Simone Cristicchi musicista, cantante e scrittore
dal multiforme talento, propone il suo personale viaggio verso il Paradiso, in uno spettacolo di teatro, musica e parole, ispirandosi ai pensieri dei mistici e facendosi supportare dai versi della commedia dantesca.
Ci porta con sé quali compagni del percorso interiore, del cammino iniziatico che tutti dovremmo affrontare animati dal desiderio (de-sidera cioè mancanza delle stelle) fino, appunto, alle stelle. È il cammino dell’uomo medievale, quello che Dante ha effettuato dalla selva oscura dell’Inferno alla visione di Dio in Paradiso.
Dal buio alla luce, dalla materia allo spirito con nel cuore la nostalgia dell’infinito da cui proveniamo e in cui vorremmo ritornare, in un viaggio ai confini dell’universo e nel profondo della nostra anima. Si appella all’affermazione dell’astrofisico Carl Sagan: “Siamo fatti della stessa materia delle stelle”, e continua: “Ce l’abbiamo nell’azoto del nostro dna, nel calcio che compone i nostri denti, nel ferro che scorre nel nostro sangue. È bellissima questa sensazione di essere anche noi dei frammenti di luce o di sentire che i confini del nostro corpo coincidono con quelli dell’universo”.
Canta, racconta, evoca e declama il cantautore romano, con la naturalezza di chi sta rivelando un mistero semplice da comprendere se ci si immerge con fiducia nel ‘desiderio’ di infinito, connaturato all’essere umano che a volte tuttavia se ne dimentica, traviato da bisogni più prosaici. Ma “Se non costruiamo un paradiso terrestre non può esistere un paradiso celeste” parole che suonano profetiche in questi nostri tempi.
Brancolando nell’inferno interiore alimentato da traumi e conflitti, l’essere umano ha una tensione verso la luce i cui bagliori possono essere intravisti attraverso la bellezza dell’arte, della natura, della poesia e della scienza.
Dalla terra al cielo, dall’inferno al paradiso, dalle tenebre alla luce attraverso un cammino di elevazione condensato in quest’opera teatrale per voce e orchestra sinfonica utilizzando a paradigma il viaggio di Dante dall’Inferno al Paradiso, messaggio universale di conoscenza e elevazione verso la felicità.
Nell’impianto drammaturgico del teatro-canzone i riferimenti danteschi e quelli spirituali sono inframmezzati da canzoni dell’artista, anche inedite, da racconti e aneddoti che toccano corde sensibili.
“In paradiso non ci sono artisti, quelli famosi in particolare sono all’inferno tra i narcisisti, dove nessuno li può notare. Il paradiso è pieno di bambini che volano sugli aeroplani e tirano palle di neve agli adulti che non hanno ali” e di barboni, di migranti e di tanti diseredati, affermano alcuni versi. Oppure “Il mondo è una briciola di pane sulla tavola dell’universo e ti tremano le gambe e ti fa sentire perso, oppure eterno”. Commovente la storia della bambina la cui presenza invisibile dopo la morte Cristicchi immagina segnalata da un palloncino bianco tenacemente attaccato alla strada e che non vuole volar via, dopo un grande evento per ricordarne la memoria.
Ispirandosi al pensiero di teologi quali don Luigi Verdi o Vito Mancuso, il cantautore torna a Dante con la preghiera di San Bernardo alla Vergine nel XXXIII canto del Paradiso in forma di inno cantato, finendo col declamarlo per intero fino a “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.
Essenziale la scenografia, con una scrivania carica di libri e due colonne doriche che incorniciano le proiezioni di Andrea Cocchi, nel disegno luci di Rossano Siragusano.
Dalle note di regia: “La nostra vita è un grande mistero, che un giorno ci sarà rivelato. In questo mistero mi sono calato, cercando di raccontare – tra monologhi e canzoni – l’inconsueto e rendere testimonianza di ciò che di ‘misterioso’ è accaduto nella mia vita. La parola – nella sua nudità e potenza – è al centro dell’intero spettacolo, e affronta tutte le declinazioni possibili: parola recitata, parola narrata, parola cantata. Con il coautore Manfredi Rutelli, ho cercato di sviscerare il concetto di ‘paradiso’ in tutte sue sfaccettature: dalla ricerca millenaria dell’Eden perduto – il mito universale più diffuso in tutte le culture del mondo – fino all’insuperato capolavoro dell’intera Commedia: il trentatreesimo canto, dal quale ho musicato i primi versi – l’Inno alla Vergine Madre. L’ epicità dell’orchestra Oida – le cui partiture e la direzione è del collaboratore storico Valter Sivilotti – diventa la calda placenta dove nuota la voce. E comprendere che il vero ‘peccato mortale’ è l’incapacità di vivere in sintonia con l’universo”.
Lo spettacolo, di cui Cristicchi firma canzoni e regia, è patrocinato dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri.