Nell’aula di una scuola pubblica un’insegnante attende il colloquio con le famiglie. È in tensione, compulsa il telefono, sembra a disagio. Giunge la mamma di uno scolaro di prima media, si presenta. L’insegnante è scossa, quasi incredula, il suo disagio aumenta. Non è il genitore che pensava di incontrare. La madre è agitata, dice di avere un appuntamento, vuole parlare con la preside, esige spiegazioni e costringe l’ignara insegnante a chiamarla al telefono per sollecitarla a presentarsi. È un momento di stallo imbarazzante, un dialogo frammentario che prelude allo svelamento del motivo della richiesta. Corryn, così pretende di essere chiamata e non signora Fell, è la mamma di Gidion, sospeso alcuni giorni prima e tornato a casa pieno di lividi e lei vuole capire cosa sia successo davvero. Un atto di bullismo? Ne è stato vittima o autore? Certamente si sarà trattato di qualcosa di terribile che ha sconvolto l’anima del ragazzo.
La donna esprime un dolore incontenibile, un tormento che scaturisce dal dubbio e che soltanto nella comprensione delle cause e delle responsabilità può trovare una catarsi. Cercare la verità è l’unica strada percorribile per comprendere il gesto estremo che il ragazzo ha compiuto contro se stesso sparandosi nel garage di casa, e così liberarsi dal senso di colpa che attanaglia e fa sentire un genitore inadeguato. Un metronomo batte ritmicamente il tempo.
Nel tentativo di autoassolversi scaglia le responsabilità sul corpo docente, che ha trattato il figlio con noncuranza non comprendendo i rapporti con i compagni e sospendendolo a causa di un tema. L’insegnante tenta di attutirne la furia. L’accertamento della verità tra due interlocutrici che sostengono presupposti divergenti è un nodo inestricabile. Un nodo gordiano che non può essere sciolto in un faccia a faccia drammatico che segna la sconfitta di entrambe le parti. Non sempre si può giungere alla verità, è la tesi di Johnna Adams, esponente della nuova drammaturgia statunitense, che già nel titolo originale “Gidion’s Knot” evoca il “gordian’s knot” (nodo gordiano) che non si può sciogliere, solo tagliare di netto. Il testo ha ricevuto una menzione speciale dalla Steinberg American Theatre Critics Association ed è stato messo in scena da altre 40 produzioni americane.
La preside ha mentito e non arriverà. La malcapitata insegnante difende la versione ufficiale della scuola e non attenua il disprezzo per l’allievo. Corryn sfoga l’ira scaraventando a terra i banchi. Entrambe sono fragili, non padroneggiano le circostanze e si ritrovano abbracciate a condividere un dolore impossibile da dominare, che chiama in causa ciascun individuo e tutta la società come corresponsabili dell’educazione e della formazione dei giovani, umiliati e carnefici. Lo scontro spietato sfocia in una sconfitta collettiva. Da una parte le famiglie che giustificano tutti i comportamenti dei figli, dall’altra gli insegnanti che hanno perso autorevolezza. Le due donne sono gli archetipi di questo dualismo insanabile.
Ambra Angiolini offre una grande prova di forza recitativa con gestualità compulsiva, immedesimazione e carica emotiva. Piange lacrime vere torcendosi le mani e scagliando furibonda le suppellettili con un realismo emotivo e scatti d’ira che rendono reale e non semplicemente realistica la rappresentazione. Arianna Scommegna appare rassegnata al suo ruolo di insegnante depauperata di credibilità, tanto da essere consolata dalla madre.
La scena di Maria Spazzi presenta l’aula scolastica in pendenza dove tutto è precario, un campo di battaglia in cui si fronteggiano due guerriere.
Scrive la regista Serena Sinigaglia: “Il nodo non è semplicemente un testo teatrale sul bullismo (il che, comunque, basterebbe a renderlo assolutamente attuale e necessario), è soprattutto un confronto senza veli sulle ragioni intime che lo generano. Osa porsi le domande assolute come accade nelle tragedie greche, cerca le cause e non gli effetti. Ed è questo aspetto ad attrarmi di più Oggi abbiamo le piattaforme digitali per raccontare storie, per denunciare fatti e azioni rilevanti. Dunque a cosa serve nello specifico il teatro? Serve a mettere a nudo, nella sintesi e nell’intensità che lo contraddistinguono, le più profonde contraddizioni dell’uomo, le ragioni ultime del suo agire. Heather Clark e Corryn Fell non sono solo l’insegnante e la madre di Gidion. Il loro conflitto, come quello tra Medea e Giasone, tra Dioniso e Penteo, tra Eteocle e Polinice, racchiude in sé tutti noi come singoli individui e tutti noi come società. E ci pone di fronte alle nostre responsabilità”.