Andato in scena all’Arena del Sole d Bologna
La scena è spoglia, quattro sedie poste in fondo al palcoscenico circondate da oggetti messi alla rinfusa per evocare un ambiente familiare dove regna il caos e il disordine. Questo spazio vuoto e angusto è riempito con il lirismo di uno spettacolo che incolla alla sedia e fa sussultare il cuore e lo stomaco. Storie di vita, storie crude da narrare nella loro schiettezza che non possono essere edulcorate ma vanno vissute così, nella loro ferocia e verità, come da sempre ci ha abituati a fare il teatro di Emma Dante, voce di chi troppo spesso voce non ha. E lo fa con “Misericordia”, parola che dà il titolo allo spettacolo, perché non basta la compassione, ma è necessario qualcosa che spinga ad agire per alleviare l’infelicità altrui, un sentimento di pietà che muove a soccorrere e a perdonare.
E così su quelle sedie prende forma, grazie a quattro attori eccezionali, la storia di tre donne Nuzza (Manuela Lo Sicco), Anna (Leonarda Saffi) e Bettina (Italia Carroccio) e di Arturo (Simone Zambelli), un ragazzo disabile nato settimino da una mamma prostituta, morta dopo il parto, e un papà falegname, violento e collerico, chiamato da tutti Geppetto. La scena inizia con le donne che sferruzzano la maglia e bisbigliano in dialetto serrato cose all’orecchio. Lo spettatore è quasi un intruso di fronte all’intimità della scena, le donne litigano, spettegolano e parlottano tra di loro mentre Arturo, che nella sua disabilità mette in scena una grazia e un lirismo magnetici, come lo spettatore è estraniato dai loro discorsi.
Piano piano le donne si aprono pur rimanendo in una dimensione intima che induce chi osserva a sentirsi un po’ a disagio di fronte a quelle confessioni, quasi come si stesse origliando cose che non si dovrebbero ascoltare. In un tourbillon di parole e di espressioni fisiche si entra nella storia e ci si sente colpiti e schiaffeggiati dalla stessa. Veniamo dapprima a conoscenza, attraverso una narrazione incalzante, del tragico destino di Arturo, figlio di Lucia la zoppa morta di botte per mano del padre che, con calci piazzati sulla pancia prima di metterlo al mondo, è stato artefice della sua venuta al mondo prematura e della sua disabilità. Alle tre donne, testimoni dello scempio, non rimane che prendersi cura della vita frutto di tanto dolore e del ragazzo destinato a rimanere imprigionato in un bambino, in una sorta di capovolgimento della fiaba di Pinocchio.
Il lirismo non si ferma all’uso della parola. Il corpo di questi quattro attori, in ogni fibra, riverbera un messaggio crudo e poetico. Lo fa in primis Arturo che difetta nel linguaggio, ma mette in scena una fisicità rocambolesca ed elegiaca. Commoventi le partiture fisiche, come il momento della vestizione o la sua danza circolare che tutto ingloba ma nulla afferra. In contrasto a essa si pone la fisicità carnale delle tre donne, messa in risalto in diversi momenti e culminante quando si spogliano dei loro abiti diurni per raccontarci un altro aspetto della loro vita: la prostituzione. In un crescendo di voyerismo lo spettatore si trova a osservare, in una sorta di danza tribale, sexy e accattivante lo spogliarsi dei panni dimessi da brava donna siciliana per indossare intimo sexy e giochi erotici per vivere.
Ancora una volta Emma Dante riesce, con uno spettacolo sublime, a raccontare temi scomodi, come la violenza sulle donne, la disabilità, la prostituzione con Misericordia mettendo in scena un teatro che è ricerca e denuncia di temi sociali importanti ma facendolo sempre con grande poesia.
Amelia Di Pietro