Per comprendere a fondo i motivi di questa pubblicazione originale e inconsueta – Lo zoo naturale, se gli animali potessero parlare … – della poetessa e pittrice rodigina Roberta Fava, occorre considerare il suo background geografico, culturale, professionale. Possiamo raccogliere i primi elementi di ciò nel commento della Casa Editrice Seledizioni nella quarta di copertina d iFrammenti, silloge poetica del 1989: «Si coglie, in questa prima opera di Roberta Fava, il canto genuino di chi non può disgiungere sé stessa dalla propria terra, dalle proprie origini. I suoi versi dedicati al Po, al Polesine, al mare sono infatti l’elemento portante di un poetare che non sfugge mai alla propria realtà tematica…».
Ovvero l’autrice vive in un contesto ambientale in cui la natura è ancora dominante e il Parco Regionale del Delta del Po costituisce un areale ecologico privilegiato in cui il rapporto con gli elementi naturali è primario, anche come fonte di ispirazione artistica, per paesaggi, scenari, suggestioni, biotopi. È chiaro che per scrivere un libro sugli animali – in poesia – bisogna amare la natura, ma anche studiarla. Inoltre ella ha poi varcato i confini provinciali interessandosi dello “zoo naturale” di ogni parte del mondo. Tuttavia occorre precisare che in età adolescenziale e giovanile la poetessa ha studiato in Toscana a Colle Val d’Elsa e nelle Marche ad Urbino, e che è stato il contatto con l’ambiente collinare di quelle terre a far nascere primariamente in lei l’amore per gli spettacoli naturali.
Si è avvalsa anche dell’esperienza di una precedente opera similare, cioè L’arcobaleno dei fiori (2016) di cui la prefatrice Cristiana Vettori dice: «Deliziosa questa silloge poetica di Roberta Fava, che si compone di una novantina di liriche, ciascuna delle quali è dedicata a un fiore. Antichissima del resto l’associazione tra fiori e poesie: la stessa parola antologia, come sappiamo, ci ricorda questo accostamento che ha un’origine lontana…» (composta dai termini greci ‘fiore’ e ‘raccolta’). Dunque mutando i soggetti – dai fiori agli animali – la poetessa ha seguito le sue stesse tracce, catalogando e descrivendo innumerevoli esemplari dei «nostri fratelli minori», come li definisce, dei quali veniamo a conoscere habitat, caratteristiche e abitudini di vita, fisionomie, e spesso anche come sono considerati nel mondo degli umani, procedendo a creare immagini antropomorfe.
L’amore per la natura ha sempre accompagnato la poetica dell’autrice e così anche in Grappoli di stelle (2010), nella prefazione Tina Piccolo scrive: «Immagini solari sono quelle che ci regala la poesia di Roberta Fava. Il suo verso è come un pennello intriso nei colori delle stagioni, dipinge scene mirabili e cattura l’attenzione del lettore. Così lo sguardo sembra perdersi tra pianure e città, tramonti ed albe, volti di donne e grappoli di glicini…».
E, per concludere queste note propedeutiche, è opportuno anche il riferimento al saggio di Michele Miano Il sentimento della natura in Roberta Fava (in Alcyone 2000. Quaderni di poesia e studi letterari, n. 12, G. Miano Editore, 2019). Qui il critico sottolinea l’importanza del rapporto con la natura nell’arte della poetessa, rapporto che va inserito in una visione del mondo unitaria, senza particolari dualismi che possano incrinare l’armonia e la serenità del suo esistenzialismo ottimistico; così «la simbiosi dell’uomo con la natura può divenire di nuovo osmosi, se sapremo leggere nelle cose più semplici la profonda essenzialità poetica» che, detta con un suo verso, si traduce nell’impossibilità di non attendersi l’arcobaleno dopo la pioggia.
Avvicinandosi ora al testo dello Zoo naturale, viene spontaneo constatare attraverso la memoria quanto sia stato prolifico nella storia dell’arte il rapporto tra l’uomo e gli animali: in vari modi e in varie forme questi ultimi sono entrati, talvolta anche come protagonisti, nelle opere letterarie, musicali, pittoriche e scultoree degli artisti di ogni epoca. Qui possiamo accennare solo ad alcune esemplificazioni per dimostrare come Roberta Fava si sia inserita in una tradizione e in un filone ricchissimi di modelli, attuando però in proprio il connubio tra poesia e scienza, avendo ella svolto un lavoro di catalogazione degli animali presentandoli anche in ordine alfabetico, segno di un influsso enciclopedico tipicamente occidentale.
In primo luogo la letteratura favolistica mi pare sia il genere più vicino alla sua impostazione, a partire da Esopo, considerato il capostipite in questo campo: il grande scrittore greco antico è l’archetipo a cui hanno attinto tutti gli altri e le sue favole sono ancora oggi molto popolari e note. In esse vi sono in genere animali personificati, con lo scopo esplicito educativo, ovvero di comunicare una morale: operazione che troviamo spesso anche nella Fava, come vedremo. Tra i continuatori di Esopo si possono citare Fedro, scrittore romano del I secolo, Jean de La Fontaine, letterato francese del XVII secolo, i fratelli Grimm – filologi e linguisti tedeschi dell’Ottocento – con alcune fiabe dedicate agli animali ed anche il nostro Trilussa, nella raccolta di favole in rima Ommini e bestie (1922), dove il poeta romanesco mette in scena un’esilarante rassegna di tipi umani e di animali che condividono più vizi che virtù: come si nota il genere possiede sempre un carattere finalistico-pedagogico.
Mi sembra importante segnalare in questa prefazione la presenza di animali anche in taluni capolavori della nostra letteratura, per significare il loro ruolo per nulla secondario nei testi anche più impegnativi e quindi avvertire il lettore che il genere qui scelto da Roberta Fava non è da considerare assolutamente minore. I casi sono numerosi, mi limito ad alcuni di essi: l’allegoria delle tre belve dantesche nella prima cantica della Divina Commedia (lonza-lussuria, leone-superbia, lupa-cupidigia); il simbolo de Il passero solitario del Leopardi (contrasto natura-ragione); La cavallina storna pascoliana («se gli animali potessero parlare…», sottotitolo della presente opera, si sarebbe conosciuta la verità sull’assassinio del padre); l’allegra upupa montaliana che riabilita la lugubre fama di quella foscoliana nei Sepolcri)… In campo musicale una creazione molto simile allo Zoo naturale è Il carnevale degli animali (1886) del musicista francese Camille Saint-Saens, il cui sottotitolo è Grande fantasia zoologica, dove i 14 brani per due pianoforti e orchestra si riferiscono ciascuno ad un animale in tono umoristico e canzonatorio. Mi fermo qui, solo citando ancora – in pittura – gli animali alpini di Giovanni Segantini e quelli realistico-fantasiosi di Antonio Ligabue e – nella scultura – l’imponente cavallo leonardesco.
Il libro di Roberta Fava è strutturalmente suddiviso in tre parti: Animali di terra, Animali d’acqua, Animali d’aria. La forma metrica è quella della strofa unica per tutte le composizioni, mentre la lirica è essenzialmente descrittiva, ma non prosastica e analitica, conservando una propria leggerezza di ritmi e scansioni. Il discorso sugli animali avviene quasi sempre utilizzando il tu confidenziale e un tono colloquiale, per cui la poetessa parla a loro con molta prossimità e simpatia, dimostrando anche con questa scelta lessicale la sua empatia con la natura vivente.
Emerge chiaramente dai testi una visione creazionistica dell’universo, poiché sovente sottolinea il fatto che anche gli animali esistono per volontà divina. E infine richiamo l’attenzione del lettore su talune liriche in cui avviene l’attribuzione di alcune caratteristiche animali ai caratteri umani e il reciproco confronto, così come nella letteratura dello stesso genere. Camaleonte, simbolo del trasformismo: «Così, come te, le persone / cambiano opinione / e si trasformano / secondo le loro opportunità». Iena, triste fama di becchino: «Iena è detto anche colui / che approfitta dei problemi altrui». Tartaruga: rappresenta la saggezza del chi va piano, va sano e va lontano. Volpe: proverbiale incarnazione di furbizia ed astuzia. Delfino è un «compagno dell’umanità» per la sua socievolezza, amicizia, fedeltà, intelligenza. Ostrica: la sua perla è un dono per l’uomo e la sua chiusura è simile ai caratteri ostinati ed introversi. Sirena: creatura della fantasia, metà donna e metà pesce (simbiosi animale-persona); è adescatrice con il suo canto ingannatore. Aquila: «Emblema di domini umani / di sconfinate libertà / del divino arcano». Cicogna: «Simbolo della maternità / desiderata ed agognata» come nei racconti ai bambini. Cigno: «Solitario e regale», gli umani vedono in lui bellezza e libertà. Colomba: «Simbolo di pace / di serenità, / dello spirito celestiale…».
Al termine della rassegna dei “nostri fratelli minori”, la scrittrice ci comunica dunque un chiaro messaggio, ossia l’amore e il rispetto per tutte le creature viventi e per la Natura, vista come madre ed emanazione divina.
Enzo Concardi
Roberta Fava è nata a Taglio di Po (RO) dove risiede; è laureata in Pedagogia, Materie Letterarie, con diploma in Giornalismo; ha insegnato presso la Scuola Media del suo comune e ha ricoperto l’incarico di consigliere delegata alla cultura, pari opportunità e gemellaggi. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Frammenti, 1989; Come un Giullare, 1999; Non solo amore, 2001; Alfabeto poetico, 2008; Grappoli di stelle, 2010; Alle porte del cuore, 2011; L’arcobaleno dei fiori, 2016. Ha inoltre pubblicato, in collaborazione con la scrittrice Loredana Capellazzo, il romanzo La rosa d’argento, 2009; ha ricevuto riconoscimenti e premi sia per la poesia che per la prosa. È stata coordinatrice del Laboratorio di Scrittura Creativa di Rovigo (poesia) dal 2009 al 2015. Ha collaborato con la stampa locale (“La Piazza”, “Corriere di Rovigo”, “Ventaglio ‘90”); ha fatto parte del Coro femminile “Le Note del Fiume” e le sue poesie Nebbia, Musica sono state musicate (segnalazione e 2° premio) al Concorso Biennale di Verona. Roberta Fava è anche pittrice; ha partecipato a mostre collettive e personali in Italia e all’estero.