Dalla platea gli attori accedono al palcoscenico intonando un canto yiddish e si dispongono intorno al letto nel quale Gregor Samsa si sveglierà la mattina con la consapevolezza di essere soggetto a una mutazione che lo trasformerà in un insetto immondo, uno scarafaggio.
Il giovane commesso viaggiatore, sostegno economico della famiglia, resterà confinato nella sua stanza, spazio “immondo” contrapposto al “mondo” del resto della casa dove la vita scorre con la quotidiana normalità. Alle reazioni estreme dei genitori si affianca l’iniziale accudimento della sorella che gli porta ciotole con cibo e acqua e pulisce la stanza, creando un filtro tra la routine familiare e l’abominevole anomalia.
La depressione si è impossessata di Gregor a causa dell’alienante lavoro impiegatizio e delle sue regole burocratiche scatenandogli un’estraniazione dalla sua identità umana, facendolo rifugiare in un corpo animalesco che suscita repulsione. Relegato nell’isolamento della camera che man mano verrà trasformata in magazzino, si muove da scarafaggio arrampicandosi sulle pareti ma continua a pensare da essere umano e vorrebbe comunicare con le parole che per i familiari sono suoni incomprensibili e fastidiosi. Ha affrontato ritmi di lavoro massacranti per sanare i debiti del padre e adesso è un rifiuto di cui liberarsi. Non c’è osmosi tra il ‘mondo’ e l’‘immondo’, solo le note del violino di Grete travalicano il confine della porta serrata.
Il padre e la sorella, non più parassiti, trovano un’occupazione che garantisca alla famiglia la sussistenza e il mostro viene lasciato al suo destino.
Pubblicato nel 1915, il racconto scaturisce dalla deprimente sofferenza che a Franz Kafka procurava il suo lavoro presso l’ente di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro della Boemia.
Giorgio Barberio Corsetti torna a confrontarsi con Kafka dopo Descrizione di una battaglia, America, Il castello e Il processo con questa produzione di cui cura adattamento e regia, andata in scena solo una settimana a maggio 2021, che quindi amplifica il suo significato con la pandemia che ha imposto la distanza, come un muro invisibile ed intangibile tra le persone che impedisce ogni contatto, marcando un’esperienza di inquietudine e di isolamento.
La difficoltà di rappresentare il linguaggio che evolve sempre più verso suoni inarticolati man mano che si completa la metamorfosi di Gregor è risolta dal regista con l’escamotage dello straniamento di impronta brechtiana, facendo esprimere tutti i personaggi in terza persona, recitando stralci del racconto kafkiano.
Strisciando tra la sporcizia Gregor si arrampica sulle pareti fino all’ultima cosa cara rimastagli, l’immagine di una donna in pelliccia, che nella messinscena è una donna vera che appare dietro un vetro. Quando Gregor tenterà di oltrepassare la porta della sua camera il padre gli lancerà una mela che gli resterà conficcata nel corpo. Stroncato dalla depressione di pensare da umano ed essere visto come un insetto e dal rifiuto del cibo, sarà eliminato come uno scarto.
“Gregor rimpicciolisce: il suo mondo è ora tutto qui e le figure che lo popolano prendono dimensioni enormi, cosmiche. Sarà proprio il Padre a lanciare la mela che, conficcata nel corpo di Gregor con suo immenso dolore, marcirà portandolo alla morte, in una paradossale parafrasi del peccato originale” si legge nelle note di regia.
Michelangelo Dalisi, articolando il suo corpo scarno coperto da un impermeabile verde, evoca i contorti movimenti dell’insetto che si arrampica e striscia fino al totale annichilimento con la purpurea mela conficcata nella spalla. Alla magnifica prova di Dalisi si affianca quella di tutto il cast con una recitazione di corale straniamento: Roberto Rustioni il padre, Sara Putignano/Gea Martire la madre, Anna Chiara Colombo la sorella, Francesca Astrei, Giovanni Prosperi e Dario Caccuri.
La scenografia di Massimo Troncanetti pone i due ambienti su una piattaforma ruotante mostrando alternativamente la stanza di Gregor che man mano viene liberata dai mobili e riempita di scatoloni dove campeggia su una sporca parete la scritta ‘Immondo’ e il soggiorno con la scritta ‘Mondo’ in cui si muovono padre, madre, sorella e alcuni affittuari.