La drammaturgia di Francesca Macrì (che firma anche la regia) e Andrea Trapani non è un adattamento del romanzo di Nabokov e del film di Kubrick quanto una riscrittura, un’indagine su cosa sia rimasto di Lolita nel nostro immaginario nella visione post letteraria e post cinematografica.
È dunque un viaggio dentro il mito di Lolita che blocca in un fermo immagine la triangolazione pericolosa di una ragazzina troppo curiosa e di due uomini, per inoltrarsi nei territori proibiti del piacere e del desiderio, lungo i lastricati sentieri della pornografia, dove si fronteggiano pericolosamente l’immaginato e l’agito. Uno spettacolo che è mito e rito della nostalgia della giovinezza e della sua sconvolgente sessualità, la violazione di un’infanzia che fiorisce in una preadolescenza aggredita da un quasi padre e da un suo amico.
La rielaborazione di Biancofango, totalmente ambientata in un campo da tennis, isola alcuni momenti del testo nabokoviano e li fa attraversare da una serie di riferimenti teatrali che diventano lente di ingrandimento per far emergere altro: così, accanto a Lolita impersonata da Gaia Masciale, si ritrovano i personaggi di Humbert e Quilty – rispettivamente Francesco Villano e Andrea Trapani – ma sono assenti la figura della madre di lei e la sua morte, il giovane amante, i viaggi senza fine per i motel e la provincia americana, la fuga, il riscatto, la fine. Resta invece “l’espressione del piacere (…) desiderato e promesso soltanto in uno scambio di sguardi, nella foga ad ingozzarsi di leccornie dannose (…) e, soprattutto, nel lungo allenamento-amplesso, in cui le quattro fasi della battuta del tennis diventano l’espediente per dare suono al godimento e allo sforzo e alla disperazione”, e resta anche il dramma sospeso di Lolita e il suo patrigno, che mescola parimenti piacere e dolore.
C’è poi un tema parallelo al racconto: i due personaggi maschili vestono anche i panni di due attori e manifestano un costante riferimento ai maestri e ai drammaturghi che li hanno segnati e, in generale, all’ambiente teatrale con le sue idiosincrasie. In particolare “la presenza di Čechov (che Nabokov stimava molto) e un raffronto con Il gabbiano, suggerisce similitudini tra Nina e Lola o tra Humbert e Trigorin, in quell’equilibrio (formale, ancora più che tematico) che appartiene a entrambi gli autori, tra realtà e sogno, tra sprofondamento e elevazione, ancora una volta tra piacere e dolore”.
ABOUT LOLITA è il primo passo di un dittico: la seconda parte, il cui debutto è previsto nella stagione 2022/2023, si intitolerà NEVER YOUNG e sarà un affondo nei nostri tempi, un viaggio-inchiesta dentro una sezione della nostra società che troppo spesso si dimentica essere il futuro: la pre-adolescenza.
BIGLIETTI: 18 euro posto unico non numerato
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