“C’era una volta, non molto tempo fa, in una tetra città della Spagna, una fanciulla che veniva tenuta prigioniera dal suo misterioso tutore. La poverella era costantemente vigilata da persone e creature al servizio del perfido Bartolo. Egli si professava “Dottore”, ma da quel poco che era dato sapere, si trattava solo di uno scienziato dilettante. La sua mira principale, in realtà, era sposare l’ignara e ricca Rosina usando, senza rimorsi, ogni sorta di trucchi e sotterfugi.
Molte delle creature che popolavano il suo palazzo, non erano altro che esperimenti mal riusciti. Ambrogio ne rappresentava l’esempio più evidente. Se non ci fosse stata la durissima governante Berta a gestire la casa, la situazione sarebbe stata ingovernabile. Il con suo piglio inflessibile e sinistro riusciva a tenere a bada le balorde creature. Bartolo, aveva un subdolo collaboratore che con la scusa di insegnare musica alla sventurata fanciulla, tesseva trame oscure per favorire il suo datore di lavoro. I suoi suggerimenti erano inquietanti e intrisi di maldicenze. Questo non faceva che confermare quanto il suo mantello oscuro potesse intralciare il bene. Ma ognuno ha il suo prezzo ed anche Basilio non può che cedere al miglior offerente.
La nostra storia inizia a mezzanotte, in piazza, sotto il balcone di Rosina. In quella paurosa casa non si dorme e dietro le tende un occhio vigile osserva tutto. É l’ora delle streghe. Misteriose ombre, come pipistrelli si aggirano. Non è chiaro che cosa intendano fare né chi sia il loro padrone.
Acquattato nel buio c’è anche il principe azzurro della situazione, che in questo caso è solo un conte in cerca di emozioni e ufficialmente innamorato della bella reclusa. Mosso da paladini istinti egli s’ingegna, ma tutte le sue strategie sembrano inefficaci per entrare della magione di colei che ama. In questa notte che pare non terminare mai, un altro personaggio si aggira furtivo. È Figaro, un inquietante figuro che vaga nell’oscurità di Siviglia. Regge un sacco pieno di capelli ed ha un rasoio in mano. Avrà sinistre intenzioni?
No, in realtà non vi è niente di strano. É solo un barbiere che offre le sue prestazioni a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Si continua a cantare l’alba e l’aurora, ma sembra che queste non arriveranno tanto presto, anzi dovremo passare, prima, per un innaturale e rumoroso temporale.
Malgrado i sinistri presagi, gli eroi sfidano la sorte ed entrano nel funereo palazzo.
Le fiamme dal grande camino amplificano e allungano le ombre sopra le teste degli animali appese alle pareti. Una strana atmosfera, quasi stregata, li avvolge… per fortuna c’è quel fiore di Rosina….[…]”
Già questo inizio di sinossi può ricordare alcune atmosfere buie e sinistre delle favole scritte per educare le giovani ragazze che si affacciano alla vita, ma qui la situazione è differente, nessuno è veramente cattivo e spaventoso. E la ragazza in questione se la sa cavare benissimo.
Mettere in scena un nuovo allestimento del “Barbiere” è una sfida dove ci vuole coraggio e disinvoltura. L’opera passa per una delle più divertenti ed in effetti lo é. Ma l’umorismo può transitare attraverso molti linguaggi ed impostazioni.
Personalmente le situazioni che mi fanno più ridere non son necessariamente quelle più solari o colorate. L’umorismo nero è una cifra che sento molto vicina e trovo che si addica a questa situazione.
In questa messinscena non troveremo la Siviglia sabbiosa e assolata a cui siamo stati abituati, ma la favola, tinta di nero, di una fanciulla segregata in casa da un lascivo tutore.
Questo genere di linguaggio umoristico, ha una lunga e prestigiosa tradizione che parte dalla letteratura e, passando per il teatro, arriva all’arte cinematografica, che ne ha veicolato e sdoganato il vocabolario.
Ma stiamo tranquilli perché comunque finirà con “… e tutti vissero felici e contenti”
Note musicali a cura di Jacopo Rivani
La Renaissance rossiniana, condotta e animata da Alberto Zedda ha inizio nel lontano 1969 proprio da Il Barbiere di Siviglia il cui titolo originario è Almaviva, ossia l’inutil precauzione.
Sommersa di critiche alla prima rappresentazione, oggi Il Barbiere di Siviglia non è solo una tra le opere più rappresentate al mondo, ma anche una tra le più impervie per tecnica, stile e colore.
L’ouverture, in cui dominano i legni, alternati ai violini, è utilizzata dal compositore anche per le opere Elisabetta Regina d’Inghilterra e Aureliano in Palmira; è di forma bipartita e costituita da un’introduzione cantabile ed espressiva, che si contrappone all’allegro con brio, in cui l’elemento ritmico è dominante. L’opera conta cavatine di sortita e arie con protagonisti 6 degli 8 personaggi in locandina, pezzi concertati dal duetto al sestetto col coro, oltre al consueto temporale, tipico di tutte quelle situazioni in cui l’unico ‘aggravamento possibile’ sia la pioggia.
La scena, dal colore morbido che evoca l’alba di Siviglia, si scalda con ritmi che ricordano la musica spagnola, grazie anche all’utilizzo della chitarra e delle percussioni.
Sin dai primi episodi concertati, viene in luce lo stile compositivo che attribuisce ai solisti i caratteri vocali di ‘sillabato’ (i solisti velocemente cantano lunghe porzioni di testo) e di sticomitia (nei duetti, i personaggi intavolano un dialogo surreale dicendo una parola a testa). Proprio in questi episodi, il genio rossiniano mette in risalto l’orchestra che non interviene più come solo accompagnamento all’opera – com’era di prassi nel periodo precedente al cigno pesarese – ma si nobilita in una sorta di dialogo con il palcoscenico, dove la linea musicale dell’orchestra diventa il vero traino dell’azione e lo stile rossiniano si completa con ardite trovate orchestrali come i colpi d’arco ‘battuti’ e ‘ricochet’ e, ovviamente, l’inconfondibile crescendo rossiniano, tecnica che crea l’inimitabile effetto di pazzia organizzata, tipica delle parti conclusive dei vari numeri chiusi.
Rossini mette su carta un’alchimia tra ritmo e suoni perfetta e a tratti inspiegabile, attribuendo ai solisti impervie parti rese uniche ed energiche dalla pratica tipicamente rossiniana delle variazioni, parti che mettono in evidenza le abilità belcantistiche dei solisti, impegnati in coloriture e gorgheggi frutto di importantissima padronanza tecnica e da loro stesse, o da chi per loro, inventate, con lo scopo di rendere ogni recita d’opera nuova, inimitabile e personalizzata.
Proprio sul tema delle variazioni giunge a noi l’aneddoto raccontato dallo stesso Rossini che, complimentandosi con un cantante chiese: “Di chi è questa difficilissima aria?” – “Ma è sua, Maestro!”.
- venerdì 8 ottobre, ore 20.00
- domenica 10 ottobre, ore 15.30
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
melodramma buffo in due atti
libretto di Cesare Sterbini
musica di Gioachino Rossini
Personaggi/Interpreti
Matteo Roma (Il Conte d’Almaviva), Diego Savini (Don Bartolo), Chiara Tirotta (Rosina), Gianni Luca Giuga (Figaro), Alberto Comes (Don Basilio), Tiberia Monica Naghi (Berta), Pierpaolo Martella (Fiorello), Federico Pinna (Ambrogio), Pietro Miedico (ufficiale)
direttore Jacopo Rivani
regia, scene e costumi Ivan Stefanutti
luci Fiammetta Baldiserri
ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI
CORO OPERALOMBARDIA
direttore del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Coproduzione dei Teatri di OperaLombardia
Prezzi dei biglietti: platea/palchi € 60 – galleria € 40 – loggione € 22 – Biglietto studenti €15
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