Un semicerchio di oggetti impilati uno sull’altro sparsi qua e là, stralci di vita, d’infanzia, di rapporti ed eventi. Un arco di fiori in centro, un tavolino e due sedie. Nell’architettura confusionaria di oggetti si fanno strada due personaggi, intenti a vestirsi di tutto punto per suggellare un giorno importante, una ricorrenza, una cerimonia appunto. Enzo Vetrano e Stefano Randisi, ‘A fimmina e ‘U masculu. Una torta per celebrare il rito del ricordo, ogni anno sempre lo stesso, in un loop che non sembra avere una fine.
Il testo del regista e scrittore siciliano Rosario Palazzolo, vincitore del Premio A.N.C.T., prende vita in scena grazie agli straordinari attori, insieme duo che da molti anni veicola alcuni fra i più preziosi e poetici testi siciliani al grande pubblico (celebri gli adattamenti del grande Franco Scaldati).
Qual è lo scopo di questi due personaggi intercambiabili, confusi, incompleti, ora eccitati ora nervosi, che vanno costruendosi sotto gli occhi degli spettatori? Che ricorrenza si festeggia da otto anni, il numero sulle candeline della torta da mangiare, l’euforia e la felicità di un evento speciale?
Mezze parole sussurrate o gridate, flashback improvvisi e aneddoti dipanati come gomitoli di lana da alcuni degli oggetti che vanno a costruire il mondo dei due rivelano verità, o per meglio dire, ipotesi. Non per altro il sottotitolo del testo di Palazzolo è L’impossibilità della verità. E allora diventa vano anche il reiterarsi dell’azione a cui i due si sottopongono sia individualmente che in coppia: il ricordare. Per trovare un senso, per affrontare o forse sciogliere un nodo proveniente da un passato scomodo, per redimersi.
La forza e la peculiarità del teatro di Vetrano e Randisi continua ancora una volta a stupire, servendosi di un testo dal ritmo incalzante che alterna italiano e siciliano. Tematiche forti e verità indicibili vengono veicolate così con un sofisticato processo che trasforma, come spesso avviene nelle loro messe in scena, il grottesco in poesia, l’inquietudine in umanità.