Da giovedì 7 a domenica 10 aprile al Teatro Fabbricone va in scena BAHAMUTH, uno spettacolo storico (il debutto risale al 2006) dei Leoni d’Oro alla carriera per il Teatro 2018 Antonio Rezza e Flavia Mastrella (feriali 20.45, sabato 19.30, domenica 16.30).
Bahamuth è il nome che identifica un misterioso pesce legato alla mitologia babilonese, l’Essere Supremo, il gigantesco pesce reggimondo della cosmologia musulmana, arché dell’insostenibile pesantezza del sopravvivere. Antonio Rezza e Flavia Mastrella associano liberamente questa figura al Manuale di zoologia fantastica di Borges e Guerrero nella surreale narrazione, irriverente e intransigente, di alcune tematiche universali: del parlare più per gusto che per conoscenza; di quanto bisogna impegnarsi per essere inconcludenti, distaccati e consapevoli; di come sarebbe preferibile la repressione all’ambiguità; di cose assolutamente piccole come una martellante pubblicità, o assolutamente grandi come la solitudine. Rappresentate in forme catartiche di psicosi e alienazione, con oggetti scenici e costumi surreali, tic ossessivamente ripetuti e smorfie incredibilmente espressive, queste tematiche costituiscono il contenuto filosofico a cui si approda attraverso brevi flash visivi e metafore.
Si tratta di un’analisi spietata dei “tipi” di tutti i giorni e di alcune pratiche socio-culturali di massa. C’è il paraplegico che vessa continuamente i suoi infermieri e che pensa «Se devo sprecare forze per rimettermi in forze tanto vale la paralisi»; un nano «più basso delle sue ambizioni» che si nasconde e sbeffeggia gli spettatori che hanno speso dei soldi per non vederlo; l’imprenditore Porfirio e la sua signora come campioni dei rapporti di produzione e di becero capitalismo; il sindacalista che combatte per i diritti dei lavoratori per poi diventare servo quando i suoi privilegi vengono messi in discussione. Tutti i personaggi svelano i malsani ingranaggi di vita quotidiana di cui siamo vittime e carnefici.
Lo spazio scenico ideato da Flavia Mastrella è abitato anche da Ivan Bellavista e Neilson Bispo Dos Santos.
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