Il disagio esistenziale di un uomo dall’animo retto di fronte al dilagare, nella società odierna, della inumanità, della brama di denaro e di potere, del materialismo, e così via. È questo il tema centrale dell’opera di Tommaso Tommasi, dal titolo “Ripamaro”. Ma che significa questo titolo? In questa parola, da lui ideata, il poeta ha voluto esprimere il senso di amaro avvertito sin dall’adolescenza quando si trovava nel suo paese natale, Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, e che non l’abbandonò più inculcando in lui insicurezza e smarrimento. Più volte Tommaso Tommasi confida che in questa società non ci si ritrova: «Questo mondo non può essere il mio». Lo sente estraneo e ostile, ne percepisce la inumanità che raggela e fa rabbrividire. Nessun contatto, nessun avvicinamento può esserci perché la gente oggi è chiusa nel suo egoismo e nel suo individualismo, protesa solo al raggiungimento dei suoi obiettivi, sopprimendo anche chi la ostacola, a dispetto di ogni forma di giustizia. «Il materialismo… ha / una forma allucinante», «L’indifferenza galoppa… La corruzione…/ poteri apparenti dove si / ascoltano rumori di guerra». «Le mani armate di mitra / chiudono lo spirito». L’avidità porta alla violenza e alla guerra. Uno scenario squallido e sconfortante. Pessimista l’autore? Realista di sicuro.
Sorprendentemente la copertina del libro ritrae cielo e mare con colori tenui e delicati, un mare calmo, lievemente increspato, immagine che infonde serenità. Sembra in contrasto con quanto detto prima. Una stonatura. E invece no. La serenità è l’aspirazione più profonda del poeta, ed è a lui quasi connaturata. Egli è uno spirito sereno ma che tutto ciò che lo circonda, il mondo con le sue brutture, ha reso insicuro e smarrito. Serenità e insicurezza sono dunque i due poli tra i quali oscilla la vita e di conseguenza la poesia di Tommaso Tommasi. L’insicurezza gli proviene dall’esterno, dagli altri, la serenità invece è lo stato d’animo suo proprio e che egli, nonostante tutto, desidera mantenere e non lasciarsi sfuggire. Metafora della serenità è per lui il mare: «…riflette il chiarore dell’amore… vissuto sul mare calmo dell’estate… Nel mare dipinto d’artista, si libera alto un cielo azzurro. Con i piedi immersi nell’acqua del mare nasce un nuovo figlio». Da una visione buia degli uomini e delle cose si salva solo la natura: «…una natura che grazie alla sua lentezza sopravvive… Con la loro corsa gli uomini hanno fretta di distruggere in pochi anni quello che è durato un tempo illimitato. E l’uomo distrugge sé stesso, mentre la natura sopravvive e durerà sempre». L’uomo si può sterminare da sé ma la natura non si potrà mai cancellare. Ci sarà sempre.
L’idea della natura lo riporta all’infanzia, alla campagna con la casa paterna. E rimpiange quel periodo in cui non aveva ancora avvertito il senso dell’amaro e si sentiva l’animo libero, senza ombre. «La libertà è bambina. / Libertà è svegliarsi col sole / e correre nei prati… senza la macchia dell’insicurezza». Riaffiorano i ricordi: «.. torno nella mia vecchia casa /… le vecchie cose amate… / Rivedo il grande focolare riscaldare le sere d’inverno». «Andare nei campi è respirare la natura /… ritrovando il silenzio che la città ha perduto».
Il desiderio di sicurezza e di pace lo riporta pure al ricordo della persona amata scomparsa. «Possano le mie parole raggiungere il tuo silenzio. Ma se il silenzio è di Dio, tu sei ora là dove tutti sogniamo di arrivare. Hai raggiunto il tuo sogno prima che il mondo ti si mostrasse con altre amarezze. Non avrai più paura di stare tra gli uomini che hanno eretto a loro simbolo perenne la forza dell’odio… La tua forza invece era amore, debole tra i deboli, piccola tra i piccoli, ma forte nell’orgoglio di fare la volontà suprema. Il tuo spirito è entrato in me… È come un miracolo… qualcosa di anomalo ma bello… Nemmeno nell’innamoramento agisce tanto caldo sentimento».
Così siamo alla soglia del cielo. «Nel silenzio / il pensiero vola / lontano. Sempre rimbalza / sulle onde del mare, che sembra immobile ed è eterno».
Infine, in questa vita che è «piacevole tormento» l’anelito ad un mondo rinnovato: «Voglia di andarsene, di fuggire lontano, verso nuovi volti e nuove parole, in case dove il mondo non si è fermato ma ritorna nuovo giorno dopo giorno»
Maria Elena Mignosi Picone