Se L’Orfeo di Claudio Monteverdi è “un punto di riferimento per chi continua a credere nel valore culturale e spirituale di questo genere musicale”, come lo descrive Pier Luigi Pizzi, non poteva non essere parte del percorso della Stagione d’Opera 2021/22 del Teatro Alighieri – ritornare alle radici, insomma, per rinnovare l’incanto di quel patrimonio insostituibile e prezioso che è il melodramma in Italia. Sabato 6 alle 20.30 e domenica 7 novembre alle 15.30, in questa nuova coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara il mito universale del cantore sulle tracce della propria amata è affidato alla sapienza registica di Pizzi – che ne firma anche scene e costumi – e alla raffinatezza musicale di Accademia Bizantina guidata da Ottavio Dantone, recentemente votata come seconda migliore orchestra al mondo ai Gramophone Awards. Su un palcoscenico allargato dove l’orchestra condivide lo spazio con i cantanti e il Coro Cremona Antiqua, preparato da Antonio Greco, e quindi la musica è sempre e letteralmente protagonista sulla scena, gioia e dolore sono contigui: l’oltretomba è una voragine a un solo passo di distanza, un precipizio pronto a inghiottire il “perduto bene” di Orfeo (ruolo affidato al tenore Giovanni Sala), per individuazione psicologica il primo vero protagonista nella storia del teatro musicale moderno. Le coreografie sono di Gino Potente, mentre Massimo Gasparon è lighting designer e regista collaboratore. La prima di sabato 6 novembre sarà in diretta su operastreaming.com, il portale dell’opera che porta nel mondo le produzioni dei teatri dell’Emilia Romagna.
Se il libretto e la partitura dell’Orfeo rispettano pienamente i criteri di simmetria e proporzione della cultura rinascimentale, vi si muovono “correnti di affetti intensissime – nota Pier Luigi Pizzi – basta pensare al ruolo della messaggera che annuncia la morte di Euridice: il suo intervento porta con sé una passione così forte, una tensione così drammatica da trasformare in modo radicale il clima espressivo dell’intera opera. Da quel momento L’Orfeo diventa un dramma, si immerge in un clima di dolore più forte di qualsiasi gioia. Comprendiamo facilmente che la felicità dura un istante, che è effimera e caduca. Quel che sembrava marmo si rivela fragile argilla destinata a sbriciolarsi in un attimo”. Dopo tutto, come ricorda Ottavio Dantone, “Monteverdi è un maestro insuperabile nella pratica degli affetti. La sua capacità di usare i codici retorici è impressionante, come Bach sapeva utilizzare alla perfezione le risorse del contrappunto e della fuga. Ma Monteverdi è capace anche di infrangere le regole della retorica e della poetica quando vuole ottenere risultati emotivi più intensi”.
Come L’isola disabitata di Haydn che ha aperto la Stagione, anche L’Orfeo fu concepito per la rappresentazione di corte, in questo caso quella dei Gonzaga: composta su libretto del conte Alessandro Striggio, l’opera debuttò nel 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova, dopo l’anteprima presso l’Accademia degli Invaghiti. E se è vero che già da alcuni anni a Firenze si sperimentavano forme di teatro cantato e non si deve escludere che l’iniziativa mantovana, promossa dal principe ereditario Francesco, avesse come proposito proprio l’emulazione della corte medicea, è altrettanto vero che il capolavoro di Monteverdi è la prima espressione compiuta del melodramma. A ben vedere, nell’Euridice di Peri (1600) è la figura della Tragedia a presentare l’azione, mentre ne L’Orfeo il ruolo è affidato alla Musica: scelta che sembra riflettere la concezione monteverdiana di favola in musica, là dove la musica non illustra l’azione o si limita a sostenere un testo, ma diventa essa stessa materia drammatica.
Tra i due finali originali – quello tragico che si conclude con l’uccisione di Orfeo da parte della Baccanti e corrisponde probabilmente alla prima dell’opera nella Sala degli Specchi di Palazzo Ducale e quello lieto dove Orfeo è salvato da Apollo e forse eseguito una settimana più tardi nel Teatro del Palazzo di Corte – regista e direttore hanno concordato una terza via, un finale aperto. “È più giusto, attuale e comprensibile – continua Pizzi – vedere il cantore degli dei chiuso nella propria solitudine, nei propri dubbi e tormenti. È una soluzione che il pubblico di oggi può condividere. La prospettiva del finale aperto è più vicina al nostro tempo e in fondo non siamo più tanto disposti a dar credito all’intervento di un deus ex machina…”. Aggiunge Dantone: “Il Novecento è abituato alla prassi all’opera aperta. E se molti pensano che essere filologici consista nel replicare, nel produrre la fotocopia di ciò che si faceva un tempo, nella mia visione delle cose ciò che conta è recuperare e mantenere un linguaggio capace di trasmettere gli stessi identici affetti che si vivevano al tempo, quelli che noi oggi chiamiamo sentimenti”.
Veste i panni del mitico cantore Giovanni Sala, che a Ravenna si è esibito già in svariate occasioni – la più recente è il progetto Le vie dell’Amicizia Ravenna-Erevan con la direzione di Riccardo Muti. Dopo l’introduzione della Musica (Vittoria Magnarello), i pastori si raccolgono attorno a Orfeo e Euridice (Eleonora Pace), che celebrano le proprie nozze. L’atmosfera gioiosa è infranta dall’arrivo di una messaggera (Alice Grassi) che annuncia la morte di Euridice, morsa da un serpente. Orfeo decide di scendere nell’oltretomba per riportare la sposa alla vita: accompagnato dalla Speranza (Margherita Maria Sala), si imbatte in Caronte (Mirco Palazzi) che deve addormentare con il suono della propria lira per poter attraversare il fiume infernale. Proserpina (Daniela Pini) e Plutone (Davide Giangregorio) concedono al cantore di ricongiungersi alla sua amata, stabilendo però che non dovrà mai guardarla prima di aver lasciato l’Averno. Roso dal dubbio che Euridice non lo stia seguendo, Orfeo infrange la clausola e così la perde per sempre.
La Stagione 2021/22 del Teatro Alighieri è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia Romagna e del Ministero della Cultura, con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
Informazioni e biglietti www.teatroalighieri.org
Biglietti da 20 (15 ridotto) a 40 Euro (35 ridotto)
Riduzioni: abbonati stagione 2019/20 e over 65
Speciale giovani: under 18 5 Euro
Sottotitoli e trama del libretto sono disponibili in diretta su smartphone e tablet con l’app gratuita Lyri