Al Teatro della Limonaia ritorna un nuovo appuntamento di Intercity Festival e questa volta sono le parole di Sarah Kane ad accogliere il pubblico con quella che fu la sua ultima drammaturgia, 4:48 Psicosi. Un monologo straziante, un lascito che la scrittrice scrive poco prima di essere definitivamente sopraffatta dalla sua malattia, una sofferenza interiore che neanche le medicine sono riuscite a salvarla dal suo personale patibolo, dei lacci delle scarpe utilizzate come cappio.
Sarah muore nel 1999, ad appena 28 anni. Il testo 4:48 è molto particolare, una sfida interessantissima per un regista; infatti il testo è privo di qualsiasi indicazione di regia, è una sorta di monologo a più voci, come se varie pulsazioni nella testa umana si facessero avanti senza presentazioni scontrandosi e riunendosi tra di loro.
Dimitri Milopulos colloca in scena tre personaggi, tre attrici bravissime a creare tre voci ben distinte e allo stesso tempo in grado di ricreare una coralità indispensabile per il testo. Sia Valentina Banci che Teresa Fallai che Sonia Remorini sono Sarah Kane, ma allo stesso tempo nessuna delle tre lo sono, perché sono anche la malattia di Sarah Kane, il suo coraggio, il suo terrore, la sua depressione e il suo amore per la vita. Le tre attrici ricreano una Sarah dalle mille sfaccettature, la ragazza vestita anni Novanta, la donna adulta e infine colei che scandisce il tempo in un luogo del cervello in cui il tempo non c’è. Sullo sfondo un grande orologio che batte i secondi, quei battiti che durante la giornata i rumori dall’esterno ci impediscono di individuare, ma che nella sollecitazione del silenzio notturno diventano dei ticchettii insopportabili per la nostra insonnia.
La regia, attraverso la scenografia, i costumi e le indicazioni per le attrici, riesce a condurre lo spettatore in un mondo parallelo fatto di sogni o meglio di incubi ad occhi aperti, ma non nella camera della clinica nella quale Sarah era ricoverata, ma nella sua dimensione interiore e più nascosta. Lo spettacolo è ben costruito e ben recitato, le tre voci riescono in modo efficace a ricostruire quella sinfonia di strumenti diversi ma che armonizzati tra loro si ritrovano nello stesso di abbraccio.