Maurizio Costanzo torna dopo dieci anni a scrivere di teatro, volgendo uno sguardo sarcastico e scanzonato su un tema perennemente attuale quale è il tradimento.
Col mutare dei tempi sono cambiate le modalità di questa ancestrale tendenza alla trasgressione, di cui l’autore ci offre squarci evocativi ed ammiccanti.
“Nel 1973, o giù di lì, insieme a Marcello Marchesi, per la regìa di Garinei e Giovannini, scrissi ‘Cielo Mio marito!’, l’antica storia del tradimento. A distanza di 47 anni ho cercato di fotografare la situazione attuale. Mi sono reso conto che gli armadi a muro non servono più perché apparentemente gli amanti sono finiti. Ma poi, ho anche pensato che ci sono dei nuovi armadi a muro: i cellulari. Se vi riesce: buon divertimento!” annota l’autore.
Oggi non è più infatti l’armadio a proteggere la coppia fedifraga perché il tradimento si perpetra via etere, ed è lo smartphone a custodire segreti inconfessabili.
Pino Strabioli entra in scena con la nonchalance di chi sta per intrattenere degli amici, interagendo col pubblico con battute e sottili ammiccamenti che provocano gli estemporanei interventi della platea da cui attinge, in modo apparentemente casuale, volontari da invitare sul palcoscenico. Sembra di assistere a una recita a soggetto che si sviluppa in modo informale. Strabioli definisce trasversale alla pochade, al cabaret e al grand guignol la sua conversazione mostrando di divertirsi molto a indagare i cedimenti umani fuori dalle regole codificate, fornendo percentuali di diffusione del fenomeno e proponendo situazioni col supporto del polimorfo assistente Alberto Melone che prende parte alle apparenti improvvisazioni degli pseudo spettatori trasformatisi in attori.
Ecco così una sequenza di sketch in cui il tradimento emerge con tutta l’atavica inventiva di cui è capace l’essere umano, consolidata e codificata dalla storia e dalla letteratura.
L’integerrima insegnante di lettere che cede ai sensi o la nobildonna che spasima d’amore per il giovane garibaldino come la descrive Matilde Serao, e vari episodi descritti da Boccaccio nel Decamerone ci ricordano come si tradiva un tempo.
Le posizioni del kamasutra proiettate sul fondale costituiscono un suggerimento sempre attuale, ma in epoca fascista satiricamente assurgevano a prestazioni ginniche da effettuare con la rigida postura che il regime imponeva, a braccia e gambe tese.
Si sfocia nel grottesco nell’episodio di una pelliccia contesa tra moglie e amante, stavolta sì davvero nascosta nell’armadio e ritenuta un manichino dalla legittima consorte che le sfila il pregiato capo.
Ancora una volta Costanzo esprime la sua cifra stilistica di attenzione a fenomeni di costume che attraversano tempi e culture, di fine osservatore dei fenomeni sociali e caustico narratore.
Trasformisti gli attori Sveva Tedeschi, Veronica Rega, Luca Ferrini, Alberto Melone e David Nenci.
La regia di Strabioli volteggia da un episodio all’altro con ironica levità e malizioso garbo, maneggiando con disincanto e complicità con il pubblico il tema potenzialmente pruriginoso. “Una conferenza, un convegno, una prolusione sull’adulterio di ieri e di oggi. Il tradimento nella sua storia. Una giostra teatrale su una delle istituzioni del mondo occidentale: le corna! Maurizio Costanzo mi ha consegnato un copione stracolmo di situazioni e parole, riferimenti e allusioni. Dall’intramontabile grido “Cielo mio marito” alle tentazioni virtuali. Gli amanti escono dagli armadi per finire nei computer. Per chi fa questo mestiere Maurizio Costanzo è un vero punto di riferimento; spero di non tradire le sue aspettative” scrive Strabioli nelle note di regia.