Sogno, follia, immaginazione, ideali eroici, senso dell’avventura.Don Chisciotte
cerca soluzione ai mali del mondo con un linguaggio plasticamente visionario, affrontando epiche imprese per ideali eroici. E sono i folli visionari a scrivere la storia degli uomini.
Esaltato dalle letture dei poemi cavallereschi e amareggiato per i soprusi inflitti dai potenti, il nobile Alonso Quijano decide di diventare cavaliere errante in difesa degli oppressi, col nome di Don Chisciotte. Chiede alla morte che si aggira con la falce intorno al suo letto ricolmo di libri di concedergli il tempo di compiere nobili imprese da dedicare alla bella Dulcinea e, cavalcando Ronzinante parte per le sue avventure. Incontrato il rozzo contadino Sancho Panza che vuole sfuggire a una moglie bisbetica, lo nomina suo scudiero.
La messinscena del romanzo di Miguel de Cervantes scaturisce da un lavoro corale con adattamento di Francesco Niccolini, drammaturgia dello stesso Niccolini insieme a Roberto Aldorasi, Marcello Prayer e Alessio Boni e la regia di Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer. Lo stile è fanciullescamente giocoso, con un linguaggio ironico e divertito punteggiato di storpiature e il ricorso ai dialetti, come il marcato calabrese della moglie che si affaccia dal loggione e il ciociaro dei pastori a guardia del gregge che l’hidalgo scambia per saraceni.
Alessio Boni giganteggia nell’audacia immaginativa di Don Chisciotte, imponente e maestoso sia in sella che a terra, magniloquente nell’eloquio ricco di arabeschi lessicali e timbrici, con la voce cavernosa che riecheggia assonanze gassmaniane. L’enfasi del linguaggio è assecondata dall’enfasi gestuale e dalla magnificenza dell’impianto scenografico che concorrono a rappresentare l’eccesso di una realtà immaginifica, trasognata, poetica e ironica, la realtà di un altrove che travalica l’umana immaginazione, innestato com’è nella radice profonda dei sentimenti puri, dove allignano verità e incanto.
Sancho, inizialmente mosso dall’esigenza pragmatica di ottenere un compenso per sostenere la famiglia e piuttosto scettico circa gli ideali utopici del cavaliere, empatizza in seguito fino a sostenerne i sogni quando ne percepisce lo scoramento. Serra Yilmaz (l’attrice turca musa di Ferzan Ozpetek) si cuce addosso il ruolo di Sancho, flemmatica, ironica e malinconica, occhi furbi e zazzera azzurra su una mimica facciale irresistibile, si muove a passi leggeri infilata dentro la sagoma del suo asinello che le sta addosso come una ciambella di salvataggio, regalando momenti di ilarità man mano che abbraccia l’universo immaginifico del suo padrone. Una coppia bizzarra e stravagante impostata sui contrasti caratteriali e culturali e sulla diversa visione di sé, che tuttavia si influenza a vicenda.
Gli attori Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari ed Elena Nico si misurano nei vari ruoli, indifferentemente maschili e femminili, dei familiari di Don Chisciotte, dei viandanti in cui si imbatte e della moglie di Sancho.
La macchina scenica di Ronzinante ne fa un cavallo vero che ondeggia la coda, nitrisce e soffia muovendo la testa all’unisono con i movimenti e i sentimenti del suo cavaliere, abilmente animato dall’interno da Biagio Iacovelli. Quando Alessio Boni lo cavalca con le braccia protese verso le grandi pale del mulino a vento che ritiene siano i giganti tuonando minacciosi anatemi, costituiscono un’immagine di indomita e icastica bellezza.
L’impianto scenico di Massimo Troncanetti si scompone e ricompone con fondali in tessuto quando Don Chisciotte viene calato in un pozzo e appaiono le sue immagini oniriche,e nella battaglia con il cavaliere oscuro che si smembra ogni volta che viene colpito e si ricompone.
I giochi di luce di Davide Scognamiglio soprattutto nel secondo atto danno corpo all’immaginario onirico. I costumi di Francesco Esposito e le musiche di Francesco Forni ne supportano il contesto.
La drammaturgia circolare si chiude sul letto della prima scena in cui Don Chisciotte dopo tante battaglie torna per anelare la fide degna di un cavaliere, circondato da coloro che inizialmente tentarono di dissuaderlo, mentre Sancho lo sostiene con una sincera prova di fedeltà.
Un allestimento che restituisce l‘ispirazione poetica e immaginifica di Cervantes, rendendo tangibile la follia ed esaltando gli ideali di un uomo che vuole dare senso alla vita.
Occasione imperdibile per tornare a godere della spettacolarità e della magia della rappresentazione teatrale.