Andato in scena dal 18 al 20 febbraio 2022, Florian Espace, Pescara
Si chiama “Arturo”, quasi fosse una persona, un amico, oppure il personaggio di una storia. E invece stiamo parlando di uno spettacolo, in cui per giunta non c’è nessun Arturo, non lo si evoca, non si attende il suo arrivo.
Eccolo qui, semplice e leggero come un tocco di acquarello, il primo indizio rivelatore sulla cifra del lavoro firmato da Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich: quello di Arturo è un piccolo enigma, ben presto risolto e svelato a favor di pubblico, il primo di una lunga serie di veri e propri giochi interattivi con il pubblico.
Ma la base ludica è la forma su cui viene stesa una materia di natura diversa, la quale – secondo i criteri tradizionali – apparirebbe perfetta per il teatro di narrazione. Difatti, “Arturo” rappresenta innanzi tutto un rovesciamento di logica in ambito registico, una riflessione divergente sul teatro e sulle funzioni delle sue componenti all’interno di una messinscena.
Ad iniziare dal codice teatrale, del tutto denudato: dal palcoscenico, Laura e Niccolò, salutano il pubblico non in qualità di personaggi e nemmeno di attori. Sono due registi, prestati alla scena per l’occasione. E l’occasione è di quelle speciali, intime, legate al vissuto di entrambi: la perdita recente e prematura della figura paterna. Una motivazione tanto forte da costringerli fuori dalla comfort zone, al di là delle penombre laterali adibite alle postazioni di regia, per una volta esposti fisicamente al cospetto del pubblico.
Il primo effetto sostanziale di questo riposizionamento è che il trattamento di una materia così sensibile venga sottratta ad ogni seriosità e compatimento. Ma il passaggio veramente sottile e meritorio realizzato da Laura e Niccolò sta nell’aver evitato l’eccesso opposto, ovvero che tutto si risolvesse in una troppo moderna, troppo giovanilistica, troppo leggera metabolizzazione di un passaggio che resta profondo e denso quale è quello della perdita. Anzi, è il linguaggio dello spettacolo a caricare su di sé il compito della leggerezza, ma il tema del discorso resta intatto, potente, supera l’esperienza privata ed individuale che viene raccontata trasformandosi, ritrovando infine la sua essenza universale.
In questo modo, “Arturo” diventa un’esperienza collettiva che tocca necessariamente il singolo spettatore, nessuno escluso. Si stende con la capillarità dell’acqua, scavando un solco sulla sostanza di cui sono fatti i nostri legami più personali, quelli perduti come quelli attuali. Provoca e scuote, lì dove normalmente la parola non arriva e la voce si spezza.
CREDITS:
ARTURO
di e con Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich
scena Fiammetta Mandich
sound design Dario Costa
light design Marco Guarrera
illustrazioni Margherita Nardinocchi
assistenza e cura Anna Ida Cortese
produzione Florian Metateatro, Rueda/Habitas
con il contributo di: Teatro Due Mondi, ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo, Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – Capotrave / Kilowatt Sansepolcro), residenza produttiva Carrozzerie | n.o.t con il sostegno di Teatro di Roma – Teatro Nazionale