”Signorina Else”
è una lettura drammatizzata, tratta dall’opera omonima del 1924 di Arthur Schnitzler, uno dei primi autori ad occuparsi in maniera così endoscopica e viscerale del tema della violenza sulle donne – una violenza sottile, sociale, patriarcale, una violenza di costume, strisciante, che vede protagonista un’adolescente schiacciata da responsabilità più grandi della sua età.
Lettura intesa come partitura di scena, attraversamento drammaturgico del racconto di Schnitzler, alla ricerca delle sue nervature più enigmatiche, lasciando affiorare dal testo i momenti meno descrittivi e più emozionali, tratteggiando la geografia di un’anima che impercettibilmente, ma anche ineluttabilmente, scivola verso un abisso tragico, con onirica levità.
Se, come diceva Carmelo Bene, la lettura ha un valore di ”non-ricordo, di oblio”, questo anelito alla dimenticanza, al distaccamento dalla memoria, questa assoluta necessità di stare nell’attimo, assume nel nostro lavoro un duplice senso, attoriale, ma anche semantico.
”Signorina Else”, infatti, è anche uno dei primi esempi di utilizzo in letteratura del flusso di coscienza come tecnica narrativa. Introspezione dell’istantaneità delle pulsazioni emotive umane, spesso messa in relazione alle coeve sperimentazioni psicoanalitiche, data anche la fitta corrispondenza tra Schnitzler e Freud.
Ma oltre a quello della lettura, affiorano più piani formali.
Entrando e uscendo dal personaggio (come nelle fantasticherie di un lettore), l’attrice Meri Bracalente dà voce, ma anche corpo, alle fragilità, alla trasparenza trafitta di una giovane donna vittima di un gioco adulto che con superficialità e cinismo ne spegne la grazia.
Il cantante Giuliano Bruscantini, con una tessitura vocale spezzata e minimale, fa da contrappunto ipnotico al precipitare degli eventi, dialogando con la voce interiore di Else, con le sue speranze e le sue incrinature.
La materialità visionaria di Frediano Brandetti colloca nello spazio l’ingigantirsi delle soglie attraversate da Else.