dal 2 al 3 novembre ore 21
GOD’S NEW FROCK
di Jo Clifford
diretto e interpretato da Massimo Di Michele
costumi Alessandro Lai, luci Emanuele Lepore
immagini di scena Cristina Gardumi
scrittura gestuale Dario La Ferla
assistente alla regia Daniel Pistoni
foto Gian Marco Funari
traduzione Lorenzo Stefano Borgotallo
produzione Smart lab teatro
Trend, God’s new frock di Jo Clifford
“Buonasera.
Buonasera signore, buonasera signori. Buonasera uomini, buonasera donne,
Buonasera a coloro che non sono né signore né signori,
Né uomini, né donne
ma che come me sono forse qualcosa nel mezzo o qualcosa con un pizzico di entrambi…”
Da dove nascono le nostre convinzioni più ferme? Da dove provengono le verità su cui si basa la nostra società? Chi ci insegna cosa è giusto e cosa è sbagliato? La risposta deve essere almeno complessa quanto la domanda. Magari si potrebbe circoscrivere la questione e soffermarsi su una domanda ancora più specifica: perché la Storia, la Società ci insegnano ad essere inequivocabilmente uomini oppure donne? Chi ha mai stabilito così nette distinzioni tra i sessi e cosa di più appropriato si applichi a ciascuno di essi? È questo il punto di partenza del monologo “La nuova tonaca di Dio”, di Jo Clifford che con caustica ironia re-intreccia per i lettori l’atavica trama della storia più antica del mondo: la nascita del creato. Ma quella di Clifford non è esattamente la Genesi che ci è stata raccontata tra gli incensi di una messa. È piuttosto la percezione confusa e surreale che Clifford da bambino ha del racconto biblico. È il perplesso racconto di un Dio che, puntino solo e annoiato perso nel nulla cosmico, crea il mondo con fare da principiante, modellando un uomo dal fango, come fosse un piattino o una tazzina, e poi creando Eva, per alleviare la solitudine di Adamo. Che stabilisce, una volta cacciati i due dal giardino dell’Eden, che l’uomo dovrà lavorare la terra col sudore della fronte e la donna dovrà partorire con dolore. È la storia di come Dio voglia che l’essere umano sia maschio o femmina e che tutto quello nel mezzo, invece, non esista. E che buffo, agli occhi di un bambino, sentire questa stessa storia che insegna agli uomini a fare gli uomini e alle donne a fare le donne pronunciata da un prete in tonaca lunga, che sembra proprio una lunga sottoveste. Ma questa storia, in fin dei conti, non è tanto buffa. Perché proprio da essa discende quel senso di inadeguatezza che si prova quando la percezione che si ha di sé non corrisponde alla nitida dicotomia di genere che la Bibbia racconta. Il sentirsi sbagliati nell’avere un corpo da uomo adolescente e sognare di poter indossare un vestitino giallo con spensieratezza. A ben guardare, poi, questa dicotomia non è poi neanche così perfetta. È una bilancia che pende per lo più verso il piatto dell’uomo. La donna viene dopo, creata per ripiego, perché Adamo si sentiva solo. Agli occhi inesperti di un bambino, le immagini della nascita del creato si affastellano surreali, grosse bugie ripetute fino a diventare la gabbia di verità costruite in cui cresce come un prigioniero. Il monologo di Clifford è la liberatoria narrazione della messa a fuoco che ribalta la prospettiva, squarcia il velo di illusione e menzogna intessuto nel
racconto biblico e intenta un processo a Dio per le colpe di odio e dolore che la sua dottrina ha creato tra i “diversi”.
La narrazione segue un climax ascendente che culmina nella iconoclastica accusa a Dio. A ben guadare, la condanna sembra rivolgersi non tanto a Dio nella sua natura spirituale, ma alla visione di Dio che le religioni hanno ideato, alla natura secolare delle sue chiese che lo interpretano alla luce di logiche terrene e parziali. Le “tonache” di Dio che scambiano i propri pensieri per la voce del Signore.
Il testo, si chiude con una benedizione che non è tanto la fine di un percorso ma un richiamo al principio, prima che fosse corrotto dalle religioni storiche. Se esiste un peccato originale, esiste ancor prima una benedizione originale che è lo spirito puro del Divino, dell’Essere. Ma quanto questo divino è frutto dell’uomo stesso? L’opera di creazione in cui l’uomo è co-protagonista non è mai finita ma continua ogni giorno.
Massimo Di Michele
Jo Clifford
Scrittrice, artista, poeta e insegnante con sede a Edimburgo. È autrice di circa 80 opere teatrali, molte delle quali sono state tradotte in varie lingue e rappresentate in tutto il mondo. Il suo passaggio da John a Jo le ha permesso di diventare un’attrice e performer. Recentemente ha eseguito il suo Gospel According to Jesus Queen of Heaven a San Paolo poco prima del lockdown. La sua traduzione di Life is a Dream doveva essere ripresa dal Lyceum a maggio; la traduzione finlandese del suo Wuthering Heights è andata in scena a Helsinki; e la sua Light in the Village (in una traduzione in urdu) doveva debuttare a Karachi a luglio. Attualmente sta lavorando a un pezzo danzato/parlato con la ballerina Skye Reynolds; e a The Not So Ugly Duckling con l’attrice e scrittrice Maria MacDonell.