L’Orfeo di Claudio Monteverdi è “un punto di riferimento per chi continua a credere nel valore culturale e spirituale di questo genere musicale”, come lo descrive Pier Luigi Pizzi. L’opera – che rinnova l’incanto di quel patrimonio insostituibile e prezioso che è il melodramma in Italia – sarà la prima in cartellone della Stagione d’Opera del Teatro Comunale di Ferrara, in programma sabato 22 (alle ore 20) e domenica 23 gennaio alle ore 16 al Teatro Abbado, dopo aver debuttato a Ravenna in novembre.
Il mito universale del cantore sulle tracce della propria amata è affidato alla sapienza registica di Pier Luigi Pizzi – che ne firma anche scene e costumi – e alla raffinatezza musicale di Accademia Bizantina guidata da Ottavio Dantone, votata come seconda migliore orchestra al mondo ai Gramophone Awards nel 2021.
Giovedì 20 gennaio alle ore 17 al Ridotto del Teatro Comunale torna anche l’appuntamento con Prima della Prima, ciclo di incontri gratuiti di presentazione dell’opera in cartellone. L’evento sarà a cura di Massimo Marino, critico teatrale, studioso, giornalista del Corriere di Bologna. Presenti il regista Pier Luigi Pizzi e il direttore d’orchestra Ottavio Dantone. Introduce Marcello Corvino, direttore artistico della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.
Su un palcoscenico allargato, dove l’orchestra condivide lo spazio con i cantanti e il Coro Cremona Antiqua, preparato da Antonio Greco, la musica è sempre presente e letteralmente protagonista sulla scena. Gioia e dolore sono contigui: l’oltretomba è una voragine a un solo passo di distanza, un precipizio pronto a inghiottire il “perduto bene” di Orfeo (ruolo affidato al tenore Giovanni Sala), per individuazione psicologica il primo vero protagonista nella storia del teatro musicale moderno. Le coreografie sono di Gino Potente, mentre Massimo Gasparon è lighting designer e regista collaboratore. L’Orfeo è una nuova coproduzione della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara e del Teatro Alighieri di Ravenna.
Se il libretto e la partitura dell’Orfeo rispettano pienamente i criteri di simmetria e proporzione della cultura rinascimentale, vi si muovono “correnti di affetti intensissime – nota Pier Luigi Pizzi – basta pensare al ruolo della messaggera che annuncia la morte di Euridice: il suo intervento porta con sé una passione così forte, una tensione così drammatica da trasformare in modo radicale il clima espressivo dell’intera opera. Da quel momento L’Orfeo diventa un dramma, si immerge in un clima di dolore più forte di qualsiasi gioia. Comprendiamo facilmente che la felicità dura un istante, che è effimera e caduca. Quel che sembrava marmo si rivela fragile argilla destinata a sbriciolarsi in un attimo”.
Dopo tutto, come ricorda Ottavio Dantone, “Monteverdi è un maestro insuperabile nella pratica degli affetti. La sua capacità di usare i codici retorici è impressionante, come Bach sapeva utilizzare alla perfezione le risorse del contrappunto e della fuga. Ma Monteverdi è capace anche di infrangere le regole della retorica e della poetica quando vuole ottenere risultati emotivi più intensi”.
L’Orfeo fu concepito per la rappresentazione di corte, in questo caso quella dei Gonzaga: composta su libretto del conte Alessandro Striggio, l’opera debuttò nel 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova, dopo l’anteprima presso l’Accademia degli Invaghiti. E se è vero che già da alcuni anni a Firenze si sperimentavano forme di teatro cantato e non si deve escludere che l’iniziativa mantovana, promossa dal principe ereditario Francesco, avesse come proposito proprio l’emulazione della corte medicea, è altrettanto vero che il capolavoro di Monteverdi è la prima espressione compiuta del melodramma.
Se nell’Euridice di Jacopo Peri (1600) è la figura della Tragedia a presentare l’azione, ne L’Orfeo il ruolo è affidato alla Musica: scelta che sembra riflettere la concezione monteverdiana di favola in musica, là dove la musica non illustra l’azione o si limita a sostenere un testo, ma diventa essa stessa materia drammatica.
Tra i due finali originali – quello tragico che si conclude con l’uccisione di Orfeo da parte delle Baccanti e corrisponde probabilmente alla prima dell’opera nella Sala degli Specchi di Palazzo Ducale e quello lieto dove Orfeo è salvato da Apollo e forse eseguito una settimana più tardi nel Teatro del Palazzo di Corte – regista e direttore hanno concordato una terza via, un finale aperto. “È più giusto, attuale e comprensibile – continua Pizzi – vedere il cantore degli dei chiuso nella propria solitudine, nei propri dubbi e tormenti. È una soluzione che il pubblico di oggi può condividere. La prospettiva del finale aperto è più vicina al nostro tempo e in fondo non siamo più tanto disposti a dar credito all’intervento di un deus ex machina…”. Aggiunge Dantone: “Il Novecento è abituato alla prassi all’opera aperta. E se molti pensano che essere filologici consista nel replicare, nel produrre la fotocopia di ciò che si faceva un tempo, nella mia visione delle cose ciò che conta è recuperare e mantenere un linguaggio capace di trasmettere gli stessi identici affetti che si vivevano al tempo, quelli che noi oggi chiamiamo sentimenti”.
Dopo l’introduzione della Musica (Vittoria Magnarello), i pastori si raccolgono attorno al cantore Orfeo (Giovanni Sala) e Euridice (Eleonora Pace), che celebrano le proprie nozze. L’atmosfera gioiosa è infranta dall’arrivo di una messaggera (Margherita Maria Sala) che annuncia la morte di Euridice, morsa da un serpente. Orfeo decide di scendere nell’oltretomba per riportare la sposa alla vita: accompagnato dalla Speranza (Maria Luisa Zaltron), si imbatte in Caronte (Mirco Palazzi) che deve addormentare con il suono della propria lira per poter attraversare il fiume infernale. Proserpina (Delphine Galou) e Plutone (Federico Sacchi) concedono al cantore di ricongiungersi alla sua amata, stabilendo però che non dovrà mai guardarla prima di aver lasciato l’Averno. Roso dal dubbio che Euridice non lo stia seguendo, Orfeo infrange la clausola e così la perde per sempre.
La Stagione 2022 della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara è resa possibile dal sostegno del Comune di Ferrara, della Regione Emilia Romagna e del Ministero della Cultura.
Prima della Prima è un’attività realizzata grazie al contributo concesso alla Biblioteca della Fondazione Teatro Comunale dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della cultura.
BIGLIETTI
Informazioni e biglietti 0532.202675
biglietteria@teatrocomunaleferrara.it
Biglietti da 13 a 38 euro (intero)
Sono previste riduzioni per senior (over 65), under 30, under 20 e abbonati alla stagione lirica 2019/2020 e gruppi.
Maggiori informazioni sul sito www.teatrocomunaleferrara.it