Un prologo e un’opera, teatro e metateatro. Due universi lontani eppure vicini nella “necessità che fa la virtù”. Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, compositore e librettista. Una delle coppie artistiche più geniali della storia musicale, oltre vent’anni di sodalizio nonostante la distanza geografica, nel 1912 creano Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso), punta di diamante fra le loro creazioni per poesia e lirismo.
Mai rappresentata nel capoluogo emiliano, l’opera arriva a Bologna in un nuovo allestimento coprodotto con la Fenice di Venezia e il Teatro Massimo di Palermo. Firma la regia lo scozzese Paul Curran, insieme a Gary McCann per scene e costumi e Howard Hudson per le luci.
La versione messa in scena non è quella del 1912, che vedeva l’atto unico preceduto da Der Bürger als Edelmann, cioè Le Bourgeois Gentilhomme di Moliére nel riadattamento di Hofmannsthal con le musiche di scena scritte dallo stesso Strauss ma quella, più fortunata, del 1916. Molière scompare lasciando il posto al prologo che segna la commistione di opera seria e “leggera”, una sorta di anteprima del neoclassicismo musicale del ‘900 e un recupero del fenomeno ottocentesco del metateatro. Ed è proprio il prologo, la parte più interessante e riuscita di questo allestimento.
In un sontuoso palazzo moderno ci si prepara alla rappresentazione dell’opera Arianna. Peccato però che, contemporaneamente, l’assente e ricco gentiluomo che commissiona la serata voglia anche l’esecuzione di una farsa musicale. Le due compagnie si fronteggiano dai rispettivi camerini accendendo l’eterno dibattito fra antico e nuovo, fra classico e moderno, fra serio e buffo. Diversità e differenze vengono accentuate dagli sgargianti costumi e lustrini della compagnia dei commedianti “pop” a fronte di fronzoli e tessuti pregiati dei cantanti seri.
Si passa così all’opera vera e propria, frutto del dialogo “forzato” fra le due compagnie, ambientata nello stesso palazzo. Un’avvolgente scenografia di stampo barocco è la cornice della vicenda della nostalgica Arianna alternata ai siparietti della fresca e gioviale Zerbinetta.
Se il prologo è frizzante e vivace nell’alterco delle due compagnie, più pesante e lenta risulta l’opera, contraddistinta da una staticità registica spezzata solo dalla coloratissima scena di Zerbinetta e dei suoi quattro baldi accompagnatori.
L’Orchestra del Teatro Comunale viene diretta dal brillante Juraj Valčuha, che dona fluidità e corpo alla scrittura musicale di Strauss, in un alternarsi di registri e stili elegante e sempre attento alla resa teatrale.