Nel linguaggio informatico, la parola hub identifica il dispositivo che mette in collegamento tra loro computer e reti; nel settore dei trasporti e della mobilità, l’hub è un grande scalo internazionale che raccoglie la maggior parte del traffico aereo di un Paese e al quale fanno capo numerose rotte. E in campo musicale? In questo ambito, il termine hub è sinonimo di piattaforma o, meglio ancora, di rete.
Non a caso, “Artchipel Hub”, la nuova iniziativa dell’Artchipel Orchestra, formazione milanese tra le più apprezzate della scena jazz italiana, fondata e diretta dal batterista e compositore Ferdinando Faraò, si pone l’obiettivo di far nascere un network, una rete attraverso la quale si creino relazioni e confronti non solo tra i musicisti, ma anche tra gli artisti e il pubblico. Come? Dando vita a laboratori inclusivi che siano, al tempo stesso, prove aperte (in senso letterale, aperte cioè anche ai musicisti che non fanno parte in pianta stabile dell’ensemble milanese e agli spettatori), sedute di improvvisazione e, infine, esecuzione, in forma di concerto, di alcuni brani tratti dal repertorio del collettivo guidato da Faraò.
“Artchipel Hub” è un progetto articolato in tre date, organizzate in collaborazione con il Garage Moulinski di Milano, spazio in cui la musica jazz è di casa.
Si partirà lunedì 14 marzo (inizio ore 21.30, ingresso libero con consumazione o cena; prenotazioni al 3493306000) e si proseguirà l’11 aprile e il 16 maggio: nel corso di questi incontri verranno analizzate, discusse ed eseguite musiche di autori come Jonathan Coe, John Greaves, Misha Mengelberg, Mike Westbrook, Keith Tippett, Hugh Hopper, Mike Oldfield, Phil Miller, Lindsay Cooper, Robert Wyatt e Mike Ratledge, con arrangiamenti per orchestra a cura di Beppe Barbera, Ferdinando Faraò e Francesco Forges. Ma l’ambizione degli ideatori di questa iniziativa è di stabilire, soprattutto, interazioni, relazioni, confronti e collaborazioni tra i musicisti e il pubblico, che non si limiterà al mero ascolto, a una presenza “passiva”, ma verrà chiamato a partecipare al processo creativo in atto.
Spiega Ferdinando Faraò: «La produzione, la diffusione e la divulgazione della musica si realizzano soprattutto attraverso l’organizzazione di concerti e festival, la vendita e l’ascolto dei dischi, la promozione e così via. Tutto ciò è ovvio e, per così dire, fisiologico. Ritengo però che occorra sottolineare anche l’importanza, a volte un po’ trascurata, dei “processi” che stanno alla base di una dinamica sociale e di relazione tra i musicisti, che si sviluppano all’interno di contesti come quello, per esempio, dell’orchestra. In questi processi, il bisogno che sta alla base del fare musica non è tanto quello della realizzazione di un “prodotto” da esibire o da vendere, ma piuttosto quello di un lavoro che privilegia uno sforzo collettivo inclusivo, nel segno della ricerca, della sperimentazione e della condivisione. Sentiamo, quindi, la necessità di dare vita a una forma di associazionismo libero e spontaneo, invitando i musicisti a partecipare al processo di organizzazione della musica attraverso, per esempio, l’esperienza di prove aperte che siano davvero inclusive. Crediamo che il fare musica non debba essere solo un atteggiamento estetico fine a se stesso, ma riteniamo che debba far parte di un determinato modo di vivere. Fare musica insieme vuol dire ritrovarsi, parlarsi, confrontarsi e immergersi, come nel nostro caso, anche negli aspetti organizzativi di un’orchestra. Fare musica, in definitiva, vuol dire fare cultura».
Nata nel 2010, l’Artchipel Orchestra ha pubblicato quattro album (“Never Odd or Even”, “Artchipel Orchestra Plays Soft Machine”, “To Lindsay: omaggio a Lindsay Cooper” e “Truly Yours: musica di Phil Miller”), aggiudicandosi per due volte (nel 2012 e nel 2017) il primo posto nella categoria “Miglior formazione italiana” nel referendum “Top Jazz” indetto dalla rivista specializzata “Musica Jazz”. Da segnalare, inoltre, che nel 2014 l’ensemble milanese ha ottenuto il secondo posto e che nel 2020 si è classificato tra i Top Ten.
Oltre ai favori della critica, l’Artchipel ha riscosso, da subito, anche quelli del pubblico: Faraò e i suoi musicisti si sono esibiti, infatti, nei più importanti festival jazz nazionali, affiancati da ospiti internazionali del calibro di Keith Tippett, Karl Berger, Mike e Kate Westbrook, Ingrid Sertso, Pete Whyman, Chris Cutler, Adam Rudolph, Cyro Baptista e Julie Tippetts.