Ora torna in scena nel calendario rossiniano d’autunno con la direzione di Diego Fasolis, la regia di Roberto Andò e un cast parzialmente rinnovato che accanto a Rosa Feola comprende Erwin Schrott, Giulio Mastrototaro, Antonino Siragusa e Alessio Arduini. Il titolo, scritto per la Scala nel 1814, mancava dall’allestimento Chailly/Cobelli del 1997.
Il turco in Italia, tredicesima opera di un ventiduenne Gioachino Rossini scritta per la Scala nel 1814, torna al Piermarini per cinque rappresentazioni dal 13 al 25 ottobre, a conclusione della programmazione rossiniana d’autunno aperta dalla ripresa dell’Italiana in Algeri nell’allestimento di Ponnelle diretta da Ottavio Dantone e proseguita con il grande successo del nuovo allestimento del Barbiere di Siviglia diretto da Riccardo Chailly con la regia di Leo Muscato.
Il nuovo allestimento del Turco con la direzione di Diego Fasolis, la regia di Roberto Andò ispirata a Italo Calvino, le scene di Gianni Carluccio e i fantasiosi costumi di Nanà Cecchi, era andato in scena il 22 febbraio 2020 mentre si diffondevano le notizie sul dilagare della pandemia. I teatri sarebbero stati chiusi a partire dal giorno seguente, pochi giorni dopo sarebbe arrivato il primo lockdown. Ora finalmente il pubblico potrà assistere allo spettacolo, applauditissimo alla prima con una vera ovazione per Rosa Feola, che alla Scala è già stata Ninetta nella Gazza ladra e Norina nel Don Pasquale con Riccardo Chailly e che nei prossimi mesi sarà tra l’altro Gilda al Metropolitan e Violetta a Napoli. Novità nel resto del cast: nella parte del turco Selim torna un cantante molto amato alla Scala, Erwin Schrott, già Pharaon nel Moïse et Pharaon rossiniano diretto da Riccardo Muti il 7 dicembre 2003 e poi Don Giovanni nel 2006 con Dudamel e nel 2010 con Langrée, Escamillo il 7 dicembre 2009 nella Carmen diretta da Barenboim con la regia di Emma Dante e infine Alidoro nella Cenerentola diretta da Dantone nel 2019. Geronio è ancora Giulio Mastrototaro, che aveva riscosso un grande successo nel 2020, mentre entrano in scena Antonino Siragusa come Narciso e Alessio Arduini nei panni del poeta Prosdocimo.
Il turco in Italia sarà eseguito nell’edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro a cura di Margaret Bent. Non sono previsti tagli se non in alcuni recitativi (peraltro non di pugno di Rossini), mentre saranno eseguite le arie di Narciso “Un vago sembiante” (n° 3bis) e di Geronio “Se ho da dirlo avrei molto piacere” (n° 11bis). L’aria di Fiorilla del secondo atto sarà eseguita con le variazioni originali di Rossini.
Il 13 ottobre l’opera sarà trasmessa da Rai Cultura su Rai 5 (a partire dalle 19.50) con la regia televisiva di Arnalda Canali.
Diego Fasolis è riconosciuto come uno degli interpreti di riferimento per la musica storicamente informata. Ha studiato a Zurigo, Parigi e Cremona. Iniziata la carriera negli anni ‘80 come concertista d’organo con centinaia di concerti e l’esecuzione regolare delle opere integrali di Bach, Buxtehude, Mozart, Mendelssohn, Franck e Liszt, ha proseguito l’attività come direttore d’orchestra. In tale veste è stato Direttore stabile dei complessi vocali e strumentali della Radiotelevisione svizzera e ha fondato “I Barocchisti”. Ha sviluppato numerosi progetti con Cecilia Bartoli. Nel 2011 Papa Benedetto XVI gli ha conferito un Dottorato honoris causa per la Musica Sacra. Per il suo impegno nella riscoperta del repertorio operistico ha ricevuto numerosi dischi d’oro e Grand Prix du Disque e un Echo Klassik. Alla Scala è stato protagonista del progetto di costituzione di un ensemble dedito alle esecuzioni storicamente informate iniziato con Il trionfo del Tempo e del Disinganno (2016) e proseguito con Tamerlano (2017) e La finta giardiniera (2018, anche in tournée in Cina) oltre che con il Concerto di Natale del 2018. Nel 2019 ha diretto Idomeneo alla Scala e ha inaugurato l’attività operistica del LAC di Lugano con Il barbiere di Siviglia. Tra le numerose esperienze rossiniane ricordiamo il concerto con Franco Fagioli al Mozarteum dedicato a Velluti, primo interprete di Aureliano in Palmira. Tra i prossimi impegni nei primi mesi del 2022 Lo sposo di tre e marito di nessuna di Cherubini a Firenze, Alcina di Händel a Losanna e La Griselda di Vivaldi a Venezia.
Roberto Andò ha attraversato il panorama della cultura italiana in molte vesti, strettamente interconnesse: iniziato alla scrittura da Leonardo Sciascia, si dedica al cinema facendo il giovane assistente di Francesco Rosi, Federico Fellini (E la nave va), Michael Cimino (Il siciliano) e Francis Ford Coppola (Il padrino parte III). Come regista teatrale debutta nel 1986 con la favola La foresta-radice-labirinto di Italo Calvino, con scene di Guttuso e musica di Francesco Pennisi, e matura collaborazioni con Harold Pinter e Moni Ovadia. Al cinema dopo i primi importanti documentari si impone nel 1999 con Il manoscritto del Principe, con Michel Bouquet e Jeanne Moreau, su Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Come romanziere vince il Premio Campiello nel 2012 con Il trono vuoto, mentre è appena uscito per La nave di Teseo Il bambino nascosto da cui Andò trarrà un film interpretato da Silvio Orlando. La sua attività come regista d’opera conta oltre una quindicina di titoli, incluso nel 2002 il rossiniano Tancredi al San Carlo di Napoli con le scene di Mimmo Paladino. Nella scorsa estate ha portato in scena Siberia di Giordano all’opera di Firenze.
Il turco in Italia, creazione e riscoperta alla Scala
Il 26 settembre 1812 Alessandro Rolla dirige alla Scala la prima de La pietra del paragone, debutto milanese del giovane Rossini che si era già messo in luce a Roma, Bologna, e soprattutto Venezia. L’esito è un trionfo di proporzioni clamorose, con 53 recite nella sola stagione di Carnevale. Gli ulteriori successi veneziani di Tancredi (Fenice) e L’italiana in Algeri (Teatro di San Benedetto) spingono l’impresario della Scala Benedetto Ricci a commissionare a Rossini altri due titoli, mentre il nuovo Teatro Re si assicura le riprese a Milano dei due titoli veneziani. Nascono così Aureliano in Palmira, che riceve fredda accoglienza nonostante la presenza del celebre castrato Velluti, e appunto Il turco in Italia, entrambi su libretto dell’ancor giovane Felice Romani. Per la nuova opera buffa Rossini e Romani riprendono – a volte quasi alla lettera – Il turco in Italia scritto nel 1789 da Caterino Mazzolà, inserendo una parte per tenore e aggiungendo la nuova scena delle maschere. La prima, il 14 agosto 1814, vede sul podio di nuovo Alessandro Rolla e in scena una sfilata di voci celebri: Filippo Galli come Selim, Luigi Pacini come Geronio, Giovanni David per cui era stata creata la parte di Narciso, Francesca Festa-Maffei come Fiorilla. L’opera ha esito anche meno felice dell’Aureliano. Pesa, racconta Stendhal, l’accusa di aver rifatto l’Italiana: negli anni, argomenta Bruno Cagli, anche la stupefacente fecondità di Rossini che avrebbe di lì a poco prodotto Il barbiere (1816) e La Cenerentola (1817) avrebbe contribuito a lasciare il Turco nell’ombra. Eppure l’opera, a dispetto del libretto a metà riciclato, segnava una svolta nel desiderio di affrancarsi dagli stereotipi dell’opera buffa e della Commedia dell’Arte. Lo dice a chiare lettere Prosdocimo: “han messo in scena / poeti d’ogni razza / sciocco marito, / ed una moglie pazza”. A livello di strutture musicali il tentativo di superare la genericità dei personaggi tradizionali si traduce nello sviluppo dei numeri d’assieme (“opera di ensemble”, la definì Philip Gossett), in cui l’azione prevale sull’espressione degli affetti. Dopo le 12 rappresentazioni del 1814 il Turco esce di scena: alla Scala e pressoché ovunque. A propiziarne la rinascita è Gianandrea Gavazzeni, che nel 1950 lo ripropone al Teatro Eliseo di Roma con Maria Callas: un gioioso trionfo che spinge il direttore a disporre una registrazione con i complessi del Teatro alla Scala nell’estate 1954 (con Rossi Lemeni, Gedda, Stabile) e una ripresa scenica nel marzo successivo, con regia, scene e costumi di Franco Zeffirelli. La Callas, idolatrata come tragedienne ma in genere poco apprezzata nella commedia, vi celebra il suo trionfo (insieme a una silhouette molto cambiata rispetto alle recite romane) a dispetto del sanguinoso taglio di “Squallida veste e bruna” che oggi ci pare scritta per lei. Accanto a lei Nicola Rossi Lemeni, Cesare Valletti e, nella parte del poeta, Mariano Stabile, il Falstaff di Toscanini. Altro trionfo, per gli interpreti tutti e soprattutto per Rossini e Romani, visti come alfieri di un teatro musicale moderno, spregiudicato, arguto e melanconico che precorre Pirandello. Lo spettacolo viene ripreso nel 1957 al Festival di Edimburgo e nel 1958 alla Piccola Scala con Eugenia Ratti come Fiorilla, Sesto Bruscantini come Selim e Luigi Alva come Narciso. Passano altri quarant’anni prima che il Turco torni alla Scala, questa volta nell’edizione critica curata da Margaret Bent per la Fondazione Rossini di Pesaro, grazie alla passione per il titolo di Riccardo Chailly. L’allestimento di Giancarlo Cobelli sottolinea l’aspetto di “fabula de structuris” ovvero la valenza metateatrale del testo, il cast schiera Mariella Devia come Fiorilla, Michele Pertusi come Selim, Alfonso Antoniozzi come Geronio e Paul Austin Kelly come Narciso. Le recite al Piermarini sono del marzo 1997; nel 1998 Decca pubblica una nuova incisione con i complessi scaligeri diretti da Chailly, protagonisti Cecilia Bartoli, Michele Pertusi, Alessandro Corbelli e Ramon Vargas, che include anche le arie 3bis e 11bis.
Oggi il nuovo allestimento di Roberto Andò promette di indagare l’unicità del Turco in Italia non dal punto di vista della metateatralità pirandelliana, peraltro già presente in Mazzolà e in numerose opere settecentesche, ma da quello dell’incolmabile iato tra fantasia, desiderio e realtà. Scrive Andò nelle sue note di regia: “Con la sua genialità, assecondando il libretto, Rossini afferma che in amore regna la fantasia, la legittima pulsione a fantasticare su quello che ci piacerebbe accadesse. Più che Pirandello, cui da sempre è accostata, Il turco in Italia sembra poeticamente molto vicina a Italo Calvino, all’autore di quel romanzo di romanzi che è Se una notte d’inverno un viaggiatore. Un capolavoro che riflettendo sulle molteplici possibilità offerte dalla fantasia, decretava l’impossibilità di giungere a una conoscenza effettiva della realtà. A Rossini e Romani non interessa il dilemma pirandelliano dell’essere e dell’apparire, ma la complementarietà tra la commedia che il poeta spera di scrivere e le cose che accadono”.
13, 18, 20, 22, 25 ottobre 2021 (ore 20)
IL TURCO IN ITALIA
Dramma buffo in due atti
Libretto di Felice Romani
Musica di GIOACHINO ROSSINI
(Edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro
in collaborazione con Casa Ricordi, Milano, a cura di M. Bent)
Direttore DIEGO FASOLIS
Regia ROBERTO ANDÒ
Scene e luci GIANNI CARLUCCIO
Costumi NANÀ CECCHI
Video LUCA SCARZELLA
Personaggi e interpreti
Selim Erwin Schrott
Donna Fiorilla Rosa Feola
Don Geronio Giulio Mastrototaro
Don Narciso Antonino Siragusa
Prosdocimo Alessio Arduini
Zaida Laura Verrecchia
Albazar Manuel Amati
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Maestro del Coro ALBERTO MALAZZI
Il 13 ottobre l’opera sarà trasmessa da Rai Cultura su Rai 5 (a partire dalle 19.50)
Prezzi: da 210 a 13 euro
Infotel 02 72 00 37 44