La commedia di Maurizio De Giovanni piace tanto e si chiude con oltre cinque minuti di applausi per i protagonisti
Una storia emblematica in cui il tempo trascorre inesorabilmente e dove il protagonista: il famoso scrittore Valerio Primic (un grande Massimiliano Gallo) non se ne accorge, perché sta sempre a lavorare intento nel creare storie nuove ed avvincenti al fine di affermare il suo ego smisurato, mentre chi gli sta attorno: la sua famiglia “vive” di riflesso e all’ombra. “Il silenzio grande”, che ha concluso una settimana di repliche di grande successo al teatro Donizetti di Bergamo e diretto da Alessandro Gassmann (da cui è scaturito anche un film per la regia dello stesso Gassmann e di cui Gallo è sempre il protagonista) ha attratto letteralmente gli spettatori in una storia struggente dove tuttavia non sono mancati momenti di grande ironia.
Tratto da una commedia di Maurizio De Giovanni ed ambientato nella Napoli degli anni ’60 racconta quello che è un vero e proprio conflitto familiare che scaturisce dalla vendita di una dimora la cui decisione è stata presa dalla signora Rose (una grande Stefania Rocca) e dai suoi due figli ed eredi, Massimiliano (Jacopo Sorbini) e Adele (Paola Senatore). La scena si snoda tutta all’interno dello studio di Villa Primic dove il “professore” – così come lo chiama la governante Bettina (Pina Giarmanà) – diventa per un giorno l’informatrice e confidente dei fatti della sua famiglia. Il capofamiglia Valerio – che ricorda pure nelle movenze e nel linguaggio il grande Eduardo De Filippo -, però, non è d’accordo con la scelta di vendere l’immobile, tuttavia si scontra con la crisi economica dell’editoria di quel periodo e con i problemi legati alla sua professione che non fanno arrivare grossi introiti per il sostentamento della famiglia e che fanno decidere a Rose, sia pure a malincuore, di dover “disfarsi” della villa.
In questa situazione, l’uomo avrà modo di rendersi conto come non abbia mai conosciuto veramente chi gli stava vicino: sono gli stessi figli ad aprirgli gli occhi. Massimiliano dichiara la sua omossesualità, Adele gli svela le tresche con uomini molto più adulti di lei nella ricerca spasmodica di raggiungere una tranqullità di coppia ed economica fino a rivelargli d’essere rimasta incinta di un professore universitario, peraltro pure sposato. Eppoi sono gli stessi figli ad aggiungere come lo stesso zio Luca se la intenda con la madre.
Una situazione tragica che fa letteralmente tracollare Valerio diventato disperato. Una disperazione “celata” e che tocca momenti di grande “comicità” suscitando l’ilarità del pubblico, quando è lo stesso Valerio a pronunciare perentoriamente, e più volte, che quella che stava vivendo fosse una “giornata di merda” dopo aver appreso tutto ciò; ma che di contro, pian piano, gli fanno capire molte cose di come abbia condotto male la sua vita sino a quel momento.
Dunque, ecco come sopraggiunge in Valerio la consapevolezza, sia pur parecchio tardiva, e molto triste, di non aver mai veramente conosciuto i suoi familiari e, di come dovrà stavolta capire chi sia egli stesso in una scena che chiude il primo atto con un abbraccio alla moglie davanti alla finestra.
Il secondo atto s’apre con una stanza competamente svuotata dei libri preziosi di cui Valerio amava circondarsi sugli scaffali del suo studio, di come fossero stati messi dentro a degli scatoloni per essere racchiusi mentre la scena va avanti, con un Valerio “passato ad altra vita”, nel frattempo, e che diviene spettatore inconsapevole di una vita mai vissuta veramente, senza poter mai dire la sua perché troppo tardi ormai, e che sta ad ascoltare Rose mentre racconta, in una sorta di cronistoria, quel passato che l’aveva visto accanto per tanto tempo al suo Valerio. Il tutto per non fargli mancare mai nulla quando creava le sue opere, da tutti osannate, ma che purtroppo hanno finito per renderlo un estraneo in casa propria, creando una sorta di muro d’incomunicabilità finanche con le persone più care. Una commedia tutta in crescendo, intensa ed emozionante, che si chiude nel segno del ricordo di una coppia giovane e spensierata, che forse mai avrebbe immaginato un epilogo simile, perché, alla fin fine, vivere per davvero non significa essere soltanto vivi. Gli applausi scroscianti e convinti per oltre cinque minuti di tutto il teatro emozionano non poco anche i protagonisti di questa storia.