“Historia magistra vitae” diceva Cicerone già nel I sec a.c, una locuzione che suonerà familiare a molti, essendo spesso utilizzata per provarsi eruditi e ammantarsi di quell’alone di fascino che circonda unicamente i grandi storici e letterati delle epoche passate.
“Historia magistra vitae“, acclamiamo a gran voce, a titolo di massima, senza realizzare la leggerezza con cui sperperiamo un insegnamento tanto saggio. L’incoerenza calca i palchi della nostra quotidianità, ma soprattutto rimane protagonista indiscussa della giornata del 27 Gennaio, dedicata al ricordo delle vittime dell’Olocausto, sedendosi accanto a noi sul divano alla sera e guardandoci cambiare canale quando incrociamo per caso uno dei film o documentari dedicati alla Memoria, che qualche rete televisiva ancora si ostina a mandare in onda nonostante la débacle che incontreranno gli ascolti.
L’incoerenza si siede anche ai banchi di scuole e università, santuari della cultura, per udire l’ennesimo docente annunciare che non parlerà delle vittime, non farà un minuto di silenzio, non proporrà alcun materiale ai suoi studenti perché il tempo è poco e, per quanto dispiaccia per i defunti, di certo non ci si può azzardare a dedicare loro qualche prezioso minuto di lezione.
Ricordarsi delle vittime dell’Olocausto però, a differenza di come molti credono, non ha unicamente funzione di ricordare gli scomparsi, bensì ha uno scopo ben più rilevante. Negli ultimi anni sono dilagate organizzazioni e gruppi che inneggiano a gran voce ai totalitarismi, che disprezzano chi è diverso, che hanno come uniche divinità l’arroganza e la violenza, figlie legittime dell’ignoranza, che agisce subdolamente per far trionfare i propri ideali. Ricordare gli orrori dei campi di concentramento ci deve permettere di riflettere, soffrire, immedesimarci nei milioni di persone che hanno perso la vita, la famiglia, lo status di essere umano, senza alcuna colpa, unicamente a causa delle discriminazioni razziali e dell’odio che noi umani tanto amiamo, seppur con codardia. Parlare dell’accaduto accende il ricordo e il dolore, combatte l’odio e fa slittare il breve termine della memoria ancora un po’. Spesso tendiamo a evitare di discorrere di cose tristi, la morte è un tabù, una misteriosa signora che speriamo di non incrociare mai, che tutto toglie senza dare nulla in cambio, eppure, nel caso delle vittime dell’Olocausto, qualcosa si degna di lasciarci: il dolore, che funge da monito e che non possiamo permettere non venga ceduto ai posteri come dono più prezioso.
Il dolore distrugge, perseguita durante l’esistenza, eppure al contempo tempra, offre la possibilità di rinascere e di migliorare. Non evitiamo la Memoria pensando che non ci appartenga, abbiamo sulla testa una spada di Damocle, destinata a cadere qualora ci dimenticassimo di ciò che è accaduto neanche un secolo addietro. Educhiamo i giovani, le nuove generazioni, immemori delle violenze passate, educhiamole a rispettare chi non è come loro, a comprendere la diversità e ad amarla, educhiamole alla fratellanza, a non far del male ai propri simili ma a rispettarli e tollerarli, a non accettare risposte semplici a discapito degli altri, a non inneggiare a orrori che non conoscono e non comprendono, educhiamole a un nuovo mondo, un mondo di culture diverse e meraviglie nascoste, educhiamole a non diffidare del dolore, ma ad accoglierlo e farlo proprio, a comprenderlo e accettarlo, combattendolo non con violenza, bensì con senno e ragionevolezza.
“Historia magistra vitae” diceva Cicerone già nel I sec a.C, accogliamo la storia e rendiamola nostra amica, perché ci guiderà sempre nella direzione giusta: lontano dalla sofferenza.