli affetti e di tutte le passioni. Una sostanza che vince sempre, che si impone prepotentemente e mina tutti i rapporti familiari.
La figlia è la giovanissima testimone di un cambio epocale, quello del 1989. In quello stesso anno, il padre decide di cambiare vita, entrando in una comunità terapeutica e il mondo attorno cambia drasticamente. Si delinea un mondo pre e un mondo post.
La scrittura, dallo stile quasi cinematografico, procede per frammenti, immagini della memoria, odori degli ambienti abitati, eventi storici e copre un arco di tempo che va dal 1979 al 1992.
La narrazione è scevra da giudizi e commenti e rispecchia il punto di vista della bambina, che lentamente, ma inesorabilmente, diventa consapevole di ciò che sta accadendo a suo padre. Attraverso l’occhio della webcam, gestita in tempo reale, il corpo, con i suoi segni e le sue cicatrici, diventa mappa di un percorso a ritroso nella memoria.
Lo schermo restituisce una visione altra sia sul corpo che sulla cartina geografica, presente in scena, sulla quale si muovono dinosauri e paperelle ingigantiti e fuori scala. A completare la mappatura della memoria, un albero genealogico e un’installazione olfattiva che restituisce gli odori delle case abitate dai protagonisti.
L’autrice è in scena con la giovane sorella, Giorgia Pietribiasi, cantautrice e musicista.
Inizio ore 21. La serate si svolgono nel rispetto delle norme anti-Covid, occorre presentare il Green Pass e un documento all’ingresso.
Sempre al Teatro Studio di Scandicci per Avamposti Festival, sabato 18 settembre andrà in scena il testo di Emanuele Aldrovandi “Farfalle”, altra produzione del Teatro delle Donne: una storia di famiglia fra Milano, Palermo e New York, con Bruna Rossi e Giorgia Senesi.
AVAMPOSTI TEATRO FESTIVAL – “A viva voce” è il titolo scelto dal Teatro delle Donne per l’edizione 2021 di Avamposti Teatro Festival, in programma fino a dicembre a Firenze, Scandicci e Sesto Fiorentino. “A viva voce” riflette ed invita a riflettere sull’attualità del mondo femminile e non solo. Pone l’accento sulla discriminazione e la violenza che le donne stanno subendo dall’inizio della pandemia, aggravando una situazione già drammatica, sulla precarietà del lavoro, identità di genere, rapporti generazionali e coniugali, migranti e accoglienza.
IL TEATRO DELLE DONNE – Centro Nazionale di Drammaturgia
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