Con prefazioni di
Enzo Concardi, Nazario Pardini, Floriano Romboli
Pubblicata la raccolta poetica dal titolo “Liriche scelte” di Pasquale D’Alterio, con prefazioni di Enzo Concardi, Nazario Pardini, Floriano Romboli, nella prestigiosa collana “Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio”, Guido Miano Editore, Milano 2022.
Partendo dalla lirica Ricordi di Pasquale D’Alterio si può penetrare fin da subito nel mare magnum della sua poetica, nella sua malinconica voce dove il memoriale fa da padrone nell’opera. È lì che si rifugia il Nostro, nei momenti in cui, Vittoria, la sua donna, viveva accanto a lui, lasciando scie di gioia e di compagnia: «I ricordi / non son come sogni / che svaniscono all’alba. / Ogni dolor, si dice, il tempo allevia. / Ma, ostinata, la mente / indelebili i ricordi conserva / e, siano essi or dolorosi / ed ora, talvolta, anche gioiosi, / sempre son fonte di malinconia / e d’accorato rimpianto / come di qualcosa perduto per sempre / e che più non ritorna…». Ricordi dolorosi, angoscia, oscurità del mondo, animo dolente, tomba, memoria perenne. Sono tutti elementi che richiamano la poesia di Sergio Corazzini, il suo vibrare di palpiti malinconici, il suo richiamo alla vita passata. Se qualcosa di simile attraversa i due poeti è senz’altro il linguaggio, umile, familiare, fatto di cose semplici e di semplici quadri domestici. Per il resto c’è lo spartito perduto che accomuna i due poeti, che vedono il buio davanti ai loro occhi, senza soluzione alcuna. Magari sprazzi di gioia si possono trovare in qualche verso del nostro poeta, nei versi in cui D’Alterio ricorda la sua Vittoria, sono questi gli attimi in cui rivive la sua storia. […].
Nazario Pardini
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È preponderante, nella liricità della natura dell’autore, la duplice tendenza ad attribuire agli elementi naturali con le loro manifestazioni, sentimenti umani o compiere similitudini con situazioni della vita interiore, per cui nascono di conseguenza riflessi nell’anima dell’individuo, che si fa immagine speculare del paesaggio e delle sue mutazioni. Tali dinamiche di interscambio fra questi due regni biologici vanno sotto il nome di “antropomorfismo”, non raro nelle poetiche di vari lirici e di certune creazioni, tant’è vero che si assume spesso come modello di tutto ciò la famosa poesia del D’Annunzio: La pioggia nel pineto, ricca anche di onomatopeie. I testi di Pasquale D’Alterio presentati in questo capitolo hanno quasi tutti contenuti di tal fatta, tranne alcuni che invece seguono le tradizionali vie della contemplazione, della meraviglia, degli incanti suscitati nel poeta, ma senza particolari influssi soggettivi.
Tali sono Agosto 2017 dalla terrazza, in cui ad attirare l’attenzione dell’autore è l’azzurra distesa del mare là dove si fonde con il cielo, insieme alla spiaggia, alle barche, alle «scie di spuma biancastra». Inverno 2, una serie di immagini della cruda stagione invernale, tra mulinelli del vento, rami spogliati, un cielo grigiastro da cui gocce di pioggia si alternano a scrosci battenti. I cicli stagionali si reiterano nella liricità della natura ed abbiamo allora Autunno 2, che mostra il suo volto come una morente estate annunciata da pioggia e vento. I fiori sono abitatori gentili e preziosi del mondo vegetale ed il poeta preferisce il semplice fiore di campo ad altri più “sofisticati”, come ibisco, croco, orchidea, giglio (Né mi seduce l’aspidistra). Altro esempio è La quercia caduta, d’ispirazione pascoliana, in cui canta la morte del grande albero, ormai senza più linfa vitale. […].
Enzo Concardi
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L’individuo, “gettato” nella condizione inautentica di un’opaca e gravosa quotidianità deiettiva – per riprendere i termini della caratterizzazione filosofica heideggeriana – soffre angosciosamente i limiti del disorientamento intellettuale, della privazione affettiva, in una situazione di sconforto e di solitudine, nella forte inclinazione all’auto-annullamento e alla morte; e per dirla con i versi di D’Alterio: «E solitario mi aggiro / tra silenziosi vuoti / riecheggianti di passi senza meta, / alla vana ricerca / di un suono, una voce, un respiro / che di subito riscaldi / il gelo del cuore» (La solitudine); «Lunghi e sonnolenti i meriggi d’estate: / grevi diventano le palpebre / e gli occhi si chiudono, / ma corre la mente, // inseguendo un sogno lontano. / Nel silenzio sol si ode / il lieve stormire del vento tra le foglie; / unica compagna la solitudine» (Meriggi d’estate).
L’angustia e la precarietà delle situazioni esistenziali sono vieppiù evidenziate dall’incombere minaccioso e inesorabile della “signora nera” («[…] // Ci sovrasta la nera Signora / che, con sua inesorabile falce, / di giovani e vecchi le vite disbosca. // […]» (A che, o donna…) e dall’azione dissolvitrice del tempo («A breve, per noi, svanirà / il tempo della memoria, / e resterà soltanto / un muro d’ombra / dietro cui / s’annulleranno / tempo e spazio / della nostra esistenza» (Il tempo della memoria), che s’incarica puntualmente di deludere le aspettative vitali di ognuno, moralmente bloccato dalla mancanza di una prospettiva positivamente stimolante: «In una vecchia agenda / dalle note sbiadite / rivive il passato, / nelle ingiallite pagine / dei quaderni di scuola, / nei volti ormai adulti / di giovani donne e ragazzi, / nelle illusioni crollate / d’un sogno d’amore / e nell’amara realtà / d’un oscuro futuro» (Il passato rivive). […].
Floriano Romboli
Pasquale D’Alterio è nato nel 1943 a Giugliano (NA) dove attualmente risiede. Laureato in Lettere Classiche presso l’Università Federico II di Napoli, è stato per 34 anni Docente di Latino e Greco nei Licei della sua città. È autore delle raccolte di poesie: La Vita, il Tempo, l’Amore, la Morte (2014), Il canto dell’anima (2016), Ancora nel cuore (2019), Le pagine della nostra vita (2020), quest’ultima pubblicata in Opera Omnia (2020).