Altro che sesso debole, le donne sono la parte più forte della società proprio come racconta L’anello forte, toccante spettacolo di Anna Di Francisca dall’omonimo testo di Nuto Revelli di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, in scena al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 27 febbraio.
Fortemente voluto da Anna Di Francisca, che ha curato la drammaturgia, la regia spettacolo e i video, L’anello forte porta in scena un intenso e variegato omaggio alle donne, veri pilastri della società, nelle testimonianze raccolte da Nuto Revelli, giornalista di inchiesta ante litteram che ha voluto raccontare anche la cultura del dopoguerra in Piemonte, una regione che da sempre si è posta come terra di accoglienza di ondata migratorie.
La scena si concentra sul volto delle attrici, sulle loro parole e sulla storia che raccontano, storia che poi torna nelle parole e nei volti veri delle vere protagoniste attraverso i filmati originali proiettati sullo schermo. Si viene così a creare un doppio binario di memoria, una osmosi diretta fra la funzione teatrale e la realtà proiettata sullo schermo a dipingere un mondo anche attraverso le fotografie, i filmati originali o ricreati in un processo di continuità narrativa sullo sfondo delle scene e dei costumi di Beatrice Scarpato con le musiche originali di Paolo Perna.
Laura Curino e Lucia Vasini sono le due straordinarie attrici che regalano il volto, le parole, fra italiano, dialetto e francese, e le emozioni a Lucia, Vittoria, Rosa o Carmela, solo alcune delle donne che popolano lo spettacolo e che raccontano in pochi minuti la loro vita e il loro essere offrendo uno spaccato di vita e di società, fotografando un tempo che non c’è più. Cuore dello spettacolo è un susseguirsi di quadri dedicati ciascuno a una donna, sfaccettati volti e anime del Piemonte del dopoguerra. Attraverso i racconti e le testimonianze emerge l’omaggio a una femminilità assoluta che fotografa le donne che hanno sempre lavorato nelle campagne per diventare poi operaie, di donne del sud che hanno sposato i contadini piemontesi. Si parla di donne che non sapevano nulla del sesso, di donne emancipate che hanno dovuto fare i conti con una società grezza e ottusa, di donne spinte alla vocazione religiosa, di chi ha sofferto la fame rivendicando la propria libertà, di chi ha considerato il matrimonio come la strada verso la felicità o di chi ha sofferto i soprusi del marito, di donne perennemente in bilico fra autonomia e libertà. Una dopo l’altra prendo vita davanti agli occhi degli spettatori storie toccanti e commoventi, buffe e tragiche sullo sfondo di un Piemonte e di una società volta al cambiamento.
Fabiana Raponi