La zoologia poetica di Roberta FavaRoberta Fava
è senz’altro una figura culturalmente poliedrica. Pedagogista, docente, poetessa e pittrice, rivela in questa raccolta di versi che reca il titolo Lo zoo naturale (Se gli Animali potessero parlare…) un vivo e profondo interesse per il mondo degli animali. La tripartizione in specie “di terra”, “d’acqua” e “d’aria” e l’ordine alfabetico in cui le medesime vengono considerate tradiscono l’abito dell’osservatrice non superficiale, la disposizione classificatrice di ascendenza scientifica, pur se l’esperienza dei testi palesa altresì un alto grado di partecipazione morale-culturale, che è poi condizione di immedesimazione personale e di elaborazione artistica.
Le poesie risultano caratterizzate da un prevalente impianto naturalisticamente descrittivo, ricco di note essenziali, felici nella loro precisione rappresentativa: «Sei piccolo, ma robusto, / fine il tuo pelame, / più dei capelli umani / e leggero più dei fili di seta. / Vivi bene con i tuoi fratelli / sulle Ande. / Il tuo viso assomiglia / a quello del coniglio, / orecchie tondeggianti, / occhi neri e grandi, / con lunghe vibrisse» (Cincillà); «Strano anche tu / che secerni un alone nero / per nasconderti dagli inopportuni. / Per il nuoto / ti fornisci di ampie penne laterali. / Una conchiglia interna hai, / sei, forse, invidioso della seppia»(Calamaro); «Voli negli ampi spazi / o solenne dominatrice / del cielo. / Osservi con acuti occhi / grandi vallate / dai cieli infiniti» (Aquila).
Sovente l’attenzione dell’autrice si concentra sugli aspetti cromatici («Delicata e morbida / la tua pelliccia, / bianca d’inverno, / rosso gialliccia nelle altre stagioni» (Ermellino); «Originario delle Canarie / conosciuto come cantante / della bella melodia. / Con piume verdi e giallo-oro / ti nutri di poco: semi, frutta e foglie. / Gli uomini han giocato con te / e con gli incroci / ed ora è diverso il tuo piumaggio: / rosa, salmone o arancione»(Canarino), mentre il delicato richiamo evocativo e il conseguente discorso diretto sono sintomatici di un chiaro coinvolgimento affettivo: «Dal manto oscuro, / occhi dolci e timidi, / amato dai bimbi, / quando si accostano a te. / Paziente e calmo / quando nei prati godi la pace / del mare d’erba, / diventi cocciuto / quando ti punti / sulle tue ragioni» (Asino); «Come sei lunga, / raggiungi persino i due metri. / Se fosse in altezza, / tu potresti giocare a pallacanestro. / Ami stare nelle acque profonde / degli Oceani e del Mediterraneo (…) La tua bocca è larga / e hai labbra carnose. / Ti dai anche il rossetto? / Non passi inosservata, / o cernia» (Cernia); «Canti spesso durante / il tuo volo ondulato / e il tuo cantar melodioso, / quando sei in gabbia, / tra le case degli uomini / ci incanta / e ti aiuta a mitigar / la tua prigionia. / Pensi alla libertà / molto agognata» (Cardellino).
È noto quanto la presenza zoologica sia ricorrente nel genere favolistico, da Esopo in poi, con il correlativo, costante riferimento antropico, agevolmente riscontrabile anche nei componimenti della scrittrice moderna: «Agisci con forza / contro chi disturba la sicurezza / dei tuoi compagni. / Spesso, uomini di difesa, prendono da te il nome, / come guardie del corpo, / per proteggere la vita altrui» (Gorilla); «Pure alcuni umani / si comportano come te, / quando si arricchiscono / con affari poco limpidi / e approfittano delle tragedie, / dei tempi difficili. / O pescecane, /datti una calmata / e abbi pietà dei più deboli» (Pescecane).
L’antropizzazione del regno animale avviene inoltre per il tramite della tradizione storica ed etico-intellettuale, leggendaria e simbolico-religiosa; mi limito a un’esemplificazione davvero sommaria: «Ci riporti ai draghi / delle antiche leggende, / con il fuoco improvviso. / Ma tu sei più piccolo. / Verde il tuo colore / e pauroso il tuo aspetto. / Per gli antichi Greci / eri il signore delle acque» (Drago volante); «E accompagni, con le tue sorelle, / Babbo Natale / che con una slitta magica / per le vie stellari / al suono di violini celestiali / porta doni / a tutti i bimbi / che lo aspettano con gioia» (Renna); «Ami stare solo / e non essere tormentato, / ma diventi pericoloso e subdolo / come nel verde giardino dell’Eden, / con le tue perfide tentazioni. / E per colpa tua Adamo ed Eva / hanno abbandonato il Paradiso» (Serpente).
Data l’insistita costruzione culturale il bestiario di Roberta Fava può includere animali fantastici (l’unicorno, l’araba fenice, il grifone), nell’àmbito – come ha visto bene un lettore acuto come Enzo Concardi – di una generale concezione creazionistica: «Hai la gualdrappa, / fascia bianca lunga / dalle spalle alla coda, / che ti distingue. / Non vuoi essere uguale agli altri, / ma unico nel tuo genere. / Anche tu sei una creatura strana, / creata dalla mano / di un Artista celestiale» (Tapiro).
Floriano Romboli